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ATTUALITA'

#IConflittidelVenerdi – Afghanistan, ce ne siamo dimenticati?

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Questo venerdì vorremmo raccontare ciò che è successo ultimamente in Afghanistan, un altro Paese dilaniato da una guerra civile fra i Talebani e le truppe del governo afgano supportato dagli USA, in particolare vorremmo focalizzare l’attenzione su ciò che è accaduto nel mese di marzo; tratteremo di attacchi terrostici di matrice jihadista e di violenze perpetrate dalle stesse forze governative. Scopriremo inoltre quanto vale un afgano secondo gli Stati Uniti.

1 MARZO 2017

A Kabul i Talebani hanno attaccato alcuni obiettivi militari (commissariati, sedi dell’Intelligence e basi militari) provocando,nello scontro con l’esercito afgano, almeno 16 morti.

Il susseguirsi di attacchi terroristici ha inoltre reso più difficile il rientro di cittadini afgani nel proprio Paese.

8 MARZO 2017

Un ospedale militare di Kabul, il Sardar Daud (uno dei più importanti ospedali militari del Paese) è stato attaccato da 4 attentatori vestiti da medici, sparando sul personale e sui pazienti, causando 47 morti e 113 feriti sui 400 ricoverati in ospedale. Secondo le autorità afgane tutti gli aggressori sono stati uccisi e l’attacco è stato rivendicato dall’Is.

13 MARZO 2017

Un’esplosione in pieno centro a Kabul ha causato 1 morto e 19 feriti, tra cui 4 donne. L’attacco non è stato rivendicato.

17 MARZO 2017

Quattro uomini armati hanno attaccato una base militare nella provincia afgana di Khost, uccidendo un soldato e rimanendo a loro volta uccisi. L’attacco è stato rivendicato dai Talebani.

L’USANZA DEL BACHA BAZI

Oltre a queste disgrazie, in Afghanistan sopravvive ancora oggi l’usanza del “Bacha Bazi”, la riduzione ala schiavitù sessuale di ragazzini, perpetrata da molti soldati afgani. La popolazione non può nulla contro questa terribile usanza, in quanto i colpevoli sono coloro che dovrebbero fare rispettare la legge; i ragazzini vengono appositamente scelti per le loro qualità fisiche e quindi rapiti, sparendo dalla circolazione fino a quando diventano adolescenti e privi di attrattiva e quindi abbandonati al loro destino, lasciando strascichi psicologici che si porteranno dietro per tutta la vita.

QUANTO COSTA UNA VITTIMA AFGANA?

Per chiudere, vorremmo mostrarvi come gli USA si siano impegnati a risarcire coloro che sono stati feriti da operazioni militari a loro ricollegabili ed ai parenti delle vittime; poche migliaia di dollari. In totale gli Stati Uniti hanno pagato alle famiglie afghane circa 1.2  milioni di dollari di risarcimenti per 101 vittime e 270 feriti dalla fine del 2013 al 2016. Questi soldi inoltre sono stati assegnati in quanto i Talebani avevano iniziato a risarcire  alcune vittime della guerra, portandoli sotto la propria ala protettrice, per cui risulta evidente come questi risarcimenti abbiano uno scopo puramente politico e per nulla umano.

CONCLUSIONI

Come avete appena letto, la situazione in Afghanistan non è assolutamente tranquilla, ogni anno perdono la vita migliaia di persone, soprattutto civili, ed è importante che se ne parli per denunciare la condizione della popolazione di questo Paese distrutto.

Se avete il desiderio di leggere altri articoli della medesima rubrica:
Yemen, un altro scempio supportato da noi occidentali

Ucraina, cosa sta succedendo?
I Balcani sono così tranquilli come li si dipinge?

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POLITICA E ALIMENTAZIONE/La guerra agli hamburger di soia

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I prodotti a base vegetale stanno riempiendo sempre di più gli scaffali dei supermercati italiani.

Oggi è possibile sostituire i tradizionali prodotti a base di carne con hamburger di soia, salsicce di seitan o polpette vegetali. Il nome “hamburger di soia”, per esempio, può risultare paradossale, ma non in un mondo dove il futuro della carne è vegetale.

9 italiani su 10 sono favorevoli all’utilizzo di termini come questo, che rimandano inevitabilmente al mondo della carne con lo scopo di rendere il consumatore più consapevole del prodotto e promuovono scelte alimentari più salutari e sostenibili. È indubbio che si tratti di marketing, ma è davvero un tema su cui dover discutere?

Per alcuni deputati della Camera, sì.

Una proposta di legge che vuole vietare l’uso di nomi riconducibili alla carne per i prodotti vegetali è stata infatti presentata nella Commissione Agricoltura della Camera. L’obiettivo di questa legge è quello di difendere gli allevamenti e la produzione di carne italiana, che sarebbero svantaggiati dalla concorrenza di scelte alternative. Prodotti come la “bresaola di seitan” o la “bistecca di tofu” potrebbero, secondo i promotori della legge, indurre chi compra a pensare erroneamente che questi alimenti siano esattamente identici alla carne a livello nutrizionale.

Secondo l’organizzazione per i diritti animali “Essere Animali”, l’argomento della legge è fuorviante, perché ci sono differenze nutrizionali anche tra prodotti a base di carni diverse con lo stesso nome. I prodotti che usano questo tipo di termini, inoltre, avvicinano le persone a un’alimentazione più veg, una scelta migliore non solo per la salute ma anche per l’ambiente.

La proposta di legge, infatti, non considera i vantaggi a livello di sostenibilità ambientale che offre l’alimentazione vegetale: un report della Commissione Europea ha dimostrato che il settore zootecnico (una parte del settore primario che consiste nell’allevamento, nell’addomesticamento e nello sfruttamento di animali a fini produttivi) è responsabile per l’81- 86% delle emissioni totali di gas serra nell’agricoltura.

Per questi motivi Essere Animali ha lanciato una petizione per chiedere al Governo di impegnarsi a bloccare la proposta.

 

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MALASANITÀ/Il dramma del neonato morto al Pertini

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L’otto gennaio di quest’anno, al ospedale Pertini di Roma un neonato è morto soffocato quando la madre che lo stava allattando si addormenta.

Successivamente la procura ha aperto un fascicolo: “omicidio colposo”.

Intanto però la notizia si diffonde, e il padre del neonato racconta al Messaggero di come la donna fosse sfinita e priva di energie dopo ben 17 ore di travaglio.

La moglie aveva più volte chiesto ai responsabili del reparto di portare il neonato al nido del ospedale per poter riposare, anche solo per qualche ora.

Ma il permesso le era sempre stato negato.

Nei giorni successivi il fatto ha scatenato un accesso dibattito riguardante le procedure post-parto degli ospedali.

Infatti, negli ospedali solitamente è previsto il cosiddetto “rooming-in”, ovvero il neonato subito dopo il parto, viene tenuto nella stessa stanza della madre anziché in una camera in comune con altri neonati.

A questa pratica però, dovrebbe essere sempre proposta un alternativa cioè la gestione dei neonati da parte del Asilo del ospedale, fino al termine della permanenza.

Questa seconda opportunità non viene sempre tenuta in considerazione, e centinaia di donne nei giorni scorsi hanno raccontato la loro esperienza denunciando che la possibilità di usufruire del nido ospedaliero sia stata loro  negata.

Le domande che ci si pongono in questi casi sono molteplici: Cosa sarebbe accaduto se questa donna avesse potuto riposare per qualche ora? O anche solo sé qualcuno avesse avuto cura si sorvegliarla e assisterla? La pratica di rooming-in vale per qualsiasi situazione? È  davvero la scelta più adeguata?

Il drammatico evento che ha portato  il decesso del neonato di Roma dovrebbe stimolare le coscienze e una azione diretta delle istituzioni per tutelare maggiormente la salute delle donne dopo il parto.

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DALL'EUROPA

MODA/Un italiano al timone di Luis Vuitton

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Pietro Beccari è il nuovo amministratore delegato e presidente di Louis Vuitton. Un italiano, dunque, guiderà la marca francese di lusso più nota al mondo fondata da Bernard Arnault. Beccari succederà a Michael Burke. Mentre alla guida di Dior andrà Delphine Arnault, figlia primogenita dell’imprenditore attualmente “uomo più ricco del mondo” secondo Forbes. Un cambio ai vertici che era nell’aria e attendeva solo la conferma ufficiale. Questo è forse il primo dei molti i cambiamenti che attendono il mondo della moda per questo 2023, nel management come nelle direzioni creative.

Pietro Beccari, parmense classe 1967, ha iniziato il suo percorso professionale nel settore marketing di Benckiser (Italia) e Parmalat (Usa), per poi passare alla direzione generale di Henkel in Germania, dove ha ricoperto il ruolo di vicepresidente della divisione Haircare.

Nel 2006 è entrato in LVMH in qualità di vicepresidente esecutivo marketing e comunicazione per Louis Vuitton, prima di diventare Presidente e ceo di Fendi nel 2012. Da febbraio 2018 è presidente e ceo di Christian Dior Couture, oltre che membro del comitato esecutivo di LVMH.

“Pietro Beccari”, ha commentato Bernard Arnault, fondatore e CEO di LVMH: “ha svolto un lavoro eccezionale in Christian Dior negli ultimi cinque anni. La sua leadership ha accelerato il fascino e il successo di questa iconica Maison. I valori di eleganza di Monsieur Dior e il suo spirito innovativo hanno ricevuto una nuova intensità, supportata da designer di grande talento. La reinvenzione della storica boutique al 30 di Montaigne è emblematica di questo slancio. Sono certo che Pietro condurrà Louis Vuitton a un nuovo livello di successo e di desiderabilità”.

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