Safety First- Emergency
Il 1^ aprile 2017 io e la mia classe, ci siamo recati a Milano, per il progetto di alternanza scuola-lavoro “diritti al centro”. Non siamo stati informati in modo preciso prima di partire infatti ho lasciato spazio all’immaginazione e ho preferito pazientare per una sorpresa. Dopo due ore di pullman siamo finalmente arrivati a destinazione, faceva freddo per essere un giorno primaverile. Non avevo idea di dove mi trovassi, se fosse il centro di Milano, la periferia o la parte storica. Guardandomi intorno ho notato um piccolo mercato di alimenti da dove provenivano urla e insulti. Accanto alle bancarelle ho notato una piccola ambulanza di colore rosso e bianco. In quel momento i miei pensieri sono stati interrotti dalla voce della prof che ci ha chiamato in ordine alfabetico per raggrupparci intorno a lei e controllare che fossimo tutti presente. In seguito ci siamo diretti lentamente verso il mercatino. Ci siamo fermati davanti all’ambulanza e una signora, piuttosto anziana è uscita e si è presentata come la nostra guida della mattinata. Ha voluto che ci dividessimo in tre gruppi e ad ognuno di essi è stata attribuita una persona dell’associazione. Marco, la nostra guida, ci ha chiarito i nostri dubbi, dove fossimo, chi fossero loro e di cosa si trattasse l’intero progetto della giornata.
L’associazione lì presente, ma conosciuta mondialmente, è Amnesty International. Emergency è un’associazione italiana indipendente e neutrale, nata nel 1994 per offrire cure medico-chirurgiche gratuite e di elevata qualità alle vittime delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà. L‘organizzazione promuove una cultura di pace, solidarietà e rispetto dei diritti umani. Mi è interessata molto la spiegazione di Marco e ascoltando mi chiedevo come potessero aiutare veramente a rispettare i diritti umani e aiutare chi ne è privato, perché a parlare siamo buoni tutti ma quando si tratta di fare e agire le voci diventano d’un tratto silenziose.
Il mio desiderio si è avverato e dopo un oretta di “teoria”, se così si può chiamare, siamo passati al lato pratico.
A gruppetti di cinque siamo entrati all’interno dell’ambulatorio, dove ci ha accolto una ragazza che indossava una tunica da infermiera. La sala era piccolina, essendo un’ambulanza su quattro ruote, ma c’era tutto il necessario per visitare un paziente, un lettino, un lavandino, diversi armadietti, una bilancia è tutto quello che possiamo trovare dal dottore. La ragazza ci ha parlato prima di lei e in seguito del suo compito. Era una medico, sposata con dei figli, e lavorava da parecchi anni a Milano. Prima di stabilirsi a Milano, aveva partecipato a parecchie missioni mediche all’estero, in particolare nei paesi di guerra.
Oggi ha scelto di creare una famiglia e non ha più il tempo di partire e rischiare la vita ogni giorno. Lavora a tempo pieno in un ospedale importante di Milano. Ora potremmo chiederci, cosa fa questa donna in quest’ambulanza ambigua?
Lei ha deciso di dedicare il suo tempo libero, ovvero dopo 8 ore di lavoro, alla visita di pazienti senza tetto, spesso privi di documenti, inseguiti dalla polizia o immigrati da paesi di guerra. L’associazione infatti si sposta nelle parti più povere e precarie e della città per aiutare chi ha bisogno, cercando i pazienti e convincendo loro di non avere paura, perché Amnesty cura chiunque, che tu abbia o no i documenti in regola.
Amnesty è un associazione volontaria, infatti il medico non è pagata durante le ore di visita che fa, come non è pagato nessuno dei volontari in quell’ambulanza. Ci sono eccezioni, per esempio i medici che hanno un posto stabile all’interno dell’associazione, ricevono uno stipendio mensile.
Alla fine della visita all’interno dell’ambulatorio, una mia compagna ha chiesto alla ragazza perché avesse scelto di fare questo, di dedicare il suo tempo libero a persona malate, senza ricevere niente in cambio, e lei ha risposto “chi ha visto, chi ha visto quello che ho visto, non può tacere, deve agire.”
Da quel giorno ho ancor anche in testa le sue parole.