La guerra dei “grandi” non è poi così lontana

Di Carlotta

Quando sentiamo parlare di guerra, subito ci vengono in mente i due conflitti mondiali o le numerose lotte per l’indipendenza italiana ma, la guerra non è una realtà così lontana dalla nostra: infatti, sono molti gli scontri oggi in atto, non facendo unicamente riferimento ai più noti in Israele o Siria.
Nel mondo, sono in corso circa trentuno conflitti che si concentrano principalmente in Africa e Asia, ma anche in Sud America e Europa.
Le lotte nei continenti presentano spesso cause comuni; in Africa, ma anche in Sud America, gli scontri vedono contrapporsi il popolo e il governo, a causa della mancanza di bisogni primari tali alimenti e acqua; in Somalia, Sudan e Nigeria, la fame porta al tentativo della popolazione di ottenere il controllo delle zone più ricche del paese creando vere e proprie rivolte e guerriglie contro il potere centrale. Diversamente, in Colombia e Messico, la gente si affida al narcotraffico per ottenere ricchezza. In Asia e Medio Oriente, i giacimenti di petrolio e gas naturale, che interessano le grandi potenze, sono i principali moventi, insieme ai diversi indirizzi politico religiosi locali. Da anni, sciiti e sunniti si contendono i territori di Iraq, Iran e Arabia Saudita dove, inoltre, si concentrano numerose risorse del sottosuolo. Il conflitto in Afghanistan coinvolge, invece, direttamente la NATO, a causa delle coltivazioni doppio. In Europa, infine,alcune popolazioni, tale quella curda, e la Cecenia, reclamano la propria sovranità e rivendicano l’indipendenza da Russia e Turchia, interessati a quei luoghi per ragioni economiche.
Le vittime sono migliaia e migliaia ma, stupisce soprattutto il fatto che siano i civili a subirne le conseguenze. In Iraq, ad esempio, secondo le statistiche del 2007, dal 2003 sono circa 70 mila cittadini e, “solo”, tre mila militari ad essere morti a causa della guerra. Questo accade perché questi conflitti durano per molti anni e la mancanza delle risorse primarie si fa sempre più sentire, inoltre si cerca di nascondere la debolezza e lo sgretolamento continuo ed interno dei paesi come pretesa, da parte dei governi, di dimostrare la propria potenza politica. Durante le rivolte, invece di voler imporre la propria superiorità, sarebbe meglio ascoltare il popolo e tutelare i cittadini, in particolare i ragazzi, che crescono tra stragi e terrore.
Viene inoltre naturale chiedersi perché le grandi potenze non intervengano in maniera più incisiva. Il motivo potrebbe essere, come sempre, legato al campo economico: gli interessi per le risorse naturali, infatti, frenano nazioni come Stati Uniti o Cina, che non vogliono danneggiare i loro contatti con i paesi in lotta e, dunque, intervengono in modo molto controllato. Concentrandosi su quante persone subiscono gravi conseguenze, conviene davvero porre i propri interessi prima della tranquillità di innocenti che vivono con la paura di non svegliarsi il giorno dopo?

La guerra dei “grandi” non è poi così lontana

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