Un viaggio alla scoperta di un grande uomo e un imprenditore di successo: Duferco, Federacciai ed Entella le attività che lo rendono più celebre. Dietro a tutto questo si cela però anche un mecenate ed educatore. Scopriamolo insieme.
Presidente, la ringrazio innanzitutto per la sua disponibilità nei nostri confronti: partirei con un commento alla recente partita con lo Spezia…
La partita con lo Spezia è stato un bellissimo momento di sport. Il comunale per la prima volta tutto esaurito, i tifosi veramente calorosi, che ringrazio tantissimo, e poi le forze dell’ordine hanno fatto un lavoro eccezionale garantendo la sicurezza a tutti i presenti, evitando qualsiasi tipo di disordine. La partita è stata bella: giocavamo contro la squadra più in forma del campionato. Ci hanno fatto vedere il loro valore, rimontandoci due volte. Siamo stati bravi a metterli sotto, ad essere sempre avanti.
A 2 mesi dal termine della stagione la classifica permette di sognare: crede nella possibilità di vedere l’Entella in Serie A?
Guardi, io lo dico sempre: per l’Entella rimanere in questa categoria è come vincere la Champions. A poche giornate dalla fine siamo veramente vicini al raggiungimento di questo traguardo e cercheremo di centrare l’obiettivo.
Cosa permette all’Entella di stare tra le grandi? Qual è il segreto del vostro successo, se si può dire e se esiste?
Tanto lavoro. Abbiamo un gruppo di scouting consolidato che lavora benissimo. Andrea Grammatica, Manuel Montali e tutte le persone che si occupano dei nostri ragazzi svolgono un lavoro eccezionale. Abbiamo inoltre una solidità societaria invidiabile: Questo è il segreto.
Il settore giovanile è sicuramente uno dei punti di forza della società: è questa la vostra arma in più per la prima squadra?
Sicuramente si. Quest’anno hanno esordito in prima squadra Keita, Zanon ed Hector Otìn… Abbiamo un settore giovanile all’avanguardia, tra i migliori d’Italia. Pensi che abbiamo vinto il nostro girone del “Torneo di Viareggio” nonostante una sconfitta a tavolino con la Fiorentina per un’interpretazione del regolamento assolutamente insensata. Le rimanenti tre partite le abbiamo vinte tutte e siamo comunque primi.
Anche in campionato siamo secondi nel girone B dietro solamente alla Juventus. Puntiamo molto sui nostri ragazzi: loro sono sicuramente il futuro della società e le permetteranno di fare bene nei prossimi anni. La nostra politica è quella di cercare di inserire più giovani possibili in prima squadra, e continueremo cosi.
Veniamo al capitolo giovani. L’esperienza che Entella offre ai suoi talenti è un’accoglienza a 360 gradi: un modello
per tutti.
Si. Guardi, di questo si dedica con tutta se stessa mia moglie. Lei segue il tutoraggio dei ragazzi che vengono da fuori. Noi sappiamo che uno su mille ce la fa, per questo riteniamo importante dare una formazione umana e personale completa al ragazzo per crescerlo sotto tutti i punti di vista e non solo da quello calcistico. Oltre che calciatori, i nostri giovani sono anche persone. In più noi abbiamo verificato questo: scuola e sport vanno di pari passo e sono assolutamente compatibili. Quando un ragazzo va bene a scuola molto spesso va altrettanto bene sul campo da gioco perché sa essere ordinato, concentrato e riesce ad applicare le richieste del mister. Per questo stiamo molto attenti a creare un ambiente sereno attorno ai ragazzi: riteniamo questo metodo estremamente educativo ed efficace anche dal punto di vista sportivo.
La sua vicenda personale imprenditoriale si interseca profondamente con quella di Wyscout; lei è stato infatti il primo a credere nel progetto di Matteo Campodonico. Che cosa l’ha spinta a sognare con lui?
Perché anche se vedevo che l’idea non era ancora ben definita mi è sembrato qualcosa di estremamente innovativo. E poi lui credeva veramente tanto che potesse essere un’idea vincente. Era molto serio.
Nel tempo libero invece cosa fa il presidente Gozzi?
Ho quattro ettari di terreno attorno a casa mia presso Chiavari: produco olio e vino, mi dà molta soddisfazione. Col tempo siamo riusciti ad ottenere una produzione soddisfacente sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo
La ringrazio ancora per il tempo che ci ha dedicato. In bocca al lupo per tutto!
Crepi, grazie a voi.
Ripensando alla nostra chiaccherata non posso fare a meno che chiedermi che cosa cosa mi abbia colpito. A posteriori c’è una cosa che mi ha impressionato molto: vedere la disponibilità di un uomo di successo nei confronti dei più piccoli, la capacità di immedesimarsi nei loro sogni e credere nelle loro ambizioni, che siano essi giovani calciatori, o imprenditori o giornalisti. Credo che questa sia la più grande lezione che mi porto a casa oggi.
Un anno come questo, autore di catastrofi impensabili, non si lascia sfuggire proprio niente: la rabbia spesso è causa di tremendi mali. In un clima dove vittime e perdite non mancano a causa della guerra, ne sopraggiungono altre per tragedie sempre più strazianti. Nigeria, 29 Marzo 2022, con l’eliminazione dai mondiali della squadra nigeriana, in campo scendono i tifosi: infuriati per il pareggio (fatale per l’esclusione dal campionato) gli spettatori hanno trasformato lo stadio in un campo di battaglia. Una partita pareggiata 1-1 con il Ghana ha portato al fallimento della qualificazone al Mondiale in Qatar. Tragedie come questa non dovrebbero nemmeno esistere, eppure sono più attuali di quanto crediamo.
In un clima di scompiglio, rabbia e ribellione da parte dei tifosi, un medico addetto ai controlli antidoping dei giocatori è stato aggredito e ucciso. Non si conosce ancora con certezza la dimanica, ma una cosa si sa per certo: allo stadio nazionale di Abuja è scopppiato il caos. Una rabbia confusa, priva di fondamenti, sfogata su persone e oggetti, ha portato anche a questo: una luce in meno nel mondo dello sport. Anche i tentativi di rianimare la vittima, dopo essere stata percossa e calpestata violentemente dalla folla, sono stati inutili.
Così scompare un uomo, così si distrugge una famiglia: nello scompiglio di una semplice partita di calcio, un risultato sfavorevole ha portato alla morte di un innocente. L’uomo era stato numrose volte chiamato come medico in altri campionati e occasioni negli anni precedenti, ma a causa di persone così spregevoli non potrà prenderne più parte in futuro. Adesso il vuoto non è solo più in quello stadio, su quegli spalti e sul terreno da gioco devastato, ma anche nei cuori di chi lo conosceva.
Perde la vita Joseph Kabungo, che lascia un silenzio così profondo e triste da far riflettere anche i cuori più meschini. E’ bastata questa dimostrazione, qualche zolla di terreno strappata e panchine rovesciate, a insegnare che la guerra non esiste solo all’interno di determinati confini. Nessuno è salvo fuori dalle frontiere, perché a determinare la guerra è l’uomo stesso e i suoi istinti ingiusti, non soldati e missili. La vera guerra è dentro l’uomo e per quanta paura possa fare, siamo i primi a ostinarci a combatterla contro gli altri. Questa tragica vicenda, per quanto brutale, è solo l’ennesima prova che la violenza è sempre causa e mai soluzione.
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