SERIE TV/ La Regina degli scacchi: un tributo all’emancipazione femminile
La Regina degli scacchi è una miniserie statunitense creata da tratta dall’omonimo romanzo di Walter Tevis.
Uscita a ottobre 2020, nei primi 28 giorni è stata vista da 62 milioni di utenti, entrando nella top 10 in 92 paesi. Al momento ha battuto ogni record, diventando la miniserie più vista su Netflix.
La serie ambientata negli anni 50 racconta la vita della giovane Beth Harmon, orfana diventata un prodigio degli scacchi. La trama si concentra anche sul punto di vista psicologico della ragazza, vittima di dipendenza da alcol e psicofarmaci.
Trama
All’età di nove anni, Beth rimane orfana dopo aver perso la madre in un misterioso incidente stradale. La bambina viene portata in orfanatrofio, dove avviene il suo primo incontro con gli scacchi.
Ogni domenica la bambina si reca nel seminterrato, dove la aspetta il custode, da cui apprende le regole del gioco in cui diventerà un prodigio. Oltre al talento nel gioco da tavolo però, la giovane sviluppa anche una dipendenza dagli psicofarmaci, distribuiti quotidianamente alle ragazze dell’orfanatrofio.
Alcuni anni dopo Beth, ormai adolescente, viene adottata e si trasferisce in Kentucky. La giovane riesce a entrare e a vincere il suo primo torneo di scacchi, aiutata anche dalle pillole tranquillanti da cui è dipendente. La madre adottiva di Beth, compreso il grande talento della figlia, decide di accompagnarla nei suoi tornei, che vince senza fatica.
Le vittorie e la fama della ragazza aumentano, nota per essere l’unica giovane donna riuscita a farsi strada nel mondo degli scacchi. Contemporaneamente però, cresce anche la sua dipendenza da alcol e calmanti, che rischiano di farle perdere il controllo della sua vita.
Alla fine, dopo aver vinto le sue fragilità superando i traumi della sua infanzia, Beth, a soli ventidue anni, riesce a sconfiggere il campione del mondo russo, affermandosi in un mondo dominato esclusivamente da uomini.
Bobby Fischer: tributo o provocazione?
Beth non è realmente esistita, ma l’autore del romanzo ha spiegato di essersi ispirato a vari giocatori professionisti dell’epoca, tra questi vi è sicuramente il controverso Bobby Fischer.
Ci sono infatti molti punti in comune tra la protagonista e Fischer: leggendario giocatore di scacchi che vinse il titolo di campione degli Stati Uniti all’età di 14 anni.
Entrambi i “bambini prodigio” sono reduci di un’infanzia difficile, con problemi di alcolismo e debolezze psicologiche che hanno rischiato di compromettere la loro carriera. È simile anche lo scontro con i grandi maestri russi, che governano il mondo degli scacchi.
Più che un omaggio a Fischer però, questa miniserie sembra essere una risposta alla franca misoginia dello scacchista. Egli aveva infatti affermato in un’intervista: le donne non possono giocare a scacchi, non sono abbastanza intelligenti. Potrei concedere il vantaggio di un Cavallo a qualunque giocatrice e comunque vincere facilmente, contro un uomo perdono sempre.
Il personaggio di Beth va contro a tutte queste affermazioni, dimostrando che una donna non deve mai nascondere la propria intelligenza e il proprio talento.