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ATTUALITA'

Ibernazione/Un “folle volo” nella fantascienza o un inno alla vita?

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di Alberto Z. e Arturo

– J.S., una ragazza quattordicenne inglese affetta da una rara forma di cancro, decide di sottoporsi al processo di crioconservazione (o ibernazione), progetto portato avanti da due laboratori all’avanguardia, uno in Russia e uno negli USA. Il padre, che non vedeva dal 2008, si oppone, negandole il permesso di sottoporsi alla costosa operazione, ma lei lo porta in tribunale e vince la causa. J.S. è stata di recente ibernata, ha programmato di essere risvegliata fra 100 anni, quando allora, forse, avranno trovato una cura. È un gesto di speranza, è un inno alla vita.

Ibernazione, scienza o fantascienza
L’ibernazione o crioconservazione consiste nella conservazione di un corpo sotto particolari condizioni. Si effettua prima della morte cerebrale, in caso di coma irreversibile o per evitare la morte a causa di un male incurabile. Fin dalla uscita dei primi film di fantascienza, l’ibernazione è stato uno dei sogni dell’umanità. In Avatar, pluripremiato film scritto e diretto nel 2009 da James Cameron, la tecnica dell’ibernazione veniva applicata ai corpi così che potessero affrontare lunghi viaggi nell’ iperspazio e giungere a destinazione in perfetta forma fisica. Insomma, un qualcosa di impensabile nella realtà, soprattutto se consideriamo che per compiere questi viaggi dovremmo superare la velocità della luce. Allora perché parliamo di crioconservazione? Alcuni sostengono che si possa usufruire di questa tecnica in medicina. Al momento è infatti possibile portare un corpo ad una condizione tale da poterlo conservare evitando che le cellule cerebrali vengano distrutte. E così una ragazza inglese di quattordici anni, malata di una grave ed incurabile forma di cancro, ha a lungo lottato per ottenere il permesso di entrare a far parte di un progetto di crioconservazione, con la speranza che, fra cent’anni, possano risvegliarla e trovare una cura al suo male.

Il diritto alla speranza
La ragazza, di cui conosciamo solo le iniziali J.S., non si è voluta arrendere al suo male – racconta la madre – e anzi ha fatto una cosa molto comune fra i giovani della sua età: si è informata sul web, circa una possibile cura. Così, ha scoperto il programma di crioconservazione, sviluppato in Russia e negli USA. La madre ha subito dato l’autorizzazione affinché fosse sottoposta a questa pratica innovativa, che avrebbe comportato un costo di 40.000 euro. Ma altrettanto favorevole alla procedura non si è dimostrato il padre, che non vedeva né la figlia né la ex-moglie dal 2008. J.S. non ci ha pensato due volte a intervenire nell’ aula del tribunale per sottrarsi alla giurisdizione del padre. Il giudice, colpito dalle sue parole e dalla sua volontà, le ha quindi concesso il permesso di sottoporsi al trattamento, nonostante ciò andasse contro alla volontà del padre. La ragazza, morta qualche settimana fa, è stata sottoposta subito dopo il decesso a condizioni tali da permettere il congelamento del corpo preservando le cellule cerebrali. Il “risveglio” è stato programmato tra 100 anni. Nessuno sa ancora se esisterà un modo per “riportarla in vita”, né si sa se, qualora anche vi riuscissero, avranno trovato una cura alla sua rara forma di cancro. Molto probabilmente è un’utopia, un folle gesto di una ragazzina, che non si è voluta arrendere ad un nemico molto più grande di lei. C’è chi sostiene che il suo sia stato solo un sogno e tale rimarrà. Ma, forse, le cose impossibili non sono veramente tali: l’impossibile richiede solo più tempo per essere realizzato.

Il punto di vista del padre
Perché il padre si è opposto tanto fermamente alla volontà della figlia al punto di costringerla a rivolgersi ad un tribunale? Questo non possiamo saperlo. Forse, il padre riteneva stupido che si investissero 40.000 euro in una tale follia, ha pensato che una così minima possibilità di sopravvivere non valesse quella cifra. È così che, in questa vicenda, è stato delineato come una figura mostruosa, insensibile. Forse invece potrebbe avere agito mosso da altre motivazioni. Una tale procedura avrebbe potuto alimentare false speranze nella figlia e in tutta la famiglia, creando una situazione utopica insostenibile per chiunque. Che abbia voluto evitare di alimentare una speranza, un’attesa, con ogni probabilità destinata a concludersi in una delusione? Anche questo non possiamo saperlo. Il padre ha chiesto alla figlia di poterle fare visita durante i suoi ultimi giorni di vita. Lei gli ha negato il permesso. Quella del padre rimane dunque una figura difficile da comprendere, che nasconde una profonda complessità, quella di un uomo che non è mai stato vicino alla propria figlia, ma che, forse, in fondo la amava come un qualsiasi altro padre può amare un figlio.

Il risveglio: una prova di coraggio
Cosa capiterà a J.S. qualora davvero riuscissero a “riportarla in vita” e a curarla? È una domanda che alcuni di noi, e probabilmente J.S. stessa, si sono posti. La risposta è semplice: si risveglierà in un futuro senz’altro diverso dal passato in cui si è “assopita”. E allora sarà sola, senza l’affetto dei propri cari, senza alcun volto a lei noto, magari con qualche pronipote che neppure saprà della sua esistenza. Ambientarsi sarà estremamente difficile, dal momento che si ritroverà catapultata in una realtà che non le appartiene. È per questo che il suo, citando Dante, “folle volo” verso il futuro non è solo un sogno, ma è anche il coraggio di affrontare un incubo. Non è un inno alla speranza, è un inno alla vita. Se vivrà, J.S. dovrà affrontare un mondo a lei avverso – ed ha solo 14 anni – eppure, se dopo questi cent’anni non avrà perso questo suo coraggio, riuscirà a ricostruirsi una vita e a realizzare il proprio sogno.

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ATTUALITA'

MALASANITÀ/Il dramma del neonato morto al Pertini

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L’otto gennaio di quest’anno, al ospedale Pertini di Roma un neonato è morto soffocato quando la madre che lo stava allattando si addormenta.

Successivamente la procura ha aperto un fascicolo: “omicidio colposo”.

Intanto però la notizia si diffonde, e il padre del neonato racconta al Messaggero di come la donna fosse sfinita e priva di energie dopo ben 17 ore di travaglio.

La moglie aveva più volte chiesto ai responsabili del reparto di portare il neonato al nido del ospedale per poter riposare, anche solo per qualche ora.

Ma il permesso le era sempre stato negato.

Nei giorni successivi il fatto ha scatenato un accesso dibattito riguardante le procedure post-parto degli ospedali.

Infatti, negli ospedali solitamente è previsto il cosiddetto “rooming-in”, ovvero il neonato subito dopo il parto, viene tenuto nella stessa stanza della madre anziché in una camera in comune con altri neonati.

A questa pratica però, dovrebbe essere sempre proposta un alternativa cioè la gestione dei neonati da parte del Asilo del ospedale, fino al termine della permanenza.

Questa seconda opportunità non viene sempre tenuta in considerazione, e centinaia di donne nei giorni scorsi hanno raccontato la loro esperienza denunciando che la possibilità di usufruire del nido ospedaliero sia stata loro  negata.

Le domande che ci si pongono in questi casi sono molteplici: Cosa sarebbe accaduto se questa donna avesse potuto riposare per qualche ora? O anche solo sé qualcuno avesse avuto cura si sorvegliarla e assisterla? La pratica di rooming-in vale per qualsiasi situazione? È  davvero la scelta più adeguata?

Il drammatico evento che ha portato  il decesso del neonato di Roma dovrebbe stimolare le coscienze e una azione diretta delle istituzioni per tutelare maggiormente la salute delle donne dopo il parto.

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DALL'EUROPA

MODA/Un italiano al timone di Luis Vuitton

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Pietro Beccari è il nuovo amministratore delegato e presidente di Louis Vuitton. Un italiano, dunque, guiderà la marca francese di lusso più nota al mondo fondata da Bernard Arnault. Beccari succederà a Michael Burke. Mentre alla guida di Dior andrà Delphine Arnault, figlia primogenita dell’imprenditore attualmente “uomo più ricco del mondo” secondo Forbes. Un cambio ai vertici che era nell’aria e attendeva solo la conferma ufficiale. Questo è forse il primo dei molti i cambiamenti che attendono il mondo della moda per questo 2023, nel management come nelle direzioni creative.

Pietro Beccari, parmense classe 1967, ha iniziato il suo percorso professionale nel settore marketing di Benckiser (Italia) e Parmalat (Usa), per poi passare alla direzione generale di Henkel in Germania, dove ha ricoperto il ruolo di vicepresidente della divisione Haircare.

Nel 2006 è entrato in LVMH in qualità di vicepresidente esecutivo marketing e comunicazione per Louis Vuitton, prima di diventare Presidente e ceo di Fendi nel 2012. Da febbraio 2018 è presidente e ceo di Christian Dior Couture, oltre che membro del comitato esecutivo di LVMH.

“Pietro Beccari”, ha commentato Bernard Arnault, fondatore e CEO di LVMH: “ha svolto un lavoro eccezionale in Christian Dior negli ultimi cinque anni. La sua leadership ha accelerato il fascino e il successo di questa iconica Maison. I valori di eleganza di Monsieur Dior e il suo spirito innovativo hanno ricevuto una nuova intensità, supportata da designer di grande talento. La reinvenzione della storica boutique al 30 di Montaigne è emblematica di questo slancio. Sono certo che Pietro condurrà Louis Vuitton a un nuovo livello di successo e di desiderabilità”.

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ATTUALITA'

SCONTRO TRA TIFOSI SULLA A1/ quando la partita si “gioca” anche fuori dal campo

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Domenica otto gennaio, sulla A1, i tifosi del Napoli battezzano l’anno nuovo con le spranghe.

È l’area di servizio Badia al Pino, nei pressi di Arezzo, l’autogrill che ha dato luogo allo scontro tra gli ultrà del Napoli e quelli della Roma.

Secondo quanto riportato dalle fonti della polizia, sarebbero 80 tifosi partenopei che, con certezza, erano presenti in quel luogo al momento delle scontro con gli abitanti della capitale, e che stanno cercando di identificare.

Invece, quattro sarebbero i tifosi napoletani, di età compresa tra i 21 e i 27 anni, ad essere stati inseguiti e successivamente fermati dagli agenti di polizia, intenti a forzare un posto di blocco a Genova Nervi. Nel loro bagagliaio erano presenti delle mazze.

 

La ricostruzione dei fatti:

Secondo i dati riportati, i tifosi napoletani diretti a Genova, che si sono fermati nell’area di servizio che ha ospitato lo scontro, sarebbero stati circa 350. A intervenire subito sul luogo è stato il personale delle forze di polizia di Arezzo, che ha impedito che la situazione, già critica di per sé, si aggravasse in modo precipitoso. Il corpo di polizia avrebbe, infatti, fermato in tempo il transito di tifosi romanisti i quali, si era appreso, che fossero diretti nello stesso itinerario, per raggiungere lo stadio San Siro di Milano(per lo scontro con il Milan).

Ad aggiungersi a quelli provenienti da Arezzo, sarebbero stati altri agenti, diretti da Arno.

I tifosi della Roma in transito raccontano del loro viaggio verso Milano: una volta nei pressi di Genova, entrati a conoscenza della presenza dei partenopei nelle vicinanze, la marcia sarebbe rallentata, fino a fermarsi all’area di sosta. Proprio in questo luogo, una parte dei tifosi campani, posizionatosi lungo la recinzione, ha iniziato a scagliare oggetti contro le autovetture degli avversari.

Immediatamente, entrambi gli esponenti delle tifoserie si sono trasferiti verso l’uscita dell’area di sosta, dove i lanci di oggetti, quali bottiglie, coltelli, spranghe, fumogeni e non solo, sono continuati per brevi attimi; proprio in questo momento, un tifoso romanista sarebbe rimasto ferito da un’arma da taglio risultando in codice giallo.

In seguito all’accaduto, i tifosi romanisti sarebbero poi ripartiti dopo poco tempo, mentre i napoletani scortati dalle forze di polizia fino alla Stadio Luigi Ferraris di Genova, dove si é tenuto il match Sampdoria-Napoli.

In direzione nord, l’autostrada é rimasta chiusa per circa cinquanta minuti.

Quanto accaduto non risulta essere un fatto eccezionale. Gli scontri tra squadre avversarie, scaturiti dal desiderio di vendetta, o da semplice smania di violenza, avvengono, purtroppo, in modo molto frequente; esattamente come furti e atti vandalici nelle aree di servizio.

E allora diventa inevitabile domandarsi: è lecito che il tifo si trasformi in delinquenza?

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