Caso Demoitiè: il ciclismo è sicuro come sembra?

di Lorenzo Dodi.

La stagione ciclistica è iniziata da poco tempo, importanti competizioni sono già state disputate. Le polemiche, un po’ come nel calcio, non mancano mai: corridori trainati dalle ammiraglie, motori montati sui telai delle biciclette, gare cancellate causa mal tempo, sono solo alcune delle critiche che hanno investito l’ambiente.


L’ultimo avvenimento, che ha fatto riflettere non solo gli appasionati di ciclismo ma il mondo intero, è stato la morte del giovane corridore belga Antonie Demoitiè investito da una moto della giuria al seguito della corsa durante la classica sul pavé Gent-Wevelgem. Tanta è l’amarezza per una nuova vita persa in sella ad una bicicletta e mentre il mondo del ciclismo si stringe attorno alla famiglia del giovane belga, la squadra scagiona il motociclista cha ha urtato il ciclista: il pilota della moto aveva 20 anni di esperienza viaggiava a velocità moderata e la sua manovra era prudente e usuale, in questa circostanza il movimento non sbagliato ma inusuale è stato commesso dal ciclista che con uno scarto improvviso ha invaso lo spazio destinato in quel momento al transito della moto. Dopo la morte che è giunta durante la notte in ospedale. Alcuni organi del giovane sono stati donati consentendo di salvare la vita a tre persone. dopo qualche giorno dalla morte di Demoitiè nessuno addossa la colpa di quel tragico episodio, entrambe le parti stavano agendo nei propri limiti. E’ necessario prendere provvedimenti per limitare un il numero delle moto a seguito delle corse ciclistiche, molte di esse sono superflue,hanno solo fini televisivi e non hanno l’ obiettivo di garantire la sicurezza del corridore, sono in molti quelli che condividono questa posizione, probabilmente verranno presi provvedimenti, ma il ciclismo resta comunque uno sport tanto bello quanto pericoloso.

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