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L'EDITORIALE

Ma che ne sarà di me quest’anno?

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EDITORIALE

– Il freddo e la pioggia coprono lentamente, ma inesorabilmente, il rumore dei festeggiamenti. E lo spazio che lasciano – in questo strano e lungo primo fine settimana dell’anno – fa emergere la domanda nascosta dai brindisi e dagli auguri, la domanda che a volte non abbiamo il coraggio di porre, ma che c’è: “Che ne sarà di me quest’anno?”.
Al di là di tutto, quello che realmente mi interessa, quello che davvero voglio, è conoscere la risposta a questa domanda. Che ne sarà delle cose che amo, di quelle che temo, che ne sarà dei miei progetti, della mia voglia di vita, dei miei dolori quest’anno? L’inizio di un nuovo anno non è mai banale perché è il tempo in cui ci si scuotono da addosso le feste per ritrovare la quotidianità della realtà. É il tempo, questo, in cui si scopre che il Natale è stato quasi una magia, che tutte quelle cene, quelle emozioni, quei desideri, non sono stati altro che il tentativo – a volte drammatico – di dimenticare, per lo meno di accantonare, il silenzio e la paura che spesso avvolgono tanti nostri istanti. Ma la domanda più vera, allora, la domanda da cui può ripartire tutto – anche la forza di affrontare questo nuovo anno – è dunque un’altra: “Che cosa voglio essere io quest’anno?”. Ogni uomo, infatti, di fronte al Fato ineluttabile o di fronte alla Provvidenza più sicura, non è solo, non è disarmato, bensì possiede la propria libertà, la propria volontà. Noi non possiamo scegliere che cosa vivere quest’anno, ma possiamo decidere come vogliamo viverlo, in compagnia di chi vogliamo trascorrere gli istanti di questa nostra vita che un giorno ricorderemo solo con un numero, 2016. Non è molto – è vero – ma è tutto. In verità, però, la domanda può essere ancora più profonda, ancora più reale e autentica: “Che cosa posso essere io quest’anno?”. Perché la nostra volontà non è un assoluto, ma si scontra con la realtà di un’età, di una famiglia, di una condizione umana che mi dà precisi confini. Confini che un giorno certamente potrò superare, ma che – anzitutto – dovrò prima imparare ad abitare e a vivere. Si accende così la fiammella di un nuovo anno. E con essa si accende la possibilità che abbiamo, in ogni nostra azione, di decidere che cosa possiamo essere, dove vogliamo guardare. Non solo determinati dalle lacrime che scendono sul nostro viso, ma nemmeno ricattati dalle gioie che il tempo sembra prometterci e che la vita – dal canto suo – sembra invece ostinata a portarci via. Perché l’ultima parola su tutto è sempre dentro di me, nel mio cuore. Ed è questo quello che conta, quello che può fare la differenza. Buon anno a tutti.

 

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L'EDITORIALE

COCCODRILLI/Maria De Filippi, schermo nero su canale cinque

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Maria De Filippi, la regina della televisione italiana, ha conquistato il cuore degli spettatori italiani per oltre trent’anni. Conosciuta per la sua empatia, la sua determinazione e la sua professionalità, Maria è diventata una delle figure più influenti del panorama televisivo italiano.

La carriera di Maria De Filippi è iniziata alla fine degli anni ’80, quando ha iniziato a lavorare per Mediaset, la più grande emittente televisiva privata italiana. Nel corso degli anni, Maria ha condotto molti programmi di successo, tra cui “Amici di Maria De Filippi”, “Uomini e Donne” e “C’è posta per te”. Grazie al suo talento e alla sua capacità di coinvolgere il pubblico, Maria è diventata un’icona della televisione italiana.

Oltre al suo lavoro in televisione, Maria De Filippi è anche una produttrice di successo. Ha fondato la sua casa di produzione, la Fascino PGT, che ha prodotto molti programmi di successo, tra cui “Amici di Maria De Filippi”, “C’è posta per te” e “Uomini e Donne”. Grazie alla sua esperienza e alla sua creatività, Maria ha contribuito a creare molti programmi di successo, che hanno divertito e coinvolto il pubblico italiano.

Maria De Filippi è anche una donna molto riservata. Non parla spesso della sua vita privata e delle sue relazioni personali. Tuttavia, nel corso degli anni, ha instaurato legami forti con colleghi diventati poi amici. In particolare, con il noto conduttore televisivo Gerry Scotti, che ha collaborato con Maria in molti programmi di successo e con Sabrina Ferilli la sua più grande amica.

In ogni caso, Maria De Filippi rimarrà per sempre una delle figure più amate e rispettate della televisione italiana. Grazie al suo talento, alla sua determinazione e alla sua capacità di coinvolgere il pubblico, Maria ha creato un legame speciale con gli spettatori italiani. Anche dopo la morte di suo marito, Maurizio Costanzo, Maria è sempre riuscita a mantenere la sua dignità e il suo rispetto, dimostrando di essere una persona di grande integrità e professionalità, continuando, a testa alta, il suo lavoro fino a pochi giorni fa.
Con quanto dolore riusciremo a passare su canale cinque senza pensare a lei…

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L'EDITORIALE

ISTRUZIONE/A scuola si muore

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O ti sparano…

L’istruzione è un diritto. In una società moderna come la nostra non ci dovrebbe essere ombra di dubbio. Forse un diritto potrebbe essere anche quello di sentirsi al sicuro nelle scuole, quanto basta da non essere freddati in corridoio.

In un istituto del Tennessee, USA, ieri hanno ammazzato tre adulti e tre bambini. Colpevoli due fucili d’assalto e una pistola, di certo non il materiale per un colloquio con la maestra.

È una storia già sentita, i nomi degli assassini si ricordano poco, quelli delle vittime anche meno. Ogni volta che sparano a scuola questioniamo (legittimamente) chi ha premuto il grilletto, ma poco importa ai più il fatto che parte delle armi sono state acquistate legalmente. Qualcuno ha permesso una facile distribuzione delle armi da fuoco.

Non per minimizzare le vite di coloro che a scuola lavoravano, ma sono morti dei bambini di nove anni, che a scuola andavano obbligati. Da qualche parte ci sono dei genitori che hanno mandato a morte i propri figli, aiutandoli a fare lo zainetto la mattina.

 

O ti uccidi?

Non dobbiamo cercare negli Stati Uniti gli studenti che si sono tolti la vita a scuola, ce ne sono molti anche in Italia. In questo caso risulta più difficile puntare il dito contro il reo, dato che l’azione più estrema di tutte è il frutto di molti fattori, che conosce solo chi decide di compierla.

 

Ma perchè a scuola?

Magari la goccia che fa traboccare il vaso è un attacco d’ansia, magari l’obiettivo è mandare un messaggio. Nella seconda ipotesi, la più probabile a mio avviso, si intravede il ruolo significativo ricoperto dal luogo, dove si insegna, si impara, si cresce. Si lascia il segno, anche. Magari il silenzioso e inascoltato grido d’aiuto della 19enne che due mesi fa si è suicidata allo IULM di Milano, nei bagni, sarà ricordato.

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IRAN/Quando il problema è di chi comanda

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Che cosa è un cittadino? Usando la definizione di Treccani: “Chi appartiene a uno stato (cioè a una comunità politica, a una nazione), e per tale sua condizione è soggetto a particolari doveri e gode di determinati diritti”. E lo stato non è forse la quintessenza della volontà dei cittadini che lo compongono?

La repressione

Al termine di un 2022 di continue proteste, ci chiediamo se le donne, sempre più soffocate in Iran, si possano definire cittadine di uno stato che non viene loro incontro, e che certamente non le rappresenta.

Perché è indubbiamente semplice chiudere un occhio sull’insignificante questione dei diritti umani, ma irrazionale non aspettarsi che il popolo da te rappresentato non vada d’amore e d’accordo con questa decisione.

Le risposte violente delle autorità, condite da sparatorie sulla folla, interrogatori duri (leggi: tortura) e molti altri trattamenti di favore, fanno presumere che il presidente, Ebrahim Raisi, non abbia davvero tutto sotto controllo, come invece ha fatto intendere nelle sue ultime dichiarazioni.

Il ruolo dello sport

Come già abbiamo potuto osservare in molti scenari di questo stampo, lo sport si fa spesso carico delle voci più coraggiose, che mettono in gioco il percorso di una vita, le fatiche degli allenamenti e la possibilità di partecipare a competizioni importanti, nella speranza di un futuro migliore.

Tutte le donne che dall’Iran fanno sentire la protesta attraverso lo sport vanno riconosciute, ma sentiamo particolarmente vicine la 22enne Mahsa Amini, fermata a Teheran e arrestata perché non indossava correttamente l’hijab, morta tre giorni dopo, e Elnaz Rekabi, la scalatrice vittima di numerose minacce, la cui casa è stata persino demolita (la CNN su Twitter).

“Ci moltiplichiamo”

Queste le parole di speranza che hanno iniziato a circolare su Twitter, da quando Sara Khadim ha partecipato, senza l’hijab, al campionato del mondo di scacchi in Kazakistan. La giovane donna, di soli 25 anni, ha dimostrato una strenua resistenza nei confronti delle minacce ricevute, e il suo contributo alla causa è senz’altro molto discusso.

A farsi sentire, però, non è solo qualche sportivo o alcuni personaggi di rilievo, ma da circa tre mesi continuano le proteste da parte di un popolo piegato dalla tirannia: queste di recente hanno assunto anche i primi colori della violenza (molotov lanciate in edifici religiosi), preannunciando un non così lontano botta e risposta tra polizia e manifestanti.

Fino a che punto si considerano accettabili le azioni di un popolo delegittimato? Ribaltare il potere può davvero portare al miglioramento della condizione delle donne in Iran?

 

 

 

 

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