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LA REALTA'

Monkey/ conoscere tutto il mondo in un click

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di Francesca Basso

– La prima impressione è che sia perfetta per divertirsi durante i pomeriggi in compagnia e le feste di compleanno. Perché Monkey, app da qualche giorno disponibile anche in Italia, connette in videochat ragazzi di tutto il mondo in maniera casuale per pochi secondi.
Soddisfa la voglia di scoprire chi si troverà dall’altra parte, come sarà vestito, che cosa dirà. Il meccanismo è lo stesso di Chatroulette, il sito nato nel 2009 che ha finito troppo spesso per proporre contenuti sessualmente espliciti. Ed è proprio per questo che le polemiche su Monkey non mancano, ancor più aspre dato che la piattaforma è pensata per i più giovani.

Un social pensato per i ragazzi

Lo chiamano “il social dei teenager” perché a inventarlo sono stati due diciottenni, Isaiah Turner e Ben Pasternak, già fondatore di Flogg, una sorta di eBay per adolescenti. L’idea: aiutare i loro coetanei a incontrare nuove persone, amici virtuali, a cui poter raccontare tutto “senza filtri”, con i quali si può poi restare eventualmente in contatto attraverso Snapchat , a cui Monkey è collegata. Per accedere a quest’ultima è necessario avere un account sul social del fantasmino.
O almeno quello è l’intento dichiarato dei fondatori: il processo d’iscrizione, infatti, è tutt’altro che rigido. Falsificare l’età è un attimo: dichiari di avere 18 anni ed è fatta. Così, in pochi minuti, un ragazzino si può trovare a chattare con un trentenne.
“Questo, però, è un mondo di difficile accesso per gli adulti,quasi sconosciuto, sommerso. Non ci sono rischi”, si sono giustificati i due baby imprenditori.

Una crescita esponenziale

Mentre la polemica infuria, gli iscritti al social sono già più di 200mila. Circa mezzo milione dei contatti casuali tra gli utenti, ha stimato il New Yorker. Dunque per i due giovanissimi founder sono arrivati i complimenti dei grandi del settore. Pare che Tim Cook * devi specificare chi è* abbia scritto una mail ai fondatori e un messaggio è arrivato anche da John Maloney, l’ex presidente Tumblr.
Monkey procede a gonfie vele, essendo un l’applicazione che mette in contatto persone da tutto il mondo, dando loro dieci secondi iniziali per studiarsi e poi eventualmente proseguire la video chat, oppure darsi appuntamento su Snapchat.

Come funziona?

L’app mette in contatto casualmente due persone che non si conoscono, mostrando poche informazioni, se si vuole continuare la conversazione basta diventare amici. Se dopo dieci secondi entrambi i partecipanti alla chat non scelgono di continuare aggiungendo più tempo, la conversazione finisce.
Non è dato sapere, al momento, quante video chat si traducano poi in “follow” su Snapchat (l’azienda non rivela i numeri, al momento). La nuova versione dell’app ha introdotto l’uso degli hashtag a pieno regime, e serviranno per fare in modo di trovare persone con interessi più simili ai propri.
Durante la videochiamata ci sono tre possibilità: “Add time“, per guadagnare ancora un po’ di tempo per parlare; “Snapchat“, il tasto che consente di aggiungere l’altra persona all’applicazione di messaggistica; infine il nulla, che equivale a un “niente di fatto”.

Trucchi e sotterfugi

Qualcuno, per usare Monkey, imposta la schermata nera, in modo da vedere chi c’è dall’altra parte, senza farsi vedere. Un po’ a digiuno delle regole base della comunicazione, evidentemente. Altri optano per una bella parete bianca, alcuni si fanno trovare in gruppo e non si capisce cosa dicano, altri riprendono il soffitto.

Ci possiamo fidare di questo social?

“Monkey è prima di tutto un luogo per adolescenti, che usano l’app per farsi amici su internet, importanti quanto quelli nella vita reale. Meno dell’1 per cento degli utenti è stato bannato per comportamenti inappropriati“, sottolineando che la maggior parte degli utenti risponde allo spirito per cui l’app è stata creata. Vogliamo che Monkey sia un posto divertente dove conoscere nuove persone”. Queste sono le parole di difesa dell’azienda dell’app Monkey, la quale dopo varie accuse di certo non si tira indietro ma anzi tira fuori gli artigli per promuovere questa nuova “invenzione” per quanto riguarda i social network.
A mio parere, questa nuova applicazione promuove sicuramente il fatto che si possano trovare amici in tutto il mondo molto velocemente, anche se non si parla di vera e propria”amicizia”. Si tratta di un metodo in cui incontri virtualmente una persona per 40 secondi, senza sapere al momento chi sia, quanti anni abbia, da dove venga e così via. Tutto questo porta un agevolazione per quanto riguarda atti di bullismo, scene sessuali esplicite oppure contenuti non conosoni. Ci si dovrebbe conoscere nella vita reale in modo da sapere con chi sta realmente parlando e non tramite uno schermo. La fiducia e la verità si identificano solo in un incontro face to face tra due persone mentre si celano in un dialogo su una piattaforma online, dove si è esposti più apertamente a rischi e inganni. Basta poco per mentire su età biologica, luogo di provenienza e anche sulle intenzioni, non esiste luogo immune da esibizionisti di ogni tipo, e men che meno lo è Monkey.

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NIGERIA/Quando lo sport si trasforma in guerra

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Un anno come questo, autore di catastrofi impensabili, non si lascia sfuggire proprio niente: la rabbia spesso è causa di tremendi mali. In un clima dove vittime e perdite non mancano a causa della guerra, ne sopraggiungono altre per tragedie sempre più strazianti. Nigeria, 29 Marzo 2022, con l’eliminazione dai mondiali della squadra nigeriana, in campo scendono i tifosi: infuriati per il pareggio (fatale per l’esclusione dal campionato) gli spettatori hanno trasformato lo stadio in un campo di battaglia. Una partita pareggiata 1-1 con il Ghana ha portato al fallimento della qualificazone al Mondiale in Qatar. Tragedie come questa non dovrebbero nemmeno esistere, eppure sono più attuali di quanto crediamo.

In un clima di scompiglio, rabbia e ribellione da parte dei tifosi, un medico addetto ai controlli antidoping dei giocatori è stato aggredito e ucciso. Non si conosce ancora con certezza la dimanica, ma una cosa si sa per certo: allo stadio nazionale di Abuja è scopppiato il caos. Una rabbia confusa, priva di fondamenti, sfogata su persone e oggetti, ha portato anche a questo: una luce in meno nel mondo dello sport. Anche i tentativi di rianimare la vittima, dopo essere stata percossa e calpestata violentemente dalla folla, sono stati inutili.

Così scompare un uomo, così si distrugge una famiglia: nello scompiglio di una semplice partita di calcio, un risultato sfavorevole ha portato alla morte di un innocente. L’uomo era stato numrose volte chiamato come medico in altri campionati e occasioni negli anni precedenti, ma a causa di persone così spregevoli non potrà prenderne più parte in futuro. Adesso il vuoto non è solo più in quello stadio, su quegli spalti e sul terreno da gioco devastato, ma anche nei cuori di chi lo conosceva.

Perde la vita Joseph Kabungo, che lascia un silenzio così profondo e triste da far riflettere anche i cuori più meschini. E’ bastata questa dimostrazione, qualche zolla di terreno strappata e panchine rovesciate, a insegnare che la guerra non esiste solo all’interno di determinati confini. Nessuno è salvo fuori dalle frontiere, perché a determinare la guerra è l’uomo stesso e i suoi istinti ingiusti, non  soldati e missili. La vera guerra è dentro l’uomo e per quanta paura possa fare, siamo i primi a ostinarci a combatterla contro gli altri. Questa tragica vicenda, per quanto brutale, è solo l’ennesima prova che la violenza è sempre causa e mai soluzione.

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MADRI LAVORATRICI/Come le donne liguri hanno affrontato il Covid

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Mancano ormai pochi giorni all’arrivo dell’estate e, con essa, di quel senso di spensieratezza e leggerezza che i mesi caldi portano con sé. Quest’anno, però, la fine della primavera preannuncia anche un definitivo abbandono delle tanto odiate norme anti-Covid.  (altro…)

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VIRUS/Cosa succederebbe se sparissero tutti?

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Nel corso dei secoli i virus sono stati responsabili di decine di milioni di morti, provocando malattie in parte ancora oggi incurabili. Quest’ultimo anno sarà ricordato per la diffusione della pandemia da Covid-19, che ha mietuto in tutto il mondo migliaia di vittime.  (altro…)

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