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LA REALTA'

Davini: è dura portare a canestro il basket italiano

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di Alessandro Torre

– Nella settimana delle interviste, oggi ci siamo rivolti a Gabriele Davini, giocatore classe 2000 del Centro Basket Sestri Levante, componente della formazione under 18 e della prima squadra, militante nella Serie C Silver.
Quando e come è nata la tua passione per il basket?
Ho iniziato a giocare all’età di 9 anni, volevo iniziare un altro sport dopo aver fatto calcio per un anno, ma i miei genitori mi hanno spinto a provare il basket e già dal primo allenamento è scoccata la scintilla che mi ha portato a non staccarmene più.

Poco più di un anno fa hai esordito in prima squadra: quali sono state le tue emozioni, anche in virtù del fatto di avere avuto solo 15 anni?
Per me è stata una grandissima emozione, la pallacanestro è il centro della mia vita ed esordire così presto e nella squadra della mia città è stato bellissimo, specialmente per l’ambiente pieno di entusiasmo che rende Sestri un’ottima realtà.

Cosa ne pensi della situazione del basket nella nostra regione?
Purtroppo in Liguria il movimento è sottosviluppato e l’esempio più lampante è il fatto che non vi siano squadre liguri nei massimi campionati nazionali. Penso sia un vero peccato, specialmente perché troppe volte si ha la sensazione che il basket sia preso sotto gamba in Italia, mentre in America è lo sport principale. In ogni caso, il movimento italiano sta crescendo.

In particolare, quali sono i motivi per cui un giovane dovrebbe avvicinarsi alla pallacanestro?
Innanzitutto si tratta di uno sport di squadra che, come gli altri di questo tipo, è importante dal punto di vista delle relazioni e qui si crea un ambiente sano e genuino. Il basket diverte ed appassiona proprio per la sua imprevedibilità, tutto può cambiare dal primo all’ultimo secondo.

Cosa rappresenta per te lo sport?
Dal mio punto di vista, lo sport è fondamentale per la crescita di qualsiasi giovane, si pratica un’attività fisica coltivando le proprie passioni, conoscendo nuove persone e migliorandosi costantemente.

Ringrazio Gabriele per la disponibilità.

 

Se ti interessa conoscere altro sullo sport puoi leggere anche questo articolo.

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NIGERIA/Quando lo sport si trasforma in guerra

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Un anno come questo, autore di catastrofi impensabili, non si lascia sfuggire proprio niente: la rabbia spesso è causa di tremendi mali. In un clima dove vittime e perdite non mancano a causa della guerra, ne sopraggiungono altre per tragedie sempre più strazianti. Nigeria, 29 Marzo 2022, con l’eliminazione dai mondiali della squadra nigeriana, in campo scendono i tifosi: infuriati per il pareggio (fatale per l’esclusione dal campionato) gli spettatori hanno trasformato lo stadio in un campo di battaglia. Una partita pareggiata 1-1 con il Ghana ha portato al fallimento della qualificazone al Mondiale in Qatar. Tragedie come questa non dovrebbero nemmeno esistere, eppure sono più attuali di quanto crediamo.

In un clima di scompiglio, rabbia e ribellione da parte dei tifosi, un medico addetto ai controlli antidoping dei giocatori è stato aggredito e ucciso. Non si conosce ancora con certezza la dimanica, ma una cosa si sa per certo: allo stadio nazionale di Abuja è scopppiato il caos. Una rabbia confusa, priva di fondamenti, sfogata su persone e oggetti, ha portato anche a questo: una luce in meno nel mondo dello sport. Anche i tentativi di rianimare la vittima, dopo essere stata percossa e calpestata violentemente dalla folla, sono stati inutili.

Così scompare un uomo, così si distrugge una famiglia: nello scompiglio di una semplice partita di calcio, un risultato sfavorevole ha portato alla morte di un innocente. L’uomo era stato numrose volte chiamato come medico in altri campionati e occasioni negli anni precedenti, ma a causa di persone così spregevoli non potrà prenderne più parte in futuro. Adesso il vuoto non è solo più in quello stadio, su quegli spalti e sul terreno da gioco devastato, ma anche nei cuori di chi lo conosceva.

Perde la vita Joseph Kabungo, che lascia un silenzio così profondo e triste da far riflettere anche i cuori più meschini. E’ bastata questa dimostrazione, qualche zolla di terreno strappata e panchine rovesciate, a insegnare che la guerra non esiste solo all’interno di determinati confini. Nessuno è salvo fuori dalle frontiere, perché a determinare la guerra è l’uomo stesso e i suoi istinti ingiusti, non  soldati e missili. La vera guerra è dentro l’uomo e per quanta paura possa fare, siamo i primi a ostinarci a combatterla contro gli altri. Questa tragica vicenda, per quanto brutale, è solo l’ennesima prova che la violenza è sempre causa e mai soluzione.

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MADRI LAVORATRICI/Come le donne liguri hanno affrontato il Covid

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Mancano ormai pochi giorni all’arrivo dell’estate e, con essa, di quel senso di spensieratezza e leggerezza che i mesi caldi portano con sé. Quest’anno, però, la fine della primavera preannuncia anche un definitivo abbandono delle tanto odiate norme anti-Covid.  (altro…)

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VIRUS/Cosa succederebbe se sparissero tutti?

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Nel corso dei secoli i virus sono stati responsabili di decine di milioni di morti, provocando malattie in parte ancora oggi incurabili. Quest’ultimo anno sarà ricordato per la diffusione della pandemia da Covid-19, che ha mietuto in tutto il mondo migliaia di vittime.  (altro…)

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