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ATTUALITA'

FISCO – «Il governo non strizza l’occhio agli evasori»

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Di Alice Cocurullo

– L’evasione fiscale è in Italia un enorme tasto dolente da sempre, ma pare che la lotta contro i “furbetti” stia portando dei buoni risultati nell’ultimo periodo.

L’Agenzia delle Entrate ha affievolito la preoccupazione di Pier Carlo Padoanministro dell’economia – riguardo le casse dello Stato, riferendo di aver recuperato 19 miliardi di euro in più dalle tasche degli italiani nel 2016 rispetto all’anno precedente. Il direttore dell’Agenzia delle Entrate Rossella Orlandi ha presentato i risultati ottenuti a Padoan ed al Tesoro, rassicurando tutti con gli oltre 450 miliardi ottenuti secondo le prime stime. Nel 2015 il bottino ricavato era di 436 miliardi, 17 in più rispetto all’anno prima.

Nel suo discorso al Tesoro, Padoan ha subito affermato che il governo si impegna contro l’evasione del fisco affinché non solo si assicuri «il gettito ma anche la giustizia sociale, perché il mancato adempimento crea disuguaglianze e distorce la concorrenza» esprimendosi quindi a favore degli onesti e soprattutto delle aziende, denunciando i piccoli e grandi casi di evasione fiscale (quale lo scandalo del 2016 dei Panama Papers). «Mi fa sorridere, e mi fermo qui, chi dice che la lotta all’evasione non c’è o che il governo strizza l’occhio agli evasori: questo offende il lavoro di tanti che svolgono professionalmente il loro compito. Il governo non strizza l’occhio agli evasori, strizza l’occhio ai contribuenti onesti, li aiuta a non fare errori, senza un approccio inutilmente punitivo»: quest’ultime, le parole del ministro dell’Economia sui liberi imprenditori. Le nuove leggi a loro favore stanno portando benefici anche all’economia. Il libero imprenditore è sempre meno pressato economicamente e secondo le statistiche Istat «si rafforza la ripresa del settore manifatturiero a cui si associano il miglioramento del potere d’acquisto delle famiglie e l’incremento degli investimenti». Si prospetta quindi nel 2017 un’economia in crescita in Italia.

Padoan ha anche riferito che a metà maggio, al G7 dei ministri delle Finanze di Bari, si discuterà sulle nuove norme per le imprese digitali e sulle loro tassazioni a seguito dei vari lucri e scandali dei mesi scorsi delle società online quali Airbnb.

Rossella Orlandi ha poi affermato che «a distanza di un anno […] l’operazione “canone in bolletta” ha funzionato, addirittura meglio del previsto» permettendo di ridurre «la stima di evasione dal 30% al 4%». Secondo i risultati del 2016, infatti, l’incasso è stato di 2,1 miliardi di euro, con ben 500 milioni di extragettito.

Ma che cos’è il fisco?

Il termine fisco (fiscus in latino, “cesto”, “cassa”) indicava originariamente la cassa ed il tesoro privato dell’imperatore romano, distinto dall’erario militare, dall’erario del popolo e del Senato (il solo tesoro pubblico durante la Repubblica).

Fonte: Wikipedia

Ai giorni d’oggi si intende con fisco l’importo che il cittadino deve introdurre nelle casse dello Stato per mezzo delle tasse.

Che cos’è l’Istat?

Ente pubblico di ricerca, è il principale e ufficiale Istituto nazionale di statistica italiano.

E che cos’è l’Agenzia delle Entrate?

L’Agenzia delle Entrate è un’agenzia pubblica italiana che svolge le funzioni relative ad accertamenti e controlli fiscali, gestisce i tributi e svolge i servizi relativi al catasto, i servizi geotopocartografici e quelli relativi alle conservatorie dei registri immobiliari con il compito di costituire l’anagrafe dei beni immobiliari esistenti sul territorio nazionale.

Hai una laurea in Giurisprudenza, Economia e Commercio o Scienze politiche? Tieni d’occhio il sito dell’Agenzia delle Entrate perché nel 2017 assumerà in Italia per occupare 740 posti a tempo indeterminato.

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POLITICA E ALIMENTAZIONE/La guerra agli hamburger di soia

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I prodotti a base vegetale stanno riempiendo sempre di più gli scaffali dei supermercati italiani.

Oggi è possibile sostituire i tradizionali prodotti a base di carne con hamburger di soia, salsicce di seitan o polpette vegetali. Il nome “hamburger di soia”, per esempio, può risultare paradossale, ma non in un mondo dove il futuro della carne è vegetale.

9 italiani su 10 sono favorevoli all’utilizzo di termini come questo, che rimandano inevitabilmente al mondo della carne con lo scopo di rendere il consumatore più consapevole del prodotto e promuovono scelte alimentari più salutari e sostenibili. È indubbio che si tratti di marketing, ma è davvero un tema su cui dover discutere?

Per alcuni deputati della Camera, sì.

Una proposta di legge che vuole vietare l’uso di nomi riconducibili alla carne per i prodotti vegetali è stata infatti presentata nella Commissione Agricoltura della Camera. L’obiettivo di questa legge è quello di difendere gli allevamenti e la produzione di carne italiana, che sarebbero svantaggiati dalla concorrenza di scelte alternative. Prodotti come la “bresaola di seitan” o la “bistecca di tofu” potrebbero, secondo i promotori della legge, indurre chi compra a pensare erroneamente che questi alimenti siano esattamente identici alla carne a livello nutrizionale.

Secondo l’organizzazione per i diritti animali “Essere Animali”, l’argomento della legge è fuorviante, perché ci sono differenze nutrizionali anche tra prodotti a base di carni diverse con lo stesso nome. I prodotti che usano questo tipo di termini, inoltre, avvicinano le persone a un’alimentazione più veg, una scelta migliore non solo per la salute ma anche per l’ambiente.

La proposta di legge, infatti, non considera i vantaggi a livello di sostenibilità ambientale che offre l’alimentazione vegetale: un report della Commissione Europea ha dimostrato che il settore zootecnico (una parte del settore primario che consiste nell’allevamento, nell’addomesticamento e nello sfruttamento di animali a fini produttivi) è responsabile per l’81- 86% delle emissioni totali di gas serra nell’agricoltura.

Per questi motivi Essere Animali ha lanciato una petizione per chiedere al Governo di impegnarsi a bloccare la proposta.

 

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MALASANITÀ/Il dramma del neonato morto al Pertini

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L’otto gennaio di quest’anno, al ospedale Pertini di Roma un neonato è morto soffocato quando la madre che lo stava allattando si addormenta.

Successivamente la procura ha aperto un fascicolo: “omicidio colposo”.

Intanto però la notizia si diffonde, e il padre del neonato racconta al Messaggero di come la donna fosse sfinita e priva di energie dopo ben 17 ore di travaglio.

La moglie aveva più volte chiesto ai responsabili del reparto di portare il neonato al nido del ospedale per poter riposare, anche solo per qualche ora.

Ma il permesso le era sempre stato negato.

Nei giorni successivi il fatto ha scatenato un accesso dibattito riguardante le procedure post-parto degli ospedali.

Infatti, negli ospedali solitamente è previsto il cosiddetto “rooming-in”, ovvero il neonato subito dopo il parto, viene tenuto nella stessa stanza della madre anziché in una camera in comune con altri neonati.

A questa pratica però, dovrebbe essere sempre proposta un alternativa cioè la gestione dei neonati da parte del Asilo del ospedale, fino al termine della permanenza.

Questa seconda opportunità non viene sempre tenuta in considerazione, e centinaia di donne nei giorni scorsi hanno raccontato la loro esperienza denunciando che la possibilità di usufruire del nido ospedaliero sia stata loro  negata.

Le domande che ci si pongono in questi casi sono molteplici: Cosa sarebbe accaduto se questa donna avesse potuto riposare per qualche ora? O anche solo sé qualcuno avesse avuto cura si sorvegliarla e assisterla? La pratica di rooming-in vale per qualsiasi situazione? È  davvero la scelta più adeguata?

Il drammatico evento che ha portato  il decesso del neonato di Roma dovrebbe stimolare le coscienze e una azione diretta delle istituzioni per tutelare maggiormente la salute delle donne dopo il parto.

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DALL'EUROPA

MODA/Un italiano al timone di Luis Vuitton

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Pietro Beccari è il nuovo amministratore delegato e presidente di Louis Vuitton. Un italiano, dunque, guiderà la marca francese di lusso più nota al mondo fondata da Bernard Arnault. Beccari succederà a Michael Burke. Mentre alla guida di Dior andrà Delphine Arnault, figlia primogenita dell’imprenditore attualmente “uomo più ricco del mondo” secondo Forbes. Un cambio ai vertici che era nell’aria e attendeva solo la conferma ufficiale. Questo è forse il primo dei molti i cambiamenti che attendono il mondo della moda per questo 2023, nel management come nelle direzioni creative.

Pietro Beccari, parmense classe 1967, ha iniziato il suo percorso professionale nel settore marketing di Benckiser (Italia) e Parmalat (Usa), per poi passare alla direzione generale di Henkel in Germania, dove ha ricoperto il ruolo di vicepresidente della divisione Haircare.

Nel 2006 è entrato in LVMH in qualità di vicepresidente esecutivo marketing e comunicazione per Louis Vuitton, prima di diventare Presidente e ceo di Fendi nel 2012. Da febbraio 2018 è presidente e ceo di Christian Dior Couture, oltre che membro del comitato esecutivo di LVMH.

“Pietro Beccari”, ha commentato Bernard Arnault, fondatore e CEO di LVMH: “ha svolto un lavoro eccezionale in Christian Dior negli ultimi cinque anni. La sua leadership ha accelerato il fascino e il successo di questa iconica Maison. I valori di eleganza di Monsieur Dior e il suo spirito innovativo hanno ricevuto una nuova intensità, supportata da designer di grande talento. La reinvenzione della storica boutique al 30 di Montaigne è emblematica di questo slancio. Sono certo che Pietro condurrà Louis Vuitton a un nuovo livello di successo e di desiderabilità”.

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