Whatever it takes: è un male divertirsi?
di Alberto Zali
– In risposta all’articolo “Discoteca: ne vale davvero la pena?” di Maria Elena Cassinelli, che ringrazio per aver suscitato in me questa riflessione, torno a scrivere, questa volta in difesa di tutti quei ragazzi che cercano un po’ di divertimento frequentando le discoteche.
Il divertimento ci distoglie da quelli che sono i veri valori. Lo diceva Pascal, il filosofo dei baci perugina. Lo diceva in modo abbastanza convincente: basti pensare che ancora oggi la nostra generazione viene stigmatizzata a causa di questa corrente di pensiero. Il divertimento nega che la vita sia una rappresentazione tragica. Lo diceva Pascal in tono di condanna. Eh beh? È forse un male cercare di non soffrire? Forse dovremmo giudicare un po’ meno e cercare di capire un po’ di più. Capire chi ci circonda, a partire dalle piccole cose: il bisogno di staccare la spina, anche se solo per qualche ora; cosa siamo disposti a fare pur di sentirci importanti – perché “fa molto Tumblr” dire che al centro dell’attenzione ci sentiamo fuori luogo, ma in fondo a tutti noi un po’ piace.
E se, alla fine della serata, siamo sbronzi in moto e i lampioni ci sembrano degli alberi, diamine: dove lo vedi un viale alberato a Rapallo? Non lo vedi. Te lo dico io. Questa realtà ci soffoca. Ci manca il respiro, e forse la discoteca non è il modo giusto, ma noi quel respiro lo vogliamo a tutti i costi. Siamo pronti a tutto. Anche ad essere soffocati ulteriormente dalla calca delle persone che urlano sguaiate, masticando parole a caso a cui nessuno darà ascolto.
La domanda che pone Maria Elena ha un che di esistenziale: perché arriviamo a mentire ai nostri o, addirittura, a scappare di casa per andare in un luogo del genere? Perché lo facciamo se intanto dopo ne usciamo storti, ci lamentiamo dei soldi (mal) spesi e, tutto sommato, non siamo felici come vorremmo? Non credo di avere la risposta, davvero. “But I do whatever it takes, ‘cause I love how I feel when I break the chains“: sarà un mio limite, ma solo questo mi è dato sapere. Forse davvero divertirsi in questi termini è un male. Eppure, è comunque meglio di non sentire niente. Il bene ci sembra o troppo facile o troppo difficile. È per questo che ci rifugiamo nel male, in antri oscuri caotici e maleodoranti che ci vendono felicità a basso costo. Per cosa lottare se non per il solo tentativo di stare bene? Ma per questo veniamo giudicati. Giudicati sì, ma non salvati. Qualche nostro grido di aiuto rimane inascoltato e, senza nessuno che ce la mostri, l’alternativa proprio fatichiamo a vederla. Ironico non trovate? Siamo troppo facili da salvare, troppo complessi da giudicare. Eppure…
Mi piace credere che non sia mai troppo tardi per cambiare. Un giorno probabilmente capiremo che ubriacarci in discoteca è una delle cretinate più colossali che possiamo fare. Però siamo ancora ragazzi e fare qualche cretinata non è così irrimediabile. Anzi, talvolta ci aiuterà a capire quali sono gli sbagli da non rifare. E va beh dai, la prossima volta che vai in disco, magari vacci un po’ più piano. Alla fine, quando siamo con i nostri amici, ci divertiamo comunque!