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I vip, la privacy e noi: quanta tristezza dietro un po’ di popolarità

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Privacy? Ormai non esiste più! Tutti, nella vita, avremmo voluto essere famosi. Ma ci siamo mai chiesti qual è il costo della fama? Si, ci sono indubbi aspetti positivi, ma vi è anche il rovescio della medaglia:
la privacy, o per meglio dire la mancanza di essa. Non sempre ci ricordiamo che le celebrità sono costantemente sotto ai riflettori, non hanno vita privata e spesso, nemmeno le persone che li circondano possono godere davvero del quotidiano. Immedesimiamoci un attimo: i media e paparazzi sfruttano ogni instante per speculare sul loro conto, spesso ricorrendo a calunnie, notizie totalmente false o distorte; ci sono persone in costante attesa di attimi in cui non sono al meglio per fare notizia, scoop. Perché lo fanno? Perché alla fine il pubblico siamo noi, tutti vorremmo sapere di più sul conto del nostro idolo e queste notizie sulla sua vita privata ci incuriosiscono, basti pensare che esistono intere riviste dedicate al gossip. Ma a volte dovremmo metterci nei loro panni e chiederci cosa provano loro, voi non vi sentireste nudi davanti a tutti? Io si. Infatti molti attori e cantanti hanno avuto molti problemi con i paparazzi sentendosi oppressi, senza via di fuga. Come i reali William e Kate d’Inghilterra, che hanno affermato di essere stanchi dei giornalisti che stanno loro costantemente addosso, o Rihanna che si lamenta dei paparazzi troppo invadenti, Cara Delevigne – ex modella e ora attrice – che su Twitter ha scritto di un giornalista che ha cercato di fotografarla sotto la gonna, o Justin Bieber che, arrivato a Berlino per promuovere il suo nuovo singolo, ha dato una sportellata accidentale con la macchina a un giornalista che gli stava col fiato sul collo fin dal suo atterraggio. Ma la dichiarazione che più mi ha raggelato è quella della celebre cantante Taylor Swift che ha affermato: “Qualcuno là fuori è pagato per scoprire cose di me che io non voglio si sappiano. Setacciano la tua carriera, cercano verità nascoste e i fatti più dolorosi. Io non mi spoglio mai nelle foto, sono molto riservata. Mi spaventa pensare quanto possa valere un video di me che cambio abito prima di un concerto. È triste dover andare a cercare le telecamere in bagno e in camerino. Non vado mai in giro nuda per casa, perché so che anche questo può valere molti soldi”. Il prezzo della fama a volte è proprio questo: un’intima tristezza che ci fa perdere dignità. Ma siamo davvero sicuri che valga la pena diventare famosi?

Giorgia

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POLITICA E ALIMENTAZIONE/La guerra agli hamburger di soia

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I prodotti a base vegetale stanno riempiendo sempre di più gli scaffali dei supermercati italiani.

Oggi è possibile sostituire i tradizionali prodotti a base di carne con hamburger di soia, salsicce di seitan o polpette vegetali. Il nome “hamburger di soia”, per esempio, può risultare paradossale, ma non in un mondo dove il futuro della carne è vegetale.

9 italiani su 10 sono favorevoli all’utilizzo di termini come questo, che rimandano inevitabilmente al mondo della carne con lo scopo di rendere il consumatore più consapevole del prodotto e promuovono scelte alimentari più salutari e sostenibili. È indubbio che si tratti di marketing, ma è davvero un tema su cui dover discutere?

Per alcuni deputati della Camera, sì.

Una proposta di legge che vuole vietare l’uso di nomi riconducibili alla carne per i prodotti vegetali è stata infatti presentata nella Commissione Agricoltura della Camera. L’obiettivo di questa legge è quello di difendere gli allevamenti e la produzione di carne italiana, che sarebbero svantaggiati dalla concorrenza di scelte alternative. Prodotti come la “bresaola di seitan” o la “bistecca di tofu” potrebbero, secondo i promotori della legge, indurre chi compra a pensare erroneamente che questi alimenti siano esattamente identici alla carne a livello nutrizionale.

Secondo l’organizzazione per i diritti animali “Essere Animali”, l’argomento della legge è fuorviante, perché ci sono differenze nutrizionali anche tra prodotti a base di carni diverse con lo stesso nome. I prodotti che usano questo tipo di termini, inoltre, avvicinano le persone a un’alimentazione più veg, una scelta migliore non solo per la salute ma anche per l’ambiente.

La proposta di legge, infatti, non considera i vantaggi a livello di sostenibilità ambientale che offre l’alimentazione vegetale: un report della Commissione Europea ha dimostrato che il settore zootecnico (una parte del settore primario che consiste nell’allevamento, nell’addomesticamento e nello sfruttamento di animali a fini produttivi) è responsabile per l’81- 86% delle emissioni totali di gas serra nell’agricoltura.

Per questi motivi Essere Animali ha lanciato una petizione per chiedere al Governo di impegnarsi a bloccare la proposta.

 

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MALASANITÀ/Il dramma del neonato morto al Pertini

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L’otto gennaio di quest’anno, al ospedale Pertini di Roma un neonato è morto soffocato quando la madre che lo stava allattando si addormenta.

Successivamente la procura ha aperto un fascicolo: “omicidio colposo”.

Intanto però la notizia si diffonde, e il padre del neonato racconta al Messaggero di come la donna fosse sfinita e priva di energie dopo ben 17 ore di travaglio.

La moglie aveva più volte chiesto ai responsabili del reparto di portare il neonato al nido del ospedale per poter riposare, anche solo per qualche ora.

Ma il permesso le era sempre stato negato.

Nei giorni successivi il fatto ha scatenato un accesso dibattito riguardante le procedure post-parto degli ospedali.

Infatti, negli ospedali solitamente è previsto il cosiddetto “rooming-in”, ovvero il neonato subito dopo il parto, viene tenuto nella stessa stanza della madre anziché in una camera in comune con altri neonati.

A questa pratica però, dovrebbe essere sempre proposta un alternativa cioè la gestione dei neonati da parte del Asilo del ospedale, fino al termine della permanenza.

Questa seconda opportunità non viene sempre tenuta in considerazione, e centinaia di donne nei giorni scorsi hanno raccontato la loro esperienza denunciando che la possibilità di usufruire del nido ospedaliero sia stata loro  negata.

Le domande che ci si pongono in questi casi sono molteplici: Cosa sarebbe accaduto se questa donna avesse potuto riposare per qualche ora? O anche solo sé qualcuno avesse avuto cura si sorvegliarla e assisterla? La pratica di rooming-in vale per qualsiasi situazione? È  davvero la scelta più adeguata?

Il drammatico evento che ha portato  il decesso del neonato di Roma dovrebbe stimolare le coscienze e una azione diretta delle istituzioni per tutelare maggiormente la salute delle donne dopo il parto.

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DALL'EUROPA

MODA/Un italiano al timone di Luis Vuitton

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Pietro Beccari è il nuovo amministratore delegato e presidente di Louis Vuitton. Un italiano, dunque, guiderà la marca francese di lusso più nota al mondo fondata da Bernard Arnault. Beccari succederà a Michael Burke. Mentre alla guida di Dior andrà Delphine Arnault, figlia primogenita dell’imprenditore attualmente “uomo più ricco del mondo” secondo Forbes. Un cambio ai vertici che era nell’aria e attendeva solo la conferma ufficiale. Questo è forse il primo dei molti i cambiamenti che attendono il mondo della moda per questo 2023, nel management come nelle direzioni creative.

Pietro Beccari, parmense classe 1967, ha iniziato il suo percorso professionale nel settore marketing di Benckiser (Italia) e Parmalat (Usa), per poi passare alla direzione generale di Henkel in Germania, dove ha ricoperto il ruolo di vicepresidente della divisione Haircare.

Nel 2006 è entrato in LVMH in qualità di vicepresidente esecutivo marketing e comunicazione per Louis Vuitton, prima di diventare Presidente e ceo di Fendi nel 2012. Da febbraio 2018 è presidente e ceo di Christian Dior Couture, oltre che membro del comitato esecutivo di LVMH.

“Pietro Beccari”, ha commentato Bernard Arnault, fondatore e CEO di LVMH: “ha svolto un lavoro eccezionale in Christian Dior negli ultimi cinque anni. La sua leadership ha accelerato il fascino e il successo di questa iconica Maison. I valori di eleganza di Monsieur Dior e il suo spirito innovativo hanno ricevuto una nuova intensità, supportata da designer di grande talento. La reinvenzione della storica boutique al 30 di Montaigne è emblematica di questo slancio. Sono certo che Pietro condurrà Louis Vuitton a un nuovo livello di successo e di desiderabilità”.

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