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SPECIALE MARTE/Utopia o realtà?

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Cosa c’è su Marte di tanto speciale da ambire a tal punto il suo raggiungimento?
Dalle informazioni a noi accessibili, Marte, il cosiddetto “pianeta rosso”, si presenta come un’enorme distesa rocciosa desertica a cui la Terra non avrebbe nulla da invidiare, anzi.
La domanda sorge spontanea: perché le più grandi agenzie spaziali si stanno attrezzando per riuscire a trasportare l’uomo in questo luogo apparentemente desolato e privo di vita?

L’inizio di una ricerca

Negli ultimi decenni la ricerca scientifica ha incontrato un incremento tale che oramai ciò di cui la Terra dispone potrebbe non essere abbastanza per soddisfare l’insaziabile voglia umana di conoscenza. Lo stabilimento su Marte potrebbe essere il primo di tanti, potrebbe essere il punto di partenza per un’indagine sconfinata, a partire dal pianeta più vicino alla nostra Terra, per poi espandersi di corpo celeste in corpo celeste. Affacciandoci all’immensità dell’universo, avremmo la possibilità di variare il nostro concetto di realtà. Marte potrebbe nascondere segreti all’uomo ancora oscuri, come nuove forme di vita o magari il centodiciannovesimo elemento della tavola periodica.

Studiando le trasformazioni del corpo celeste nell’arco dei millenni, potremmo riuscire a comprendere meglio i princìpi cardine dell’universo in cui viviamo. Sebbene al giorno d’oggi informazioni di qualsiasi tipo siano a accessibili a chiunque, le realtà dalle quali la nostra società è tenuta all’oscuro sono varie e disparate. Il cambiamento climatico fa parte del corso naturale degli eventi a cui il nostro pianeta è inesorabilmente soggetto, l’uomo si è dunque fatto protagonista di ciò semplicemente alimentandolo: la nostra condanna più grande è quindi “nutrire” la nostra stessa fine.

La giusta alternativa?

E se Marte fosse semplicemente una via di fuga? Le condizioni climatiche sono sempre più critiche e non accennano a migliorare, pensiamo che chiunque avesse la possibilità di farlo cercherebbe una soluzione, un “piano B”. Anche in questo caso il suddetto pianeta avrebbe funzione di un porto base: un luogo sicuro dove poter sostare per raggiungere destinazioni più “confortevoli”, un ecosistema non dissimile da quello terrestre. Nell’ultimo decennio alcune tra le compagnie spaziali di maggior rilievo, tra cui la NASA, hanno individuato pianeti non differenti dal nostro, ma il problema che persiste è identificabile nella distanza che intercorre tra i vari corpi celesti. La maggior parte di essi si trovano addirittura a decine di anni luce dal nostro sistema solare. Pertanto, in attesa dello sviluppo di mezzi di trasporto che siano in grado di raggiungere velocità paragonabili a quella della luce, l’unico modo per avvicinarsi a questi corpi celesti potrebbe essere quello di procedere progressivamente di pianeta in pianeta, stazionando su ognuno di essi al fine di raggiungere prima o poi un alter ego della nostra Terra.

Un’evoluzione forzata?

Rimane comunque indubbio che con le tecnologie delle quali ad oggi disponiamo, il viaggio verso Marte si dimostra da molti versi come un progetto utopico. Considerando infatti che l’uomo è frutto di una complessa evoluzione svoltasi sul pianeta Terra, le condizioni a cui potrebbe essere sottoposto, causerebbero alterazioni fisico-vitali delle quali potrebbe risentire anche a lungo termine.
Sebbene le considerazioni appena affrontate possano risultare convincenti, rimangono ignoti i benefici effettivi che l’uomo potrebbe trarre attraverso un’impresa del calibro della colonizzazione di un nuovo mondo.

Ma è davvero necessario invadere un altro pianeta quando possiamo tentare di salvare il nostro? Alla fine scoprire nuovi luoghi rimane sempre spettacolare, tuttavia la specie umana vanta una certa fama da “parassita”, e la maggior parte delle volte non è in grado di rispettare ciò che la circonda e finisce solo per distruggerlo. E se Marte fosse solo uno dei tanti pianeti su cui l’uomo metterà piede? Sembrerebbe un’idea molto plausibile, per questa ragione é importante salvaguardare ciò che ci circonda, rispettando ogni giorno tutte ciò che questo pianeta ci dona. Non ci resta che attendere ed osservare lo sviluppo degli eventi, auspicando alla più lieta ed inaspettata delle conclusioni.

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The sandman

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The sandman è una serie Netflix formata da 11 episodi uscita nel 2022 con protagonista Morfeo il signore dei sogni, interpretato da Tom Sturridge, ispirata dall’omonima serie a fumetti ideata dal britannico Neil Gaiman e pubblicata dalla Dc Comics negli Stati Uniti tra l’88 e il ‘96.

Questa serie subito dopo la sua uscita è balzata in cima alla top 10 globale delle serie più viste su Netflix già dopo soli tre giorni, con 69,5 milioni di ore guardate.

La serie inizia con Morfeo che è alla ricerca di un incubo fuggito dal mondo dei sogni, ma finirà per essere catturato da Roderick Burgess, un occultista/stregone che cercava di evocare e imprigionare la morte per ottenere l’immortalità e riavere suo figlio, ma finendo per catturare il fratello minore Morfeo. Preoccupato per la sua vita lo imprigiona per anni togliendogli anche i suoi strumenti, ovvero una parte dei suoi poteri racchiusi in un elmo, un sacchetto di sabbia e un rubino, lo strumento più potente che ha creato.

Morfeo, dopo essere riuscito a fuggire, dovrà partire alla ricerca di questi suoi strumenti, per poter ripristinare il suo regno, il mondo dei sogni, poiché con la sua assenza il suo regno e caduto in rovina e tutti i suoi abitanti sono scappati o morti.

Durante la ricerca si ritroverà ad affrontare molte difficoltà e ostacoli ,tra cui : Lucifer Morningstar ,per riprendersi il suo elmo, Johanna Constantine, un esorcista privato, per riprendersi il suo sacchetto di sabbia e il figlio di Roderick Burgess, John Dee ,anche chiamato dottor destiny, che, consumato dal potere del rubino, cercherà di creare, come dice lui, “un mondo senza bugie”, venendo ,però, fermato da Morfeo ,dopo una battaglia all’ultimo sangue.

Ma questa è la trama dei primi cinque episodi ,perché dopo il quinto episodio Morfeo torna alla ricerca dell’incubo fuggito ,il corinzio che negli anni in cui è stato imprigionato ha ucciso molte persone e convinto tante altre ad uccidere, creando un culto conosciuto come “collezionisti”, che sarà il tema centrale negli ultimi cinque episodi della serie.
Serie strutturata molto bene, ma consigliata ai ragazzi dai 12 anni in su.

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CULTURA/Manet artista della perversione?

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E’ una fredda giornata di fine gennaio del 1832. A Parigi, tra le colorate vie del centro, nasce un artista destinato a stravolgere il panorama artistico di tutti i tempi. E’ Edouard Manet, cresciuto nell’agio di una famiglia facoltosa che lo indirizza alla carriera giuridica. Fin da bambino, tuttavia, viene attratto da quel linguaggio universale, le cui parole sono fatte di colori, che con le sue linee può essere più incisiva delle grida: l’arte. Il giovane s’imbarca come marinaio per evitare gli studi di legge, ma l’impiego non durerà molto, quanto basta affinchè la famiglia gli permetta di inseguire la sua grande passione. I suoi viaggi per l’Europa arricchiscono i suoi studi, egli è ispirato da grandi maestri, Giorgione e Tiziano in particolare.

Nel 1863 espone la sua tela “Colazione sull’erba”,  tanto amata quanto discussa, che viene respinta della critica del Salon. Cos’è che la pittura accademica proprio non riesce ad accettare di questo quadro? Inorridisce, senza dubbio, la tecnica pittorica, destinata invece a entusiasmare un gruppo di giovani artisti-ribelli, passati alla storia come impressionisti: da vicino, infatti, appaiono molte macchie che lo spettatore solo allontanandosi riesce a congiungere, ritrovando l’unità della tela. Inoltre viene rimproverato all’artista di non aver saputo utilizzare la prospettiva geometrica e il chiaroscuro, assolutamente necessari per poter produrre un’opera di successo, come classicismo comanda. Ma ciò che disturba maggiormente è la figura femminile nuda che conversa amabilmente con due giovanotti borghesi, rendendo volgare le chiacchere di una colazione come tante agli occhi di una, a quanto pare, pudica giuria.

Il tema della nudità femminile viene ripreso in un’altra celebre opera: “Olympia”. Manet rimprovera alla cultura del suo tempo un’estrema rigidità delle posture, prediligendo pose quotidiane per rendere maggior realismo. La pittura accademica accettava il nudo femminile solo se con qualche rimando mitologico; Olympia, seppur raffigurata con lo stilema della Venere sdraiata, non ha nulla di divino, è una prostituta. La giovane donna è invece uno degli scarti della società, raffigurata con la mano sinistra che copre l’oggetto del suo lavoro, quasi per sottolinearlo. I suoi occhi fissi e fieri sullo spettatore rivelano uno sguardo calcolatore. Emblematico poi è il gatto nero, che si credeva fosse il tramite fra le streghe e il diavolo.

Manet infrange uno dei tabù più forti del suo tempo. La prostituzione era un fenomeno estremamente diffuso, ma taciuto, ritenuto indegno, come la stessa sessualità. Il quadro dunque non riscuote particolare successo. L’artista attira l’amicizia di molti artisti, soprattutto Baudelaire. Effettivamente si può ritrovare una forte analogia tra i due: entrambi rifiutano il ruolo educatore dell’artista, preferendo immergersi e denunciare una cruda realtà, quella vera, alla società borghese, fatta di perbenismo esteriore che nasconde un attaccamento viscerale e morboso ai propri interessi. Ecco che “l’artista maledetto”, alla bohemien, non ha solo il merito di aver sperimentato nuove tecniche pittoriche, essenziali per la nascita dell’impressionismo, ma ha anche descritto, con uno sguardo disincantato, una società nascosta, soffocata, che nell’ ottocento comincerà finalmente a reclamare i suoi diritti. Forse anche oggi servirebbe qualcuno che, con maestria e senza retorica, denunci gli interessi capitalistici della società contemporanea, che come al tempo di Manet, nasconde sotto un perbenismo irritante i propri interessi.

Questo è il potere universale e senza tempo di Manet.

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CULTURA/L’immagine di Babbo Natale

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LA TRADIZIONE DI BABBO NATALE

 

Tutti noi conosciamo la figura di Babbo Natale che da sempre la notte del 24 dicembre passa nelle case di tutti e lascia i regali sotto l’albero, ma da dove nasce questa magica figura adorata da grandi e piccini? 

 

BABBO NATALE NELLA LEGGENDA

 

Molti riconducono Babbo Natale alla figura di San Nicola, ma in realtà esistono diverse  tradizioni seppur incerte che ricordano questo fantastico personaggio.

Nell’Antica Grecia si può ricondurre ad Apollo, dio del sole, con il suo carro del sole; poiché durante il periodo natalizio i Greci assistevano ad un allungarsi delle giornate. 

Per le popolazioni Nordiche invece Babbo Natale era Odino, che una notte all’anno passava a donare regali sopra una slitta trainata da un cavallo volante.

 

IL PERSONAGGIO CHE DIEDE ORIGINE A BABBO NATALE

 

Dopo aver esplorato la figura più remota che potrebbe essere riconducibile a Babbo Natale passiamo alle tradizioni più “recenti”. 

Diamo uno sguardo alla figura di San Nicola: durante il quarto secolo San Nicola era il vescovo di Myra, nell’odierna Turchia, ed era considerato il protettore delle donne e dei bambini. La leggenda narra che un giorno il santo aiutò 3 donne giovani ma povere a sposarsi poiché per 3 notti donò a ciascuna un sacco pieno di monete. La festa del santo si diffuse presto in tutta Europa e successivamente in America.

 

COM’È NATA L’IMMAGINE DI BABBO NATALE

 

Quando la storia di San Nicola raggiunse il Nord Europa si mescolò con le tradizioni dei paesi e delle popolazioni che ci vivevano. Cominciarono a rappresentare San Nicola non più come un santo ma come una figura magica: un elfo, un folletto o (per le tradizioni anglosassoni) un grande omone simile ad uno spirito. In Olanda era chiamato Sinterklaas e quando gli europei cominciarono a colonizzare l’America, gli olandesi trasportarono questa figura magica fin oltre oceano. L’America accolse a braccia aperte le tradizioni Olandesi ma cambiandole: il nome Sinterklaas si trasformò in Santa Claus e nel 1822 fu scritta una poesia in cui comparvero i simboli della slitta e dei regali che vengono calati dal caminetto. Verso la fine del 1800 Haddon Sundblom (un disegnatore Americano) si ispira alla poesia per disegnare il simpatico vecchietto barbuto che farà da protagonista alla pubblicità della Coca-Cola Company.

 

MA È DAVVERO SOLO QUESTO?

 

È davvero solo una pubblicità? È possibile che la figura di Babbo Natale sia soltanto quella della Coca-Cola? Come abbiamo visto, in tutta la storia ci sono testimonianze di una figura che durante una notte invernale, che coincide con il prolungarsi delle ore di luce, vola su una slitta o un carro trainato da cavalli o renne. Che venga chiamato Apollo, Odino o Santa Claus non fa molta differenza, una magica figura ricorrente abita le tradizioni di 5000 anni di storia umana.

 

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