Forni crematori in Siria/ Chi accusare?

di Beatrice Molfino

– Nuove accuse arrivano dal Dipartimento di Stato USA contro il regime del presidente Siriano Bashar al-Assad. Stuart Jones, assistente del segretario di stato per il Vicino oriente, comunica che sembra che sia stato costruito un forno crematorio nella prigione di Sednaya (o Saydnaya) poco lontano dalla capitale siriana, Damasco.

LE FOTO

Gli americani infatti hanno presentato alla stampa diverse immagini satellitari, da cui sembra che una parte di quella che è nota come una “prigione dell’orrore” sia stata trasformata in un grande crematorio.
Nelle immagini, scattate dal 2013 ad oggi, non si possono trovare prove certe, come precisato da Jones, dell’effettiva esistenza della struttura, tuttavia in una di esse, risalente al gennaio 2015, si può notare qualcosa di più; infatti su una parte del tetto del presunto crematorio la neve, che in inverno copre l’edificio, sembrerebbe essersi sciolta, forse per il calore di una ingente combustione, attribuibile all’attività di un forno crematorio.

Il mondo è di fronte a “nuovi livelli di depravazione raggiunti” dal regime siriano: “Assad sta impiccando cinquanta persone ogni giorno e usa forni crematori per sbarazzarsi dei corpi degli oppositori uccisi” – ha dichiarato Jones durante la conferenza stampa tenutasi a Washington.

IL RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL

Inoltre la notizia coinciderebbe con quanto reso noto lo scorso febbraio da Amnesty International in un dettagliato rapporto, nel quale si parlava infatti di 13 mila morti in 6 anni. Secondo Amnesty le esecuzioni avvenivano di notte, due o tre volte a settimana, quando venivano impiccati gruppi di anche 50 detenuti. Questa pratica orrenda sembra essere stata attuata in segreto tra settembre 2011 e dicembre 2015, ma potrebbe essere in vigore ancora oggi, e le uccisioni potrebbero essere tenute nascoste proprio tramite la cremazione dei cadaveri.
Inoltre le inumane condizioni in cui si trovano i prigionieri, costretti a sopportare torture, stenti e mancanza di cure mediche – aggiungeva Amnesty nel suo documento – conducono continuamente molti altri detenuti alla morte.

LA RISPOSTA DI DAMASCO

Il ministro degli Esteri di Damasco ha però negato le accuse e definito la ricostruzione del Dipartimento di stato di Washington simile ad una trama di Hollywood, nonché una serie di invenzioni al fine di giustificare l’intervento americano in Siria.

Di certo in uno scenario come quello siriano, dove vi sono tanti attori, ciascuno con interessi diversi e talora contrastanti, non è facile capire a cosa si debba credere realmente, e cosa vi sia dietro a ciascuna azione. La stessa posizione americana risulta ancora una volta incerta, avendo gli Stati Uniti denunciato anche la complicità di Russia e Iran a favore del regime siriano. Bisognerebbe domandarsi anche da dove arrivino le accuse contro Assad e quali siano gli scopi degli oppositori al regime.
Infatti in un clima di guerra civile, sotto l’oppressione di un governo autoritario, la situazione siriana appare sempre più complessa e contraddittoria. L’unico dato veramente certo è la spaventosa sofferenza delle popolazioni civili.