Siria e Tigullio/Si muore per i propri ideali

di Maria Elena Cassinelli

– I servizi segreti statunitensi hanno fatto una scoperta scioccante in merito ai metodi poco ortodossi del regime di Bashar Assad nei confronti degli oppositori politici. Durante una conferenza stampa a Washington, Stuart Jones, responsabile del Dipartimento di Stato per il Medio Oriente, ha dichiarato che la fornace nei pressi del carcere militare di Sednaya esiste davvero. Qui, secondo le precedenti denunce dell’Amnesty International, sarebbero stati inceneriti i corpi di più di 13mila persone nell’arco di soli sei anni. Tra le varie prove in possesso dell’intelligence vi sarebbe un certo numero di immagini satellitari che mostrano chiaramente come un edificio interno al carcere sarebbe stato adibito a forno crematorio. Il tutto si somma ai racconti dei superstiti che, oltre alle crude descrizioni delle condizioni disumane per i prigionieri, testimoniano impiccagioni di dissidenti con un ritmo di 50 al giorno. Secondo gli oppositori politici di Assad, il governo non sarebbe all’oscuro delle losche vicende ma, al contrario, l’ordine di effettuare tali esecuzioni di massa proverrebbe direttamente dai “piani alti”. La Siria si aggiungerebbe, dunque, alla lunga lista di paesi in cui, ancora oggi, non è possibile sviluppare un pensiero diverso da quello imposto dal regime in carica, né tantomeno manifestarlo.

Esecuzioni di massa si sono verificate in tutt’Europa nel corso della Seconda Guerra Mondiale, specialmente in Italia. Oggi non vogliamo parlarvi di grandi storie, quelle che conoscono tutti, ma di piccoli episodi, seppure molto importanti, che si sono verificati nel nostro territorio.

L’eccidio dell’Olivetta

Un storia particolarmente significativa che ci colpisce nel vivo è, sicuramente, il cosiddetto “Eccidio dell’Olivetta”, avvenuto tra il 2 e il 3 dicembre del 1944 a Portofino. Il massacro compiuto dai Tedeschi Nazisti ha visto coinvolti 21 partigiani e 1 civile, prelevati dal carcere di Marassi, e successivamente fucilati presso la spiaggia di Portofino. Per legare i polsi ai prigionieri sono stati usati fili di ferro spinato reperito nel quartiere dell’Olivetta, da cui il tragico episodio prende il nome. Si pensa che si trattasse di una rappresaglia per via dell’uccisione di alcune spie fasciste da parte delle brigate Garibaldi.

Don Bobbio, chi non arretra di fronte alla morte

Un’altra triste testimonianza di persone che hanno perso la propria vita per difendere i propri ideali che si trova proprio sotto i nostri occhi è il busto eretto in memoria di don Bobbio nei giardini di Chiavari. Parroco di Valletti, diventa, presto, il cappellano della Brigata dei “Coduri”. Lavora sodo per portare i soldati della Divisione Alpina “Monterosa” nelle loro file, riuscendo perfino a “convertire” alla Resistenza l’intero Battaglione Vestone. A quest’episodio segue il grande rastrellamento dei nazifascisti, nel quale viene catturato e fucilato, senza abiurare nemmeno per un istante i suoi ideali.

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Come si può seguire un ideale fino alla morte?

Alla luce di questi tristi eventi che si ripresentano nel corso della storia, sorge spontanea una domanda: perché combattere, perché lottare per i propri ideali se poi le conseguenze sono queste? Perché qualcuno dovrebbe affannarsi quando dall’altra parte non trova nessuno disposto ad ascoltarlo? Perché qualcuno dovrebbe consumarsi per un’idea, fino ad essere ucciso per il suo modo di essere e di pensare, se poi, tutto finisce con la morte? O forse no.

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