I prodotti a base vegetale stanno riempiendo sempre di più gli scaffali dei supermercati italiani.
Oggi è possibile sostituire i tradizionali prodotti a base di carne con hamburger di soia, salsicce di seitan o polpette vegetali. Il nome “hamburger di soia”, per esempio, può risultare paradossale, ma non in un mondo dove il futuro della carne è vegetale.
9 italiani su 10 sono favorevoli all’utilizzo di termini come questo, che rimandano inevitabilmente al mondo della carne con lo scopo di rendere il consumatore più consapevole del prodotto e promuovono scelte alimentari più salutari e sostenibili. È indubbio che si tratti di marketing, ma è davvero un tema su cui dover discutere?
Per alcuni deputati della Camera, sì.
Una proposta di legge che vuole vietare l’uso di nomi riconducibili alla carne per i prodotti vegetali è stata infatti presentata nella Commissione Agricoltura della Camera. L’obiettivo di questa legge è quello di difendere gli allevamenti e la produzione di carne italiana, che sarebbero svantaggiati dalla concorrenza di scelte alternative. Prodotti come la “bresaola di seitan” o la “bistecca di tofu” potrebbero, secondo i promotori della legge, indurre chi compra a pensare erroneamente che questi alimenti siano esattamente identici alla carne a livello nutrizionale.
Secondo l’organizzazione per i diritti animali “Essere Animali”, l’argomento della legge è fuorviante, perché ci sono differenze nutrizionali anche tra prodotti a base di carni diverse con lo stesso nome. I prodotti che usano questo tipo di termini, inoltre, avvicinano le persone a un’alimentazione più veg, una scelta migliore non solo per la salute ma anche per l’ambiente.
La proposta di legge, infatti, non considera i vantaggi a livello di sostenibilità ambientale che offre l’alimentazione vegetale: un report della Commissione Europea ha dimostrato che il settore zootecnico (una parte del settore primario che consiste nell’allevamento, nell’addomesticamento e nello sfruttamento di animali a fini produttivi) è responsabile per l’81- 86% delle emissioni totali di gas serra nell’agricoltura.
Per questi motivi Essere Animali ha lanciato una petizione per chiedere al Governo di impegnarsi a bloccare la proposta.
Cosa succederà adesso a Cuba?
Non si sa ancora, ma si teme che ci possano essere disordini interni, con rischio di ribellioni popolari o, addirittura, di colpi di stato. Inoltre, Raùl Castro ha 85 anni e quando morirà, è possibile che il regime comunista cubano possa morire. Queste ribellioni potrebbero avere ripercussioni anche sui governi comunisti attuali, come Cina, Vietnam e Laos.
Fidel Castro rappresenta un pezzo di storia.
Nel 1958, guidò la Rivoluzione Cubana, che ribaltó il regime di Batista (feroce dittatore cubano). Il 13 febbraio 1959, diventa primo ministro ed essendo anche Presidente del Partito Comunista di Cuba diede inizio a un nuovo regime, il regime comunista. Durante questa carica, si alleó con l’URSS e ciò permise l’esportazione di petrolio. Questa alleanza, però, ebbe anche un lato negativo: Krušëv decise, infatti, di posizionare dei missili nucleari sull’isola di Cuba puntati contro l’America. Ciò portó poi ad un embargo, che è stato soppresso solo nel 2014 da Obama. Nel 1977, Castro ricoprí ufficialmente la carica di Presidente di Cuba. Dopo la caduta del muro, Castro cercò di ristabilire i rapporti con la Chiesa (problematici a causa di una scomunica) incontrando, nel 1998, papa Giovanni Paolo II. Nel 2008, a causa di malattie intestinali, vecchiaia e Alzheimer, fu costretto a cedere il potere al fratello Raùl.
In molti cercarono di ucciderlo.
Dato che Castro prese il potere in maniera autoritaria, diversi sono stati i tentativi – chi ha tentato di sparargli, chi ha provato a farlo saltare in aria – di uccidere Castro da parte di ribelli (anche americani): la sua guardia del corpo ne ha contati 638.