Siamo ancora tutti Charlie?

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di Chiara

Anche i temi più delicati e dolorosi non sono esenti dalla pungente ironia del settimanale francese “Charlie Hebdo”: questa volta ad essere ritratto è il piccolo Aylan, bambino curdo tristemente famoso per la sua morte fotografata su una spiaggia turca. Riss, il vignettista del quotidiano francese, lo raffigura adulto, nelle sembianze di uno degli uomini accusati di violenze nella notte di Capodanno a Colonia. Sul fronte opposto, la regina di Giordania non ha esitato a controbattere postando un’altra vignetta (opera del giordano Hajjaj) nella quale è invece immaginato il futuro del piccolo come quello di un medico. Nasce spontanea, allora, una riflessione: fino a che punto è lecito ironizzare? A volte porsi dei limiti potrebbe essere la scelta giusta, viste le numerose polemiche suscitate dal giornale in tutto il mondo. Viva la libertà di pensiero, di parola, di stampa, ma il rispetto del prossimo dovrebbe porsi alla base di tutto. E questa volta sembra che nessuno si sia preoccupato della famiglia del bimbo, che ha dovuto sopportare una nuova ondata di dolore. Siamo perfettamente consapevoli che il settimanale non intendeva attaccare Aylan personalmente, né tantomeno i suoi familiari, ma il risultato che è emerso è questo, rivelando una visione delle cose decisamente cinica. Senza dubbio dobbiamo ricordare che Charlie Hebdo si pone come un giornale di satira, senza alcuna pietà e non bisogna quindi stupirsi per una vignetta di cattivo gusto. Impossibile infatti dimenticare #JeSuisCharlie: ma, dopo questa vignetta, lo siamo davvero ancora tutti?

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