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ATTUALITA'

Le stelle del Chape risalgono al cielo/La responsabilità è un dovere, non una scelta

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– Di Chiara e Lara Seravalli

#ForzaChape: il Grande Torino dei giorni nostri

Il 29 novembre 2016, in Colombia, l’aereo che trasportava la squadra Chapecoense è precipitato. 73 i morti e 5 i sopravvissuti, ma feriti gravemente.
È stata la peggior sciagura del calcio brasiliano , che ha provocato molta commozione in tutto il Paese.
I tifosi della squadra , che avrebbe gareggiato il giorno dopo per la Coppa Sudamericana, hanno preso a cuore l’accaduto e si sono ritrovati tutti a pregare sulle tombe dei giocatori nei tre giorni di lutto nazionale decretati dal presidente, cantando in coro all’ingresso delle bare.
Le ipotesi dello schianto sono molteplici ma si pensa che l’aereo sia rimasto senza carburante, nonostante la stampa colombiana parli di un guasto elettrico ed affermi che il pilota avrebbe probabilmente svuotato il serbatoio prima dello schianto, per evitare un’esplosione. Messaggi di cordoglio sono arrivati anche da Milan, Real Madrid, Barcellona, Pele’, Maradona, Messi, dal presidente della Fifa, Gianni Infantino, e dalla Salernitana, dove ha militato in passato una delle vittime, Filipe Machado. La tragedia ha unito anche i tifosi di tutte le altre squadre brasiliane, che sui social hanno lanciato l’hashtag #ForzaChape.
Molto toccante anche il messaggio dell’Atletico Nacional, che avrebbe dovuto sfidare la Chapecoense: ”Sono venuti per un sogno, se ne vanno come leggenda”.

-Di Carlotta R.

Una licenza posta prima delle vite

Dalle notizie risalenti alle ultime ore, rivelateci dai media colombiani, si crede in una presunta colpevolezza del pilota dell’aereo della linea LaMia. Egli, pur essendosi accorto della mancanza di carburante sufficiente per terminare il volo, ha deciso di non avvertire la base e di variare il percorso, che prevedeva in origine una tappa di rifornimento: si pensa che la motivazione di questa scelta sia l’eventuale revoca della licenza di volo e, quindi, il licenziamento. Tuttavia, da uno scambio di battute tra il comandante e la torre di controllo dell’aeroporto di Madellin, si può comprendere che il pilota avrebbe inoltre fatto in tempo ad avvisare i tecnici dell’ aeroporto, che avrebbero potuto sgomberare la pista di atterraggio prima dell’arrivo dell’aereo. Questa teoria  è stata  ulteriormente valorizzata dalla stampa colombiana proprio per la presenza a bordo di una persona (il pilota) alla quale si possa affibiare l’integrità delle conseguenze dovute dell’incidente.  Nonostante non sia ancora certa la colpevolezza del pilota, ci si chiede perché e con quale etica un uomo possa decidere che il proprio  mantenimento economico possa valere più di molte vite.

-Di Carlotta Desirello

Una tragica strage, ma è l’unica?

Quasi tutti conoscono la storia della Chapecoense: la squadra che solo sette anni fa militava nella serie D brasiliana e che era riuscita a realizzare il grande sogno di giungere alla finale di Copa Sudamericana. L’impresa, paragonabile all’ epica cavalcata del Leicester, si è infranta nel momento in cui l’aereo si è schiantato nel suolo colombiano lo scorso 29 novembre . Viene dunque naturale chiedersi quanti sogni e speranze si spengano ogni qualvolta accada una strage o una tragedia: è quindi importante non sottovalutare mai il numero delle vittime concentrandosi unicamente su alcune; bisogna onorare qualsiasi morte, invece che trascurare quelle di coloro che non erano famosi. Questo fatto dovrebbe far pensare e comprendere, che il valore di ogni vita è lo stesso per l’uno e per l’altro: con questo non si vuole intendere, che si debba trascurare la situazione del ”Chape”, struggendoci unicamente per le scomparse di chi non era così celebre, ma considerare quest’ultime dolorose quanto quella della squadra brasiliana, poichè anche gli altri possedevano sogni da realizzare ed una storia da raccontare. Proviamo a ricordare tutti, pensando alla loro madre, padre, figlio e amico, che stanno soffrendo per la loro scomparsa.

-Di Benedetta

Responsabilità: o ci salva o ci fa schiantare

73 sono le persone che sono morte.
73 sono le vite interrotte in quell’aereo
73 sono le bocche messe a tacere dallo schianto.
Perché quell’aereo è precipitato?
È stata solo l’assenza di carburante a provocare tutte quelle morti?
In realtà no, ad uccidere i passeggeri è stato anche l’assenza di qualcos’altro: l’assenza di responsabilità.
La responsabilità implica il peso di un impegno preso, nel quale si accetta ogni tipo di conseguenza.
In poche parole, significa portare fino in fondo il proprio lavoro, come pilotare un aereo, prendendosi cura di ogni dettaglio e quindi, in questo caso, controllare che ci fosse abbastanza carburante all’interno.
In fondo, il dovere del pilota era quello di porre l’incolumità dei propri passeggeri, sopra i propri interessi, dunque pensare agli altri, prima che a se stessi.
Sottovalutare i propri compiti è molto pericoloso, perché prima o poi gli imprevisti arrivano e non si possono fermare.
Rispettare le nostre responsabilità salva la vita da pericolose conseguenze, evitarle può far schiantare il nostro aereo.

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ATTUALITA'

MALASANITÀ/Il dramma del neonato morto al Pertini

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L’otto gennaio di quest’anno, al ospedale Pertini di Roma un neonato è morto soffocato quando la madre che lo stava allattando si addormenta.

Successivamente la procura ha aperto un fascicolo: “omicidio colposo”.

Intanto però la notizia si diffonde, e il padre del neonato racconta al Messaggero di come la donna fosse sfinita e priva di energie dopo ben 17 ore di travaglio.

La moglie aveva più volte chiesto ai responsabili del reparto di portare il neonato al nido del ospedale per poter riposare, anche solo per qualche ora.

Ma il permesso le era sempre stato negato.

Nei giorni successivi il fatto ha scatenato un accesso dibattito riguardante le procedure post-parto degli ospedali.

Infatti, negli ospedali solitamente è previsto il cosiddetto “rooming-in”, ovvero il neonato subito dopo il parto, viene tenuto nella stessa stanza della madre anziché in una camera in comune con altri neonati.

A questa pratica però, dovrebbe essere sempre proposta un alternativa cioè la gestione dei neonati da parte del Asilo del ospedale, fino al termine della permanenza.

Questa seconda opportunità non viene sempre tenuta in considerazione, e centinaia di donne nei giorni scorsi hanno raccontato la loro esperienza denunciando che la possibilità di usufruire del nido ospedaliero sia stata loro  negata.

Le domande che ci si pongono in questi casi sono molteplici: Cosa sarebbe accaduto se questa donna avesse potuto riposare per qualche ora? O anche solo sé qualcuno avesse avuto cura si sorvegliarla e assisterla? La pratica di rooming-in vale per qualsiasi situazione? È  davvero la scelta più adeguata?

Il drammatico evento che ha portato  il decesso del neonato di Roma dovrebbe stimolare le coscienze e una azione diretta delle istituzioni per tutelare maggiormente la salute delle donne dopo il parto.

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DALL'EUROPA

MODA/Un italiano al timone di Luis Vuitton

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Pietro Beccari è il nuovo amministratore delegato e presidente di Louis Vuitton. Un italiano, dunque, guiderà la marca francese di lusso più nota al mondo fondata da Bernard Arnault. Beccari succederà a Michael Burke. Mentre alla guida di Dior andrà Delphine Arnault, figlia primogenita dell’imprenditore attualmente “uomo più ricco del mondo” secondo Forbes. Un cambio ai vertici che era nell’aria e attendeva solo la conferma ufficiale. Questo è forse il primo dei molti i cambiamenti che attendono il mondo della moda per questo 2023, nel management come nelle direzioni creative.

Pietro Beccari, parmense classe 1967, ha iniziato il suo percorso professionale nel settore marketing di Benckiser (Italia) e Parmalat (Usa), per poi passare alla direzione generale di Henkel in Germania, dove ha ricoperto il ruolo di vicepresidente della divisione Haircare.

Nel 2006 è entrato in LVMH in qualità di vicepresidente esecutivo marketing e comunicazione per Louis Vuitton, prima di diventare Presidente e ceo di Fendi nel 2012. Da febbraio 2018 è presidente e ceo di Christian Dior Couture, oltre che membro del comitato esecutivo di LVMH.

“Pietro Beccari”, ha commentato Bernard Arnault, fondatore e CEO di LVMH: “ha svolto un lavoro eccezionale in Christian Dior negli ultimi cinque anni. La sua leadership ha accelerato il fascino e il successo di questa iconica Maison. I valori di eleganza di Monsieur Dior e il suo spirito innovativo hanno ricevuto una nuova intensità, supportata da designer di grande talento. La reinvenzione della storica boutique al 30 di Montaigne è emblematica di questo slancio. Sono certo che Pietro condurrà Louis Vuitton a un nuovo livello di successo e di desiderabilità”.

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ATTUALITA'

SCONTRO TRA TIFOSI SULLA A1/ quando la partita si “gioca” anche fuori dal campo

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Domenica otto gennaio, sulla A1, i tifosi del Napoli battezzano l’anno nuovo con le spranghe.

È l’area di servizio Badia al Pino, nei pressi di Arezzo, l’autogrill che ha dato luogo allo scontro tra gli ultrà del Napoli e quelli della Roma.

Secondo quanto riportato dalle fonti della polizia, sarebbero 80 tifosi partenopei che, con certezza, erano presenti in quel luogo al momento delle scontro con gli abitanti della capitale, e che stanno cercando di identificare.

Invece, quattro sarebbero i tifosi napoletani, di età compresa tra i 21 e i 27 anni, ad essere stati inseguiti e successivamente fermati dagli agenti di polizia, intenti a forzare un posto di blocco a Genova Nervi. Nel loro bagagliaio erano presenti delle mazze.

 

La ricostruzione dei fatti:

Secondo i dati riportati, i tifosi napoletani diretti a Genova, che si sono fermati nell’area di servizio che ha ospitato lo scontro, sarebbero stati circa 350. A intervenire subito sul luogo è stato il personale delle forze di polizia di Arezzo, che ha impedito che la situazione, già critica di per sé, si aggravasse in modo precipitoso. Il corpo di polizia avrebbe, infatti, fermato in tempo il transito di tifosi romanisti i quali, si era appreso, che fossero diretti nello stesso itinerario, per raggiungere lo stadio San Siro di Milano(per lo scontro con il Milan).

Ad aggiungersi a quelli provenienti da Arezzo, sarebbero stati altri agenti, diretti da Arno.

I tifosi della Roma in transito raccontano del loro viaggio verso Milano: una volta nei pressi di Genova, entrati a conoscenza della presenza dei partenopei nelle vicinanze, la marcia sarebbe rallentata, fino a fermarsi all’area di sosta. Proprio in questo luogo, una parte dei tifosi campani, posizionatosi lungo la recinzione, ha iniziato a scagliare oggetti contro le autovetture degli avversari.

Immediatamente, entrambi gli esponenti delle tifoserie si sono trasferiti verso l’uscita dell’area di sosta, dove i lanci di oggetti, quali bottiglie, coltelli, spranghe, fumogeni e non solo, sono continuati per brevi attimi; proprio in questo momento, un tifoso romanista sarebbe rimasto ferito da un’arma da taglio risultando in codice giallo.

In seguito all’accaduto, i tifosi romanisti sarebbero poi ripartiti dopo poco tempo, mentre i napoletani scortati dalle forze di polizia fino alla Stadio Luigi Ferraris di Genova, dove si é tenuto il match Sampdoria-Napoli.

In direzione nord, l’autostrada é rimasta chiusa per circa cinquanta minuti.

Quanto accaduto non risulta essere un fatto eccezionale. Gli scontri tra squadre avversarie, scaturiti dal desiderio di vendetta, o da semplice smania di violenza, avvengono, purtroppo, in modo molto frequente; esattamente come furti e atti vandalici nelle aree di servizio.

E allora diventa inevitabile domandarsi: è lecito che il tifo si trasformi in delinquenza?

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