In direzione ostinata e contraria

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di Camilla Groppo

– Lo chiamavano prete comunista e anarchico, ma lui preferiva essere definito “prete di strada”.

Questo era Don Gallo, fondatore della comunità di San Benedetto al porto a Genova. Il Don si definiva “prete da marciapiede” perchè amava stare in strada con drogati, prostitute e tutte quelle persone che hanno bisogno di aiuto, ma vengono generalmente giudicate irrecuperabili e quindi abbandonate e dimenticate. Gallo amava tutti i suoi ragazzi, non avrebbe mai voluti lasciarli, come dimostra il fatto che, quando gli fu offerto un posto come parroco, lui lo rifiutò per non abbandonare la comunità. Prete dei poveri, per necessità economiche capitava che andasse a professare a casa dei ricchi e, a volte, stanco del lusso e dei vizi, diceva loro che al mondo bisognerebbe essere tutti uguali, non dovrebbero esserci persone di serie A,B o C. Quando succedeva, Don Gallo, in quelle case così ricche e piene di sfarzo, non veniva più invitato. Questo e altri aneddoti della vita del Don sono raccontati da tre bravissime attrici dalle incredibili abilità canore nello spettacolo teatrale “papa Gallo”, in scena fino al 21 febbraio al teatro dell’Archivolto di Genova, dove la sua vita viene raccontata attraverso i libri che ha scritto e i suoi pensieri.
“I miei vangeli non sono quattro – amava dire Gallo – Noi seguiamo da anni e anni il vangelo secondo Fabrizio De André, un cammino cioè in direzione ostinata e contraria. E possiamo confermarlo, constatarlo: dai diamanti non nasce niente, dal letame sbocciano i fiori”. Per mandare avanti le sue idee, Don Gallo si basava infatti sulla Bibbia, sul Vangelo, sulla costituzione italiana e sulle canzoni del suo amico De Andrè, che considerava appunto il suo “quinto evangelista”. Uno spettacolo ricco di emozioni, che fa aprire gli occhi sul mondo e ci aiuta a capire cosa è bene e cosa no, raccontandoci la storia di un uomo che ha passato la sua vita ad aiutare chi ne aveva bisogno, sempre seguendo un fondamentale principio: osare la speranza! Anche quando non è più sperabile.

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