Servizio civile obbligatorio, è il momento giusto?

di Carlotta Desirello

LA PROPOSTA

Durante il raduno nazionale degli alpini a Treviso, la nostra ministra della difesa, Roberta Pinotti, ha dato inizio a un dibattito che considera tutt’altro che obsoleto, poiché trattato anche in altri stati europei: il servizio civile obbligatorio. La sua idea non consiste nel reintrodurre la leva militare, bensì nell’ampliare il servizio civile universale, ad oggi facoltativo, coinvolgendo tutti i giovani. Lo scopo è di formare ad alcune attività socialmente utili come la protezione civile, ma analizziamo bene la proposta e le conseguenze che avrebbe nel nostro paese.

 

IL SERVIZIO CIVILE IN ITALIA

Il servizio civile in Italia nacque come alternativa a quello militare obbligatorio, per coloro che rifiutavano quest’ultimo dichiarando l’obiezione di coscienza a causa motivi valutati attentamente da una commissione. Nel 1998 venne sancita una parità  di durata e diritti,  in particolar modo in concorsi e impieghi pubblici, tra le due leve. Dal 2005, quando venne sospesa l’obbligatorietà di entrambe,  il servizio civile nazionale si trasformò in un esperienza accessibile a tutti e volontaria.

In cosa consiste? I giovani dai 18 ai 28 anni possono svolgere incarichi per enti pubblici, che hanno un’utilità sociale negli ambiti, ad esempio, del sostegno agli anziani o della tutela del territorio. La durata è di 12 mesi  con 30 ore a settimana di impegno. I risultati sono rilevanti in quanto ogni anno si cercano nuove iniziative per aumentare i posti disponibili.

 

I PRO: UN FUTURO MIGLIORE PER L’ITALIA

Il servizio civile nazionale volontario, oltre a rappresentare per molti ragazzi un’attività che aiuta ad essere maggiormente preparati al mondo del lavoro, tende a sensibilizzare molto i giovani verso i doveri per lo stato. È un opportunità per spingere le nuove generazioni ad amare l’Italia e prendersene cura in modo utile e consapevole.

 

I CONTRO: GLI SCONTENTI GENERALI

L’idea di istituire la leva obbligatoria potrebbe quindi migliorare il futuro dell’Italia affidandosi ai giovani. I  4,5 miliardi di euro l’anno che comporterebbe per la retribuzione mensile di circa 700 euro ciascuno, ne varrebbero ampiamente la pena. Bisogna, però, tener conto di un aspetto: il successo e i benefici che il paese sta ottenendo da questa iniziativa sono vincolati dal fatto che chi ne prende parte è volontario, dunque impiega un notevole impegno ed è spinto da una forte motivazione. È pur vero che è un esperienza utile anche a livello personale, ma per alcuni potrebbe diventare un danno e un peso. Chi fa grossi sacrifici economici per studiare e ha urgenza di terminare il proprio percorso universitario al più presto, ad esempio, dovrebbe rimandare di un anno, mentre altri perderebbero occasioni di impieghi maggiormente retribuiti. Questo porterebbe ad una minore fiducia nelle prospettive lavorative che causerebbe poco impegno e lavori svolti in modo superficiale, finendo per danneggiare gli enti pubblici. Il costo e le conseguenze,  quindi peserebbero notevolmente sull’economia e il benessere stato.

 

UN PROGETTO TROPPO AFFRETTATO

L’iniziativa volontaria rappresenta da un po’ di anni non solo una bella opportunità per i giovani, ma soprattutto per un futuro dell’Italia in mano ad essi ed è giusto provare ad ampliarla. Per evitare però di rovinarla, è necessario procedere con cautela, considerando sempre gli effetti collaterali che potrebbe avere non solo sui giovani ma anche sullo stesso stato.