Ezio Bosso, l’aereo e le stelle

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di Federico Pichetto

– La settimana che si chiude è stata per noi italiani davvero decisiva. In un clima economico che dà generali segni di stagnazione, e quindi di possibile nuovo peggioramento, mentre fuori e dentro il Parlamento si continua a discutere di Unioni Civili, tre fatti vanno in controtendenza e ci raccontano una storia molto più interessante. Fino a mercoledì sera, quando è apparso sul palcoscenico dell’Ariston di Sanremo, pochi conoscevano Ezio Bosso. Compositore geniale, gravemente malato e compromesso nei movimenti, Ezio Bosso non ha commosso il Festival perché “nonostante tutto ce l’ha fatta”, ma perché – a dire il vero – tutti siamo un po’ fragili come lui. A volte queste fragilità si vedono, diventano handicap, altre volte restano ben nascoste e sembrano non esserci. Ma in realtà sono lì e – di fronte ai modelli di perfezione che ogni giorno ci vengono proposti – pare che ci urlino addosso che noi non valiamo niente, che noi non ce la faremo mai, che la nostra vita fa letteralmente schifo. Ma invece non è così perché la vita, ogni vita, è fragilità. Ciò che ci rende felici non è l’essere “normali” o lo “stare bene”, ma l’essere umani. Bosso ha colpito perché la sua fragilità l’ha reso più umano e, rendendo umano lui, ha fatto capire che anche per ciascuno di noi, un po’ asini, un po’ grassi, un po’ in difficoltà, è possibile riuscirci. Ma da cosa dipende questa umanizzazione? Come si diventa più umani, come Bosso, attraverso tutto? La conferma dell’esistenza delle onde gravitazionali ha impressionato ed emozionato tanti. Nessuno sa bene bene che cosa siano né che cosa servano, ma tutti hanno capito che quella scoperta ci ripete – per l’ennesima volta – che nella realtà c’è molto di più di quello che si vede. Siamo stati stupiti da qualcosa che è più grande di noi e che noi non conosciamo e che – pur non conoscendolo – ci affascina e ci attrae. Per rimanere umani, per diventare ogni giorno sempre più umani come Bosso, bisogna coltivare e custodire la nostra capacità di stupirci di fronte all’universo. Un uomo che non si stupisce più è già morto. Stupiti dai sogni, stupiti dai desideri, stupiti dalle cose, dal fatto di essere vivi, di essere amati, di essere così come siamo. Lo stupore è la strada dell’umanità ed è la via della pace. Pensate se imparassimo a stupirci dei desideri degli altri, se invece di giudicarli ci commuovessimo e cercassimo di capirli. Saremmo realmente uomini, realmente insieme. Su un aereo diretto in Messico, in queste ultime ore, due uomini hanno fatto la storia. Incontrandosi per la prima volta all’aeroporto de L’Avana, il Papa e il Patriarca di Mosca ci hanno mostrato che cosa succede ogni volta che restiamo stupiti davanti all’altro. Quando i pregiudizi, le certezze e i risentimenti cedono alla presenza e allo stupore per l’esistenza dell’altro, allora l’altro finalmente lo incontriamo, lo guardiamo negli occhi, lo abbracciamo. Questo, anzitutto, avviene con l’altro che é in noi, con quella parte fragile di noi stessi che sovente non sopportiamo e vorremmo cancellare e che, invece, ha solo il bisogno di essere voluta e amata. È così che inizia ogni processo di riconciliazione: dall’incontro, dallo stupore. Se la pace fra Roma e Mosca è possibile il motivo è che esistono le stelle, esiste il cielo, esiste la nostra capacità di stupirci e di incontrarci. Ezio Bosso ce lo ha mostrato sul palco di Sanremo, Papa Francesco allo scalo di un aereo. Ciascuno di noi può mostrarlo in casa o con gli amici, con i colleghi o con il fidanzato: la nostalgia del nostro cuore è infinita. E ogni tanto basta solo il fatto di guardare le stelle per ricordarci che la nostra fragilità é meravigliosa, benedetta da quella voglia di vivere e di esserci che ci rende liberi, davvero uomini, protagonisti di pace in questo tempo oscuro che, molto semplicemente, vorrebbe trascinare nella morte e nell’orrore di un’eterna guerra la nostra stessa vita. Togliendoci la gioia di essere fragili, di essere quello che siamo.

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