Maria Rita Lo Giudice, dietro l’inspiegabile scelta del suicidio

Di Alberto Zali

– Cosa si cela dietro l’inspiegabile scelta del suicidio? Quanto grave può essere il peso che la vita costituisce per alcune persone? Forse, davanti a drammi così profondi, è impossibile dare una risposta. Maria Rita aveva venticinque anni. Appena un anno fa si laureava a pieni voti alla facoltà di economia. Voleva costruirsi un futuro con le proprie mani, spezzare le catene che la legavano al suo passato. Ecco, non bisognerebbe mai ricorrere all’imperfetto per parlare della vita di una ragazza così giovane.

Oggi Maria Rita si è suicidata. Era la figlia di un boss dell’ndrangheta e non sopportava più di appartenere ad una famiglia mafiosa. “Anche all’università si sentiva emarginata per l’ingombranza del cognome – commentano gli amici – covava un malessere per la situazione famigliare”. E tutto si riduce ad un immenso, teso silenzio. Ma, questa volta, non è il silenzio discreto di chi sa e ha paura di parlare. Non è il solito silenzio assordante carico di mille parole bisbigliate fra i denti. Questa volta è l’uomo a tacere. Il dramma si consuma e non ci sono parole che possano descriverlo.

Maria Rita aveva provato ad uscire dal suo ambiente dedicandosi allo studio. Non voleva più essere l’ombra di qualcun altro. Non voleva quell’etichetta – “la figlia del boss” – che tutti le affibiavano. Voleva essere sé stessa, libera di volare e di tirarsi fuori da una realtà troppo impura per lei. Oggi possiamo dire che Maria Rita abbia fallito. Noi uomini abbiamo fallito, abbiamo dimostrato un’altra volta di non essere tanto onnipotenti quanto ci crediamo. La realtà si è rivelata molto più grande di noi.

Chi siamo noi? Riusciamo mai ad essere realmente noi stessi, ad essere valutati per quanto siamo e non per ciò che sembriamo, oppure, come la ragazza venticinquenne, siamo solo un’ombra? Dovremmo essere noi gli artefici della nostra realtà, non i nostri padri. La famiglia non dovrebbe essere un’ancora che ci impedisce di spiccare il volo. La famiglia dovrebbe essere soprattutto amore, sostegno, un punto di partenza. Purtroppo, esistono luoghi e situazioni in cui ancora non è così e in cui, spesso, sembra proprio impossibile che le cose possano cambiare. Ma non dobbiamo arrenderci, dobbiamo aggrapparci ai nostri sogni con tutta la forza di cui disponiamo. Esiste sempre una via d’uscita. Talvolta, bisogna sovvertire il sistema, i processi che regolano questa società, per trovarla. Non è facile. Forse è impossibile. Forse, però, l’impossibile richiede solo più tempo del possibile per essere realizzato.

Oggi siamo stati sconfitti. Probabilmente – anzi sono sicuro – saremo sconfitti anche domani e dopodomani ancora. Le sconfitte appartengono alla natura dell’uomo, ma possono essere punti di partenza. Maria Rita è solo una piccola goccia infrantasi contro una parete di roccia, un’immensa parete di roccia. Ma, col tempo, goccia dopo goccia, quella parete pian piano verrà levigata sempre più. Può sembrare un’utopia, ma le cose cambiano col trascorrere degli anni, dei secoli – ce lo insegna la storia. E le cose – ci insegna il presente – cambiano più rapidamente di quanto pensiamo. Ma dobbiamo essere noi ad impegnarci affinché tutto ciò che adesso non va bene vada sempre meglio.

Ma come fare? Questa è una domanda a cui io non posso rispondere. Penso che questo processo di rivoluzione parta tutto da una ricerca interiore, da un “guardarsi dentro” che coinvolga ognuno di noi. È difficile, perché spesso di fronte a molti problemi ci conviene voltarci, gettare lo sguardo altrove. E non sono neppure sicuro che questa sia la soluzione. Ma la vita è questo: cadere ed avere la forza di rialzarsi. Rialzarsi come ha provato a fare Maria Rita, prima che un vortice troppo più grande di lei la risucchiasse al proprio interno. La vita è imparare dai propri errori. E questa è una cosa che ciascuno di noi è chiamato a fare tutti i giorni.

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