Connect with us

ATTUALITA'

GUERRA/C’è ancora amore tra Russia e Ucraina al suon di due vìolini

Pubblicato

il

Ci sono i bambini ucraini accompagnati dalle loro mamme nelle scuole di Uscio e nei centri di accoglienza di Rapallo, ci sono i medici e gli infermieri dell’hub di Chiavari in azione per dare ai profughi vaccini anticovid e assistenza medica, ci sono le raccolte di generi di prima necessità da portare al confine dell’Ucraina e molte altre iniziative, partite in tutto il Golfo del Tigullio e nel resto della Liguria, per accogliere chi scappa dalla guerra ed è terrorizzato dal rumore delle bombe. E poi ci sono Ksenia e Oleksandr, entrambi violinisti, lei russa, lui ucraino, che sono giunti in questi in Liguria e hanno iniziato un tour di concerti per portare un segno di pace ai due popoli in guerra.

La loro storia, scoperta dall’Ansa, ha fatto in breve il giro dei siti di informazione, è finita sui giornali e ne hanno parlato i notiziari televisivi. E’ emersa subito dopo la brutale invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito della Russia, mentre iniziavano a cadere le prime bombe e iniziavano ad arrivare le tremende immagini dei combattimenti tra i due eserciti. Il rapporto tra ucraini e russi, che si perde nella notte dei tempi, è caratterizzato da una alternanza di conflitti e alleanze, amicizia e lontananza, e proprio nel momento in cui prevale di nuovo la violenza, ecco che l’amore tra Ksenia e Oleksandr diventa simbolo di pace.
“Per noi è stato commovente ricevere questa risposta immediata dagli artisti italiani e dalle amministrazioni di diverse città italiane” ha detto il violinista ucraino Oleksandr Semchuk dopo che al teatro del Casinò di Sanremo, accompagnato dall’Orchestra Sinfonica, si è esibito assieme alla moglie, la violinista russa, Ksenia Milas, in un concerto per la pace. Sanremo è stata la prima tappa del loro progetto dal titolo “La musica che unisce” con l’obiettivo di aiutare la Croce Rossa in una raccolta fondi per l’emergenza umanitaria. Il loro esempio vuole servire anche a placare gli animi nelle accesse discussioni sul boicottaggio degli artisti e degli atleti russi. “Bisogna distinguere le persone: se parliamo di artisti che sono diventati simboli politici, indossando una veste, sicuramente la decisione di limitare la loro presenza è giusta, ma se parliamo di togliere gli artisti russi dal palco senza distinzioni diventa un approccio discriminatorio. Limitare la cultura semplicemente perché c’è un pazzoide, credo sia profondamente sbagliato”.
Il concerto è stato aperto con “Melodia”, scritta da Myroslav Skoryk, uno dei più importanti compositori ucraini del secolo scorso, per il film “Il picco del Passo Alpino’, dedicato alle imprese dei partigiani ucraini. Sul palco per questa esecuzione solo Ksenia Milas e Oleksandr Semchuk. Subito dopo, accompagnati dall’Orchestra Sinfonica di Sanremo, marito e moglie hanno eseguito un programma dedicato al compositore russo Pyotr Ilyich Tchaikovsky.
L’evento è stato sostenuto dal Comune di Sanremo: “Un’ iniziativa importante – ha detto il sindaco Alberto Biancheri – a cui vanno il mio plauso e il mio sostegno. Da Sanremo, città multiculturale in cui da sempre sono fortemente radicate le comunità russa e ucraina, un messaggio forte che va ad unirsi a milioni di voci che si stanno levando per chiedere la pace”.
Mentre Ksenia e Oleksandr suonavano, a duemila chilometri di distanza i due eserciti continuavano a colpirsi senza tregua facendo crescere la distruzione mostrata da immagini che lasciano sgomenti “La guerra è odio e odiosa – ha detto dopo il concerto russo-ucraino Giancarlo De Lorenzo, direttore dell’Orchestra Sinfonica di Sanremo – conflitti e guerre sono la negazione del pensiero e quindi dell’uomo. La musica invece unisce le culture, i popoli, le idee in una armonica e perfetta forma di bellezza. E allora ci affidiamo a lei per lanciare un messaggio di pace dove le parole e la ragione non riescono ancora ad arrivare”.

ATTUALITA'

POLITICA E ALIMENTAZIONE/La guerra agli hamburger di soia

Pubblicato

il

 

I prodotti a base vegetale stanno riempiendo sempre di più gli scaffali dei supermercati italiani.

Oggi è possibile sostituire i tradizionali prodotti a base di carne con hamburger di soia, salsicce di seitan o polpette vegetali. Il nome “hamburger di soia”, per esempio, può risultare paradossale, ma non in un mondo dove il futuro della carne è vegetale.

9 italiani su 10 sono favorevoli all’utilizzo di termini come questo, che rimandano inevitabilmente al mondo della carne con lo scopo di rendere il consumatore più consapevole del prodotto e promuovono scelte alimentari più salutari e sostenibili. È indubbio che si tratti di marketing, ma è davvero un tema su cui dover discutere?

Per alcuni deputati della Camera, sì.

Una proposta di legge che vuole vietare l’uso di nomi riconducibili alla carne per i prodotti vegetali è stata infatti presentata nella Commissione Agricoltura della Camera. L’obiettivo di questa legge è quello di difendere gli allevamenti e la produzione di carne italiana, che sarebbero svantaggiati dalla concorrenza di scelte alternative. Prodotti come la “bresaola di seitan” o la “bistecca di tofu” potrebbero, secondo i promotori della legge, indurre chi compra a pensare erroneamente che questi alimenti siano esattamente identici alla carne a livello nutrizionale.

Secondo l’organizzazione per i diritti animali “Essere Animali”, l’argomento della legge è fuorviante, perché ci sono differenze nutrizionali anche tra prodotti a base di carni diverse con lo stesso nome. I prodotti che usano questo tipo di termini, inoltre, avvicinano le persone a un’alimentazione più veg, una scelta migliore non solo per la salute ma anche per l’ambiente.

La proposta di legge, infatti, non considera i vantaggi a livello di sostenibilità ambientale che offre l’alimentazione vegetale: un report della Commissione Europea ha dimostrato che il settore zootecnico (una parte del settore primario che consiste nell’allevamento, nell’addomesticamento e nello sfruttamento di animali a fini produttivi) è responsabile per l’81- 86% delle emissioni totali di gas serra nell’agricoltura.

Per questi motivi Essere Animali ha lanciato una petizione per chiedere al Governo di impegnarsi a bloccare la proposta.

 

Continua a leggere

ATTUALITA'

MALASANITÀ/Il dramma del neonato morto al Pertini

Pubblicato

il

L’otto gennaio di quest’anno, al ospedale Pertini di Roma un neonato è morto soffocato quando la madre che lo stava allattando si addormenta.

Successivamente la procura ha aperto un fascicolo: “omicidio colposo”.

Intanto però la notizia si diffonde, e il padre del neonato racconta al Messaggero di come la donna fosse sfinita e priva di energie dopo ben 17 ore di travaglio.

La moglie aveva più volte chiesto ai responsabili del reparto di portare il neonato al nido del ospedale per poter riposare, anche solo per qualche ora.

Ma il permesso le era sempre stato negato.

Nei giorni successivi il fatto ha scatenato un accesso dibattito riguardante le procedure post-parto degli ospedali.

Infatti, negli ospedali solitamente è previsto il cosiddetto “rooming-in”, ovvero il neonato subito dopo il parto, viene tenuto nella stessa stanza della madre anziché in una camera in comune con altri neonati.

A questa pratica però, dovrebbe essere sempre proposta un alternativa cioè la gestione dei neonati da parte del Asilo del ospedale, fino al termine della permanenza.

Questa seconda opportunità non viene sempre tenuta in considerazione, e centinaia di donne nei giorni scorsi hanno raccontato la loro esperienza denunciando che la possibilità di usufruire del nido ospedaliero sia stata loro  negata.

Le domande che ci si pongono in questi casi sono molteplici: Cosa sarebbe accaduto se questa donna avesse potuto riposare per qualche ora? O anche solo sé qualcuno avesse avuto cura si sorvegliarla e assisterla? La pratica di rooming-in vale per qualsiasi situazione? È  davvero la scelta più adeguata?

Il drammatico evento che ha portato  il decesso del neonato di Roma dovrebbe stimolare le coscienze e una azione diretta delle istituzioni per tutelare maggiormente la salute delle donne dopo il parto.

Continua a leggere

DALL'EUROPA

MODA/Un italiano al timone di Luis Vuitton

Pubblicato

il

 

Pietro Beccari è il nuovo amministratore delegato e presidente di Louis Vuitton. Un italiano, dunque, guiderà la marca francese di lusso più nota al mondo fondata da Bernard Arnault. Beccari succederà a Michael Burke. Mentre alla guida di Dior andrà Delphine Arnault, figlia primogenita dell’imprenditore attualmente “uomo più ricco del mondo” secondo Forbes. Un cambio ai vertici che era nell’aria e attendeva solo la conferma ufficiale. Questo è forse il primo dei molti i cambiamenti che attendono il mondo della moda per questo 2023, nel management come nelle direzioni creative.

Pietro Beccari, parmense classe 1967, ha iniziato il suo percorso professionale nel settore marketing di Benckiser (Italia) e Parmalat (Usa), per poi passare alla direzione generale di Henkel in Germania, dove ha ricoperto il ruolo di vicepresidente della divisione Haircare.

Nel 2006 è entrato in LVMH in qualità di vicepresidente esecutivo marketing e comunicazione per Louis Vuitton, prima di diventare Presidente e ceo di Fendi nel 2012. Da febbraio 2018 è presidente e ceo di Christian Dior Couture, oltre che membro del comitato esecutivo di LVMH.

“Pietro Beccari”, ha commentato Bernard Arnault, fondatore e CEO di LVMH: “ha svolto un lavoro eccezionale in Christian Dior negli ultimi cinque anni. La sua leadership ha accelerato il fascino e il successo di questa iconica Maison. I valori di eleganza di Monsieur Dior e il suo spirito innovativo hanno ricevuto una nuova intensità, supportata da designer di grande talento. La reinvenzione della storica boutique al 30 di Montaigne è emblematica di questo slancio. Sono certo che Pietro condurrà Louis Vuitton a un nuovo livello di successo e di desiderabilità”.

Continua a leggere

Trending