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L'EDITORIALE

Il mio XXV aprile

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di Federico Lobiano

-Il 25 aprile, festa nazionale della liberazione della nostra patria dai tedeschi, è una festa che oggi non è sentita più di tanto, una festa a cui ormai i ragazzi d’oggi non fanno caso e che si limitano a considerare come una breve pausa dalla scuola. In realtà, il 25 aprile è molto di più, è il risultato di una battaglia incessante e sanguigna che aveva come scopo la libertà del nostro paese. È costata vite di uomini valorosi, perciò  dovrebbe essere onorata anche  solo per dare lustro alla loro memoria e riportare alla luce le loro gesta. Lo scarso entusiasmo riscontrato in merito a quest’importante festività è dovuto al fatto che a nessun ragazzo interessa un qualcosa che è scontato. Negli anni della guerra, invece, un ragazzo avrebbe dato la vita per vedere il suo stato libero. Per noi che siamo nati in uno stato libero, forse, è normale non dar peso ai fatti avvenuti in un  passato “vago e lontano”, senza ricordarsi che è solo grazie allo sforzo di milioni di persone vissute proprio in quell’oscuro passato se ora possiamo vivere in un paese libero, democratico, che rispetta i suoi cittadini e ne tutela i diritti. Quindi perché non dedicarci un po’ di attenzione, o per lo meno dedicarci alcuni minuti della nostra giornata e ricordare gli immensi sforzi per la formazione di questo stato, che del resto, è ancora in fase di sviluppamento?

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L'EDITORIALE

COCCODRILLI/Maria De Filippi, schermo nero su canale cinque

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Maria De Filippi, la regina della televisione italiana, ha conquistato il cuore degli spettatori italiani per oltre trent’anni. Conosciuta per la sua empatia, la sua determinazione e la sua professionalità, Maria è diventata una delle figure più influenti del panorama televisivo italiano.

La carriera di Maria De Filippi è iniziata alla fine degli anni ’80, quando ha iniziato a lavorare per Mediaset, la più grande emittente televisiva privata italiana. Nel corso degli anni, Maria ha condotto molti programmi di successo, tra cui “Amici di Maria De Filippi”, “Uomini e Donne” e “C’è posta per te”. Grazie al suo talento e alla sua capacità di coinvolgere il pubblico, Maria è diventata un’icona della televisione italiana.

Oltre al suo lavoro in televisione, Maria De Filippi è anche una produttrice di successo. Ha fondato la sua casa di produzione, la Fascino PGT, che ha prodotto molti programmi di successo, tra cui “Amici di Maria De Filippi”, “C’è posta per te” e “Uomini e Donne”. Grazie alla sua esperienza e alla sua creatività, Maria ha contribuito a creare molti programmi di successo, che hanno divertito e coinvolto il pubblico italiano.

Maria De Filippi è anche una donna molto riservata. Non parla spesso della sua vita privata e delle sue relazioni personali. Tuttavia, nel corso degli anni, ha instaurato legami forti con colleghi diventati poi amici. In particolare, con il noto conduttore televisivo Gerry Scotti, che ha collaborato con Maria in molti programmi di successo e con Sabrina Ferilli la sua più grande amica.

In ogni caso, Maria De Filippi rimarrà per sempre una delle figure più amate e rispettate della televisione italiana. Grazie al suo talento, alla sua determinazione e alla sua capacità di coinvolgere il pubblico, Maria ha creato un legame speciale con gli spettatori italiani. Anche dopo la morte di suo marito, Maurizio Costanzo, Maria è sempre riuscita a mantenere la sua dignità e il suo rispetto, dimostrando di essere una persona di grande integrità e professionalità, continuando, a testa alta, il suo lavoro fino a pochi giorni fa.
Con quanto dolore riusciremo a passare su canale cinque senza pensare a lei…

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L'EDITORIALE

ISTRUZIONE/A scuola si muore

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O ti sparano…

L’istruzione è un diritto. In una società moderna come la nostra non ci dovrebbe essere ombra di dubbio. Forse un diritto potrebbe essere anche quello di sentirsi al sicuro nelle scuole, quanto basta da non essere freddati in corridoio.

In un istituto del Tennessee, USA, ieri hanno ammazzato tre adulti e tre bambini. Colpevoli due fucili d’assalto e una pistola, di certo non il materiale per un colloquio con la maestra.

È una storia già sentita, i nomi degli assassini si ricordano poco, quelli delle vittime anche meno. Ogni volta che sparano a scuola questioniamo (legittimamente) chi ha premuto il grilletto, ma poco importa ai più il fatto che parte delle armi sono state acquistate legalmente. Qualcuno ha permesso una facile distribuzione delle armi da fuoco.

Non per minimizzare le vite di coloro che a scuola lavoravano, ma sono morti dei bambini di nove anni, che a scuola andavano obbligati. Da qualche parte ci sono dei genitori che hanno mandato a morte i propri figli, aiutandoli a fare lo zainetto la mattina.

 

O ti uccidi?

Non dobbiamo cercare negli Stati Uniti gli studenti che si sono tolti la vita a scuola, ce ne sono molti anche in Italia. In questo caso risulta più difficile puntare il dito contro il reo, dato che l’azione più estrema di tutte è il frutto di molti fattori, che conosce solo chi decide di compierla.

 

Ma perchè a scuola?

Magari la goccia che fa traboccare il vaso è un attacco d’ansia, magari l’obiettivo è mandare un messaggio. Nella seconda ipotesi, la più probabile a mio avviso, si intravede il ruolo significativo ricoperto dal luogo, dove si insegna, si impara, si cresce. Si lascia il segno, anche. Magari il silenzioso e inascoltato grido d’aiuto della 19enne che due mesi fa si è suicidata allo IULM di Milano, nei bagni, sarà ricordato.

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L'EDITORIALE

IRAN/Quando il problema è di chi comanda

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Che cosa è un cittadino? Usando la definizione di Treccani: “Chi appartiene a uno stato (cioè a una comunità politica, a una nazione), e per tale sua condizione è soggetto a particolari doveri e gode di determinati diritti”. E lo stato non è forse la quintessenza della volontà dei cittadini che lo compongono?

La repressione

Al termine di un 2022 di continue proteste, ci chiediamo se le donne, sempre più soffocate in Iran, si possano definire cittadine di uno stato che non viene loro incontro, e che certamente non le rappresenta.

Perché è indubbiamente semplice chiudere un occhio sull’insignificante questione dei diritti umani, ma irrazionale non aspettarsi che il popolo da te rappresentato non vada d’amore e d’accordo con questa decisione.

Le risposte violente delle autorità, condite da sparatorie sulla folla, interrogatori duri (leggi: tortura) e molti altri trattamenti di favore, fanno presumere che il presidente, Ebrahim Raisi, non abbia davvero tutto sotto controllo, come invece ha fatto intendere nelle sue ultime dichiarazioni.

Il ruolo dello sport

Come già abbiamo potuto osservare in molti scenari di questo stampo, lo sport si fa spesso carico delle voci più coraggiose, che mettono in gioco il percorso di una vita, le fatiche degli allenamenti e la possibilità di partecipare a competizioni importanti, nella speranza di un futuro migliore.

Tutte le donne che dall’Iran fanno sentire la protesta attraverso lo sport vanno riconosciute, ma sentiamo particolarmente vicine la 22enne Mahsa Amini, fermata a Teheran e arrestata perché non indossava correttamente l’hijab, morta tre giorni dopo, e Elnaz Rekabi, la scalatrice vittima di numerose minacce, la cui casa è stata persino demolita (la CNN su Twitter).

“Ci moltiplichiamo”

Queste le parole di speranza che hanno iniziato a circolare su Twitter, da quando Sara Khadim ha partecipato, senza l’hijab, al campionato del mondo di scacchi in Kazakistan. La giovane donna, di soli 25 anni, ha dimostrato una strenua resistenza nei confronti delle minacce ricevute, e il suo contributo alla causa è senz’altro molto discusso.

A farsi sentire, però, non è solo qualche sportivo o alcuni personaggi di rilievo, ma da circa tre mesi continuano le proteste da parte di un popolo piegato dalla tirannia: queste di recente hanno assunto anche i primi colori della violenza (molotov lanciate in edifici religiosi), preannunciando un non così lontano botta e risposta tra polizia e manifestanti.

Fino a che punto si considerano accettabili le azioni di un popolo delegittimato? Ribaltare il potere può davvero portare al miglioramento della condizione delle donne in Iran?

 

 

 

 

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