Ex-Otago: la leggerezza di essere se stessi
di Raffaele Raminelli
– Sabato 5 Marzo, ore 23.30. È una serata speciale al Bar Zipier a Rapallo. Dal salone proviene assordante il suono della musica dance. Mentre i fan ancora ballano, nella stanza delle freccette la band si rilassa al termine dell’esibizione. Colgo l’occasione
: mi intrufolo di sorpresa insieme a due amici col desiderio di salutare i miei idoli. Ricevo molto di più: un’intervista indimenticabile a Maurizio. Grazie ragazzi.
Mauri, quali sono i progetti per il futuro? Come anticipato nel live è in uscita un nuovo singolo…
Si, tra 10 giorni circa uscirà un nuovo singolo che si intitola “Cinghiali incazzati”. Secondo me è veramente figo, molto bello. Siamo fiduciosi perché c’è molta energia buona attorno a questo disco. Usciremo per INRI e Garrincha che è l’etichetta de “Lo stato sociale”. Il nuovo disco si chiamerà “Marassi”, un album molto più contemporaneo ed elettronico rispetto ad “In capo al mondo”. Parla di persone e stati d’animo più che di personaggi. Per esempio “Cinghiali incazzati” parla del fatto che siamo abituati ad essere una cosa sola: tu sei l’impiegato, tu sei l’operaio. Noi in realtà siamo un sacco di cose. Io ad esempio sono contadino e cantante e sarebbe bello poter fare nella vita quello che si vuole ed essere anche più di una persona: uno ha la passione per la fotografia ma è macellaio… Noi siamo invece abituati che bisogna essere una cosa sola: contratto fisso, otto ore…
Ci spieghi il vostro modo di scrivere testi? Il primo impatto è sempre un po’ enigmatico. A primo impatto non si capisce subito quello che volete dire… In realtà un senso c’è e sono anche testi profondi. Come viene filtrata l’ispirazione?
I testi li scrivo io. Più che enigmatico io lascio spazio all’ispirazione di chi ascolta. Io compongo statue, statue a cui mancano dei pezzi, poi ognuno che le ascolta le completa con la sua immaginazione.
Siete grandi adesso…
Uuuhh belin, grandi cosa!? [ride n.d.r.]
…ma come è nato tutto? Il primo album?
Lo ricordo bene. È nato in un momento storico in cui a Genova andavano di moda i gruppi che urlavano. Tutti scream: “Uoo, bum!”. E noi abbiamo detto: perché non proviamo a fare un gruppo che anziché giocare a fare il duro giochi a fare il dolce, racconti le cose con ironia, con leggerezza… Ma una leggerezza bella, non superficiale. La leggerezza è una cosa bellissima, che non va confusa con la superficialità o con la banalità. Per cui è nato cosi: Simone aveva un giro di chitarra e io ho provato a cantarci sopra. Era “Coffee Flavour”, lei, la nostra prima canzone. Ci siamo innamorati subito. Eravamo io, Simo e Albe Perny. Siamo stati anche fortunati: dopo soli due concerti ci ha preso un’etichetta.
Come mai Pernazza si è staccato?
Beh, abbiamo deciso di lasciarci perché avevamo un po’, come si puó dire, di divergenze. Eravamo come una coppia alla domenica: uno vuole andare allo stadio e l’altro a camminare in montagna. Una volta va bene, due… Poi però non si può più. Albe ha una strada molto più pop, va in discoteca, fa queste cose… E va benissimo ma non si conciliava più con la poetica del progetto. Anche se non ci vediamo spesso siamo ottimi amici.
Hai detto che non è facile conciliare le idee: anche tra migliori amici si ascolta musica diversa. Come nasce l’alchimia? Si costruisce col lavoro o viene da sé?
Viene assolutamente da sé. Tu puoi fare quello che vuoi ma se non c’è quella roba, quel flusso, allora non si fa niente. Quando io spedisco i provini scritti alcuni me li cassano. Però quando gli altri sentono un provino e mi dicono: “Minchia Mauri, una bomba: che figata!” è lì che si crea quell’empatia…
Quindi non si scende a compromessi: si lavora fino a che non si trova una soluzione che piace a tutti.
Si. Però è molto meno difficile di quello che sembri! Diciamo che tutti i nostri dischi hanno preso forma in modo uguale. Non abbiamo un metodo preciso. Chi ha una buona idea la mette sul piatto e si vede poi i consensi che riceve. Se io scrivo una canzone che non piace a nessuno la si scarta e si va avanti.
E la più grande scommessa vinta? Il pezzo che più vi rende soddisfatti? Forse come fama “Costa Rica” e “Figli degli Hamburger” sono le più conosciute…
Francesco: Eh, una domanda bella ostica… Rispondendo in modo banalmente retorico la più grande scommessa è fare adesso un disco diverso molto rispetto ad “In capo al mondo” ed esserne megaconvinti come se fosse il primo.
Quindi l’ultima cosa che si fa è l’ennesima scommessa.
Eh certo! Poi noi siamo un gruppo che ha proprio la tendenza a buttare sempre il sasso fuori dal selciato. Con “In capo al mondo” abbiamo avuto delle sonorità che erano nostre fino nelle interiora. Oggi non lo sono più: abbiamo usato tastiere e quant’altro per cui ogni disco è una superscommessa, si evolve con noi… Siamo molto onesti con noi stessi: facciamo esattamente quello che ci piace.
Qualche anticipazione sul prossimo tour? Girerà tutta Italia o rimarrà dalle nostre parti?
Maurizio: Chissà cosa succederà, adesso esce il primo singolo e vediamo. Magari non se lo caga nessuno e ci tocca fare il tour negli autogrill tra Sant’Ilario e gli altri (ride).
Francesco: Sicuramente in tutta Italia, però a partire dal prossimo autunno quando uscirà il nostro disco, verso settembre-ottobre. Abbiamo già una data a Rapallo chiusa, un’altra a Santa Margherita… Tra l’altro è la prima volta che suoniamo qua a Rapallo.
Ecco: come nasce questa serata allo Zippi?
Beh, questo non era un concerto, è stata una robina acustica. Non so se siete mai stati ad un nostro concerto… Be’, Luigi ci ha portato qua grazie al “Concerto da cameretta”. Gli ultimi due dischi sono finanziati tramite crowdfunding su Musicraiser. Una delle opzioni acquistabili da chiunque per finanziare il tour era appunto il concerto da cameretta. È un bel modo da parte della gente per contribuire al finanziamento del disco. Con questo esperimento siamo finiti a matrimoni, in casa di fan… È molto divertente. Luigi acquistando ci ha chiesto: “Posso comprare anch’io?”. “Ma certo che puoi!” gli abbiamo risposto. Stasera è stata una bella dimostrazione di affetto. Non abbiamo minimamente spinto l’evento su facebook, eppure c’era molta gente. Noi non abbiamo scelta: chiunque ci chiami, andiamo! È davvero una figata: in questo modo suoniamo nelle situazioni più disparate.
Qual è la cosa più strana che avete fatto insieme? Suonare a casa dei fan è sicuramente un’esperienza non comune…
Si, direi di si. A casa di ragazzi universitari che hanno organizzato festoni all’interno [ride n.d.r.]. E poi nei bar più assurdi. In generale lungo la nostra carriera abbiamo suonato veramente ovunque: dalle fabbriche alle fattorie, dalla spiaggia ai prati…
E la vostra attività come musicisti quanto tempo richiede? Il vostro scambio di idee ha bisogno di una relazione molto stretta?
Simone: Sicuramente il nostro lavoro come band è molto ciclico. Non essendo una cover-band che potrebbe avere lavoro tutti i giorni eseguendo i brani di altri, noi seguiamo il ciclo di vita di un disco. C’è il periodo di lavoro intenso, quello della promozione, poi c’è il tour e infine una coda, in cui si lavora al disco successivo. Di musica si vive soltanto nel periodo in cui ci sono delle entrate che arrivano dai live fondamentalmente.
E la vostra formazione come musicisti invece? Suonate da quando siete piccoli oppure vi siete scoperti spontaneamente?
Simone: No, io sono autodidatta. La storia degli ex-otago in origine è famosa per il fatto che ognuno di noi faceva altre cose rispetto a quello che poi si è ritrovato a fare all’interno degli Ex-Otago. Alberto faceva rap, hardcore e ha cominciato a suonare la tastiera, io suonavo il basso e sono passato alla chitarra, Mauri faceva il Dj e ha iniziato a cantare… In origine eravamo in tre e poi è salita gente sulla carovana. Francesco e Olmo per esempio sono due ragazzi che hanno studiato musica. Francesco è un bravissimo chitarrista e oltre a conoscere le basi della musica suona anche il charango in “In capo al mondo” e altri strumenti a tastiera. Olmo invece suona qualsiasi cosa che gli metti in mano.
È l’uomo tuttofare! Come in tutte le band che si rispettino!
Si, vero [sorride n.d.r.]. In tutto questo continuiamo anche a fare i nostri veri lavori. Oltre ad essere Otaghi, Simo fa il grafico, io sono contadino. Fra è il dottorando e Olmo lavora in un piccolo studio di architettura.
E ai giovani che vogliono cimentarsi in questa esperienza che consigli date?
Divertitevi. Fate quello che vi piace e basta. Buttatevi. Le band scarseggiano, soprattutto in Liguria. Se vi emozionate voi è possibile che si coinvolga anche chi vi ascolta, viceversa è impossibile.
Oggi torno a casa un po’ cambiato: in pochi altri momenti ho capito cosi chiaramente che è possibile vivere di sogni, basta essere se stessi.