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BLACK DAHLIA/L’omicidio di Elizabeth Short

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A distanza di 70 anni è ancora senza nome l’assassino di Black Dahlia. Il 15 gennaio del 1947, il corpo privo di vita della 22enne Elizabeth Short è stato ritrovato a Leimert Park a Los Angeles.

 Il ritrovamento del corpo:

La vittima è stata trovata nuda in un prato, con il volto tumefatto e con il corpo, reciso all’altezza dello stomaco.

 Il volto della giovane presentava tagli che partivano dalla bocca e arrivavano alle orecchie ( glasgow smile): ferite inferte ante mortem.

L’esame autoptico ha stabilito che le cause della morte sono attribuibili al dissanguamento e ai colpi subiti alla testa, nonostante la vittima presentasse anche  tagli su gambe, pube e seno.

 Dall’autopsia è emerso anche che dalla coscia sinistra è stato prelevato del materiale epidermico ove era presente un tatuaggio raffigurante una rosa nera,  lembo di pelle  rinvenuto dal medico legale all’interno della zona pubica; inoltre,  il corpo è stato privato dalle viscere ed è stato completamente drenato dal sangue.

La storia dietro all’omicidio:

Elizabeth Short, andò a Hollywood con l’ambizione di diventare un’attrice, tuttavia le sue speranze furono distrutte da un feroce assassino; molti descrivevano la vittima come una ragazza timida, ma manipolatrice, infatti, si divertiva a prendere in giro gli uomini per ottenere cibo, vestiti e soldi, per poi lasciarli inventandosi continue menzogne per non concedersi.

Seppur non si abbia nessuna certezza su come sia avvenuto il crimine o chi l’abbia commesso, l’ipotesi più plausibile è che, l’ultimo fidanzato di Elizabeth Short,Mark Hansen, ricco uomo danese, conosciuto per i suoi affari a Hollywood, e che  era coinvolto in affari illeciti, oltre ad avere un harem di donne, fu proprio così che conobbe la giovane Elizabeth, che era andata con una sua amica ad una delle sue feste, il signor Hansen si infatuò di lei, interessato alla sua bellezza, ma col passare del tempo si accorse che lei si stava solamente approfittando della sua ricchezza e, stancatosi di vederla con i suoi numerosi pretendenti, ordinò ad un suo galoppino, Leslie Dillon, di ucciderla; fu così che Elizabeth Short andò in contro alla morte, incontrò l’uomo sbagliato, che la fece uccidere da un pazzo omicida, già sospettato per il giro di omicidi di alcune prostitute.

Il depistaggio di Dillon:

Le indagini hanno subito depistaggi, soprattutto da parte di Dillon, e, inoltre,la scena del crimine è stata inquinata da passanti curiosi  a seguito del mancato tempestivo intervento della polizia, che non ha preservato lo stato dei luoghi.

Il 24 gennaio, arrivò alla stazione di polizia una lettera anonima ottenuta con dei ritagli di giornale, e insieme alla lettera, fu anche mandato un pacco con alcuni effetti personali della donna, il certificato di nascita, la rubrica ( in cui era segnato il numero telefonico di Mark Hansen), delle foto e il biglietto da visita, seppur non si sappia con certezza, si presume che la lettera sia stata mandata da Dillon, volendo prendersi il merito dell’uccisione della ragazza; la presenza di quelle lettere rese le indagini ancora più complicate a causa della veridicità delle informazioni; tuttavia non sarà l’unica lettera che Leslie Dillon invierà, infatti, ne ricevette una anche lo psicologo di polizia che stava lavorando al caso della Short, in cui affermava di conoscere il killer, e accusò un suo amico, ma presto passa da accusatore ad accusato, infatti, sembra sapere troppe cose inerenti al caso, anche mai rivelate al pubblico.

A inquinare le indagini furono anche i mass media, che macchiarono l’immagine della Short, descrivendola come una pervertita e una lesbica, a causa di ciò l’opinione pubblica cambiò, perdendo di vista la crudeltà del reato.

L’incontro fra Leslie Dillon e il Dottor River

Il dottor River, avendo incominciato una corrispondenza con Dillon gli offrì di incontrarsi nel bar di un hotel, affinché potessero parlare più apertamente, infatti, River cominciò a porre delle domande all’uomo, che rispondeva con tranquillità, affibbiando tutte le colpe al suo” amico Jeff Connors”, infatti Jeff, non era altro che un nome inventato da Dillon per mascherarsi; parlando con il killer, lo psicologo River comprese molteplici cose, fra cui uno dei motivi per cui Dillon tagliò a metà la Black Dahlia; successivamente affiancato dagli sbirri, Leslie Dillon si rifiutò di parlare oltre, e seppur, il dottor River avesse capito che quello che aveva davanti era il vero killer, non avendo abbastanza prove per poterlo arrestare lo lasciarono andare, fu così che si conclusero le indagini per l’omicidio di Elizabeth Short, con la sparizione del suo killer, nascostosi nell’ombra fino al giorno della sua morte.

Nel 1949 ci fu uno scandalo di corruzione che secondo Etwell era una copertura della Divisione Omicidi che aveva collegamenti con il signor Hansen; infatti,la Divisione Omicidi all’epoca dell’assasionio della Black Dahlia era corrotta fino al midollo; Dillon per non farsi incriminare disse agli agenti che sapeva dove erano sepolti i corpi uccisi dalla criminalità organizzata, facendo si che lo lasciassero andare via e sparire per sempre; Inoltre i documenti relativi al caso furono fatti sparire, mandando in frantumi ogni possibile speranza sulla risoluzione del delitto. 

Ora a distanza di 70 anni tutte le persone coinvolte al caso Dahlia sono morti, rendendolo uno dei casi di cronaca nera più famosi del mondo.

 

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The sandman

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The sandman è una serie Netflix formata da 11 episodi uscita nel 2022 con protagonista Morfeo il signore dei sogni, interpretato da Tom Sturridge, ispirata dall’omonima serie a fumetti ideata dal britannico Neil Gaiman e pubblicata dalla Dc Comics negli Stati Uniti tra l’88 e il ‘96.

Questa serie subito dopo la sua uscita è balzata in cima alla top 10 globale delle serie più viste su Netflix già dopo soli tre giorni, con 69,5 milioni di ore guardate.

La serie inizia con Morfeo che è alla ricerca di un incubo fuggito dal mondo dei sogni, ma finirà per essere catturato da Roderick Burgess, un occultista/stregone che cercava di evocare e imprigionare la morte per ottenere l’immortalità e riavere suo figlio, ma finendo per catturare il fratello minore Morfeo. Preoccupato per la sua vita lo imprigiona per anni togliendogli anche i suoi strumenti, ovvero una parte dei suoi poteri racchiusi in un elmo, un sacchetto di sabbia e un rubino, lo strumento più potente che ha creato.

Morfeo, dopo essere riuscito a fuggire, dovrà partire alla ricerca di questi suoi strumenti, per poter ripristinare il suo regno, il mondo dei sogni, poiché con la sua assenza il suo regno e caduto in rovina e tutti i suoi abitanti sono scappati o morti.

Durante la ricerca si ritroverà ad affrontare molte difficoltà e ostacoli ,tra cui : Lucifer Morningstar ,per riprendersi il suo elmo, Johanna Constantine, un esorcista privato, per riprendersi il suo sacchetto di sabbia e il figlio di Roderick Burgess, John Dee ,anche chiamato dottor destiny, che, consumato dal potere del rubino, cercherà di creare, come dice lui, “un mondo senza bugie”, venendo ,però, fermato da Morfeo ,dopo una battaglia all’ultimo sangue.

Ma questa è la trama dei primi cinque episodi ,perché dopo il quinto episodio Morfeo torna alla ricerca dell’incubo fuggito ,il corinzio che negli anni in cui è stato imprigionato ha ucciso molte persone e convinto tante altre ad uccidere, creando un culto conosciuto come “collezionisti”, che sarà il tema centrale negli ultimi cinque episodi della serie.
Serie strutturata molto bene, ma consigliata ai ragazzi dai 12 anni in su.

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CULTURA/Manet artista della perversione?

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E’ una fredda giornata di fine gennaio del 1832. A Parigi, tra le colorate vie del centro, nasce un artista destinato a stravolgere il panorama artistico di tutti i tempi. E’ Edouard Manet, cresciuto nell’agio di una famiglia facoltosa che lo indirizza alla carriera giuridica. Fin da bambino, tuttavia, viene attratto da quel linguaggio universale, le cui parole sono fatte di colori, che con le sue linee può essere più incisiva delle grida: l’arte. Il giovane s’imbarca come marinaio per evitare gli studi di legge, ma l’impiego non durerà molto, quanto basta affinchè la famiglia gli permetta di inseguire la sua grande passione. I suoi viaggi per l’Europa arricchiscono i suoi studi, egli è ispirato da grandi maestri, Giorgione e Tiziano in particolare.

Nel 1863 espone la sua tela “Colazione sull’erba”,  tanto amata quanto discussa, che viene respinta della critica del Salon. Cos’è che la pittura accademica proprio non riesce ad accettare di questo quadro? Inorridisce, senza dubbio, la tecnica pittorica, destinata invece a entusiasmare un gruppo di giovani artisti-ribelli, passati alla storia come impressionisti: da vicino, infatti, appaiono molte macchie che lo spettatore solo allontanandosi riesce a congiungere, ritrovando l’unità della tela. Inoltre viene rimproverato all’artista di non aver saputo utilizzare la prospettiva geometrica e il chiaroscuro, assolutamente necessari per poter produrre un’opera di successo, come classicismo comanda. Ma ciò che disturba maggiormente è la figura femminile nuda che conversa amabilmente con due giovanotti borghesi, rendendo volgare le chiacchere di una colazione come tante agli occhi di una, a quanto pare, pudica giuria.

Il tema della nudità femminile viene ripreso in un’altra celebre opera: “Olympia”. Manet rimprovera alla cultura del suo tempo un’estrema rigidità delle posture, prediligendo pose quotidiane per rendere maggior realismo. La pittura accademica accettava il nudo femminile solo se con qualche rimando mitologico; Olympia, seppur raffigurata con lo stilema della Venere sdraiata, non ha nulla di divino, è una prostituta. La giovane donna è invece uno degli scarti della società, raffigurata con la mano sinistra che copre l’oggetto del suo lavoro, quasi per sottolinearlo. I suoi occhi fissi e fieri sullo spettatore rivelano uno sguardo calcolatore. Emblematico poi è il gatto nero, che si credeva fosse il tramite fra le streghe e il diavolo.

Manet infrange uno dei tabù più forti del suo tempo. La prostituzione era un fenomeno estremamente diffuso, ma taciuto, ritenuto indegno, come la stessa sessualità. Il quadro dunque non riscuote particolare successo. L’artista attira l’amicizia di molti artisti, soprattutto Baudelaire. Effettivamente si può ritrovare una forte analogia tra i due: entrambi rifiutano il ruolo educatore dell’artista, preferendo immergersi e denunciare una cruda realtà, quella vera, alla società borghese, fatta di perbenismo esteriore che nasconde un attaccamento viscerale e morboso ai propri interessi. Ecco che “l’artista maledetto”, alla bohemien, non ha solo il merito di aver sperimentato nuove tecniche pittoriche, essenziali per la nascita dell’impressionismo, ma ha anche descritto, con uno sguardo disincantato, una società nascosta, soffocata, che nell’ ottocento comincerà finalmente a reclamare i suoi diritti. Forse anche oggi servirebbe qualcuno che, con maestria e senza retorica, denunci gli interessi capitalistici della società contemporanea, che come al tempo di Manet, nasconde sotto un perbenismo irritante i propri interessi.

Questo è il potere universale e senza tempo di Manet.

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CULTURA/L’immagine di Babbo Natale

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LA TRADIZIONE DI BABBO NATALE

 

Tutti noi conosciamo la figura di Babbo Natale che da sempre la notte del 24 dicembre passa nelle case di tutti e lascia i regali sotto l’albero, ma da dove nasce questa magica figura adorata da grandi e piccini? 

 

BABBO NATALE NELLA LEGGENDA

 

Molti riconducono Babbo Natale alla figura di San Nicola, ma in realtà esistono diverse  tradizioni seppur incerte che ricordano questo fantastico personaggio.

Nell’Antica Grecia si può ricondurre ad Apollo, dio del sole, con il suo carro del sole; poiché durante il periodo natalizio i Greci assistevano ad un allungarsi delle giornate. 

Per le popolazioni Nordiche invece Babbo Natale era Odino, che una notte all’anno passava a donare regali sopra una slitta trainata da un cavallo volante.

 

IL PERSONAGGIO CHE DIEDE ORIGINE A BABBO NATALE

 

Dopo aver esplorato la figura più remota che potrebbe essere riconducibile a Babbo Natale passiamo alle tradizioni più “recenti”. 

Diamo uno sguardo alla figura di San Nicola: durante il quarto secolo San Nicola era il vescovo di Myra, nell’odierna Turchia, ed era considerato il protettore delle donne e dei bambini. La leggenda narra che un giorno il santo aiutò 3 donne giovani ma povere a sposarsi poiché per 3 notti donò a ciascuna un sacco pieno di monete. La festa del santo si diffuse presto in tutta Europa e successivamente in America.

 

COM’È NATA L’IMMAGINE DI BABBO NATALE

 

Quando la storia di San Nicola raggiunse il Nord Europa si mescolò con le tradizioni dei paesi e delle popolazioni che ci vivevano. Cominciarono a rappresentare San Nicola non più come un santo ma come una figura magica: un elfo, un folletto o (per le tradizioni anglosassoni) un grande omone simile ad uno spirito. In Olanda era chiamato Sinterklaas e quando gli europei cominciarono a colonizzare l’America, gli olandesi trasportarono questa figura magica fin oltre oceano. L’America accolse a braccia aperte le tradizioni Olandesi ma cambiandole: il nome Sinterklaas si trasformò in Santa Claus e nel 1822 fu scritta una poesia in cui comparvero i simboli della slitta e dei regali che vengono calati dal caminetto. Verso la fine del 1800 Haddon Sundblom (un disegnatore Americano) si ispira alla poesia per disegnare il simpatico vecchietto barbuto che farà da protagonista alla pubblicità della Coca-Cola Company.

 

MA È DAVVERO SOLO QUESTO?

 

È davvero solo una pubblicità? È possibile che la figura di Babbo Natale sia soltanto quella della Coca-Cola? Come abbiamo visto, in tutta la storia ci sono testimonianze di una figura che durante una notte invernale, che coincide con il prolungarsi delle ore di luce, vola su una slitta o un carro trainato da cavalli o renne. Che venga chiamato Apollo, Odino o Santa Claus non fa molta differenza, una magica figura ricorrente abita le tradizioni di 5000 anni di storia umana.

 

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