PAROLE E VIOLENZA/Divisi e conquistati

Quando la politica si intreccia con i canti degli ultras, le parole diventano un’arma affilata in un’arena in cui la tensione e la passione si intrecciano in una danza pericolosa.

La violenza e il potere delle parole sono fenomeni complessi che si manifestano in diversi contesti sociali, spaziando dalla guerra alla politica internazionale, fino alle tifoserie violente di calcio. In Ucraina, il conflitto armato che ha avuto inizio nel 2014 ha evidenziato il ruolo cruciale delle parole come strumento di propaganda e divisione. Allo stesso modo, nelle tifoserie di calcio, i canti durante le partite, intonate dai tifosi estremi, spesso promuovono l’odio e l’intolleranza. Esploriamo l’impatto di questi fenomeni, mettendo in luce come il potere delle parole può influenzare la percezione e il clima sociale.

L’arsenale mediatico
La guerra in Ucraina ha visto l’utilizzo sistematico delle parole come arma di propaganda da entrambe le parti coinvolte. I media controllati dal governo russo hanno dipinto i ribelli filorussi come “eroi della resistenza” e i soldati ucraini come “fascisti” e “nazisti”. D’altro canto, i media ucraini hanno dipinto i ribelli filorussi come “terroristi” e i soldati russi come “invasori”. Questa propaganda, attuata con malizia entrambe le parti, ha alimentato l’odio e la divisione tra le due parti, ostacolando i tentativi di pace e riconciliazione.

Armi tra le tribune
Parallelamente, le tifoserie di calcio in Italia sono spesso caratterizzate da fazioni organizzate, le cosiddette “ultras”, che si dividono su basi politiche e territoriali. Durante le partite, questi tifosi cantano cori che spesso contengono insulti razzisti, omofobi e sessisti, creando un clima teso come la corda di un violino. Questa tensione a volte esplode in episodi di violenza fisica tra le persone, che ha portato anche a perdite di vite umane.

Le parole ci possono ferire anche più di un proiettile o di una bottiglia rotta e la loro influenza si estende ben oltre i contesti specifici, influenzando l’opinione pubblica, le decisioni politiche e la percezione reciproca tra le parti coinvolte. Le parole, e la capacità di essere ascoltati da una grande quantità di persone, sono un’arma potente, che può decidere il destino di una nazione. Più di una volta ci sarà capitato di ascoltare in televisione provocazioni nascoste nelle frasi pronunciate dai politici rivolte ad altri “colleghi” o di ragazzi morti durante alterchi violenti dopo una partita di calcio.

Soltanto attraverso un impegno congiunto di istituzioni, governi, tifosi e cittadini è possibile trasformare il potere delle parole in una forza positiva, capace di costruire ponti e abbattere barriere. In un mondo che ha bisogno di pace e di solidarietà, è fondamentale saper utilizzare le parole con sresponsabilità e consapevolezza del loro impatto sulle dinamiche sociali e internazionali. Solo così potremo sperare in un futuro in cui le parole siano strumenti di coesione e progresso, e non di divisione e distruzione.