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L'EDITORIALE

Non è solo una caldaia

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EDITORIALE
– E adesso, per favore, prestate molta attenzione. La manifestazione studentesca andata in scena ieri a Rapallo, che ha visto la partecipazione compatta di più di 500 studenti del Liceo “Da Vigo”, non è stata una messinscena, né una scusa. A Rapallo i ragazzi avevano freddo, e lo avevano per davvero, al punto tale che nessuno è rimasto a dormire mentre qualcuno si inventava una giustificazione per non andare a scuola. E questo cambia tutto. Perché sugli scioperi si può pensare quello che si vuole, ma fa impressione vedere così tanti ragazzi che si muovono per qualcosa, per un motivo. Non hanno chiesto di stare a casa, hanno chiesto di poter andare a scuola con dignità, con la reale possibilità di studiare e di capire, senza doversi ammalare, senza dover fare a volte decine di Km per poi non trovare nemmeno un riparo, se non quello che la scuola prova a mettere in piedi ogni volta con le striminzite possibilità economiche e normative che ha. Gli studenti hanno fatto intendere alla Città Metropolitana di Genova che la caldaia della succursale delle Clarisse non è solo una questione di manutenzione tra tante, ma è una questione di educazione, di civiltà. E su questo ora si gioca tutto. Perché i manifestanti hanno ottenuto una promessa, con un giorno e un impegno ben preciso: martedì 12 sarà aggiustato tutto. Gli adulti non si sono nascosti, ma si sono impegnati in prima persona. E se tradissero quella promessa non tradirebbero un impegno elettorale, ma il desiderio, i sogni, le speranze del loro futuro, dei loro giovani. La Città Metropolitana ora ha una responsabilità enorme. Quella di non bruciare la fiducia di un gruppo di alunni che ieri ha scoperto la voglia e la bellezza di stare insieme per qualcosa, per costruire e ottenere qualcosa di positivo e di concreto. Tradirli sarebbe come uno schiaffo, come uno sberleffo, come una vigliaccheria. Per questo il Comune ha già detto che qualunque cosa accadrà resterà al loro fianco. Non per politica, ma per la comprensione del fatto che qui non si gioca una battaglia sul riscaldamento di una scuola, ma sulla fiducia di un intero gruppo di giovani. Per questo dalle parti del Liceo si attende: perché ogni adulto, ogni docente, ogni membro dell’Istituto sa quanto può essere fragile la promessa di un ente. E sa che i ragazzi non accettano delusioni. Anche perché a quel punto non si fiderebbero più, non accetterebbero più l’autorevolezza di un’istituzione che – ai loro occhi – si sarebbe dimostrata soltanto pasticciona e inaffidabile. E verrebbe meno il loro credito, la loro stima, la loro umanità. No, ragazzi… Quella alle Clarisse non è solo una caldaia. È il guanto di sfida che un gruppo di studenti ha lanciato sul tavolo degli adulti, della politica, della fiducia stessa. Non rispettarlo o, ancor peggio, prenderlo in giro non sarebbe soltanto irresponsabile. Sarebbe triste, sarebbe miope, sarebbe – molto semplicemente – il voltar le spalle al futuro. Ad un’intera generazione.

 

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L'EDITORIALE

COCCODRILLI/Maria De Filippi, schermo nero su canale cinque

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Maria De Filippi, la regina della televisione italiana, ha conquistato il cuore degli spettatori italiani per oltre trent’anni. Conosciuta per la sua empatia, la sua determinazione e la sua professionalità, Maria è diventata una delle figure più influenti del panorama televisivo italiano.

La carriera di Maria De Filippi è iniziata alla fine degli anni ’80, quando ha iniziato a lavorare per Mediaset, la più grande emittente televisiva privata italiana. Nel corso degli anni, Maria ha condotto molti programmi di successo, tra cui “Amici di Maria De Filippi”, “Uomini e Donne” e “C’è posta per te”. Grazie al suo talento e alla sua capacità di coinvolgere il pubblico, Maria è diventata un’icona della televisione italiana.

Oltre al suo lavoro in televisione, Maria De Filippi è anche una produttrice di successo. Ha fondato la sua casa di produzione, la Fascino PGT, che ha prodotto molti programmi di successo, tra cui “Amici di Maria De Filippi”, “C’è posta per te” e “Uomini e Donne”. Grazie alla sua esperienza e alla sua creatività, Maria ha contribuito a creare molti programmi di successo, che hanno divertito e coinvolto il pubblico italiano.

Maria De Filippi è anche una donna molto riservata. Non parla spesso della sua vita privata e delle sue relazioni personali. Tuttavia, nel corso degli anni, ha instaurato legami forti con colleghi diventati poi amici. In particolare, con il noto conduttore televisivo Gerry Scotti, che ha collaborato con Maria in molti programmi di successo e con Sabrina Ferilli la sua più grande amica.

In ogni caso, Maria De Filippi rimarrà per sempre una delle figure più amate e rispettate della televisione italiana. Grazie al suo talento, alla sua determinazione e alla sua capacità di coinvolgere il pubblico, Maria ha creato un legame speciale con gli spettatori italiani. Anche dopo la morte di suo marito, Maurizio Costanzo, Maria è sempre riuscita a mantenere la sua dignità e il suo rispetto, dimostrando di essere una persona di grande integrità e professionalità, continuando, a testa alta, il suo lavoro fino a pochi giorni fa.
Con quanto dolore riusciremo a passare su canale cinque senza pensare a lei…

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L'EDITORIALE

ISTRUZIONE/A scuola si muore

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O ti sparano…

L’istruzione è un diritto. In una società moderna come la nostra non ci dovrebbe essere ombra di dubbio. Forse un diritto potrebbe essere anche quello di sentirsi al sicuro nelle scuole, quanto basta da non essere freddati in corridoio.

In un istituto del Tennessee, USA, ieri hanno ammazzato tre adulti e tre bambini. Colpevoli due fucili d’assalto e una pistola, di certo non il materiale per un colloquio con la maestra.

È una storia già sentita, i nomi degli assassini si ricordano poco, quelli delle vittime anche meno. Ogni volta che sparano a scuola questioniamo (legittimamente) chi ha premuto il grilletto, ma poco importa ai più il fatto che parte delle armi sono state acquistate legalmente. Qualcuno ha permesso una facile distribuzione delle armi da fuoco.

Non per minimizzare le vite di coloro che a scuola lavoravano, ma sono morti dei bambini di nove anni, che a scuola andavano obbligati. Da qualche parte ci sono dei genitori che hanno mandato a morte i propri figli, aiutandoli a fare lo zainetto la mattina.

 

O ti uccidi?

Non dobbiamo cercare negli Stati Uniti gli studenti che si sono tolti la vita a scuola, ce ne sono molti anche in Italia. In questo caso risulta più difficile puntare il dito contro il reo, dato che l’azione più estrema di tutte è il frutto di molti fattori, che conosce solo chi decide di compierla.

 

Ma perchè a scuola?

Magari la goccia che fa traboccare il vaso è un attacco d’ansia, magari l’obiettivo è mandare un messaggio. Nella seconda ipotesi, la più probabile a mio avviso, si intravede il ruolo significativo ricoperto dal luogo, dove si insegna, si impara, si cresce. Si lascia il segno, anche. Magari il silenzioso e inascoltato grido d’aiuto della 19enne che due mesi fa si è suicidata allo IULM di Milano, nei bagni, sarà ricordato.

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L'EDITORIALE

IRAN/Quando il problema è di chi comanda

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Che cosa è un cittadino? Usando la definizione di Treccani: “Chi appartiene a uno stato (cioè a una comunità politica, a una nazione), e per tale sua condizione è soggetto a particolari doveri e gode di determinati diritti”. E lo stato non è forse la quintessenza della volontà dei cittadini che lo compongono?

La repressione

Al termine di un 2022 di continue proteste, ci chiediamo se le donne, sempre più soffocate in Iran, si possano definire cittadine di uno stato che non viene loro incontro, e che certamente non le rappresenta.

Perché è indubbiamente semplice chiudere un occhio sull’insignificante questione dei diritti umani, ma irrazionale non aspettarsi che il popolo da te rappresentato non vada d’amore e d’accordo con questa decisione.

Le risposte violente delle autorità, condite da sparatorie sulla folla, interrogatori duri (leggi: tortura) e molti altri trattamenti di favore, fanno presumere che il presidente, Ebrahim Raisi, non abbia davvero tutto sotto controllo, come invece ha fatto intendere nelle sue ultime dichiarazioni.

Il ruolo dello sport

Come già abbiamo potuto osservare in molti scenari di questo stampo, lo sport si fa spesso carico delle voci più coraggiose, che mettono in gioco il percorso di una vita, le fatiche degli allenamenti e la possibilità di partecipare a competizioni importanti, nella speranza di un futuro migliore.

Tutte le donne che dall’Iran fanno sentire la protesta attraverso lo sport vanno riconosciute, ma sentiamo particolarmente vicine la 22enne Mahsa Amini, fermata a Teheran e arrestata perché non indossava correttamente l’hijab, morta tre giorni dopo, e Elnaz Rekabi, la scalatrice vittima di numerose minacce, la cui casa è stata persino demolita (la CNN su Twitter).

“Ci moltiplichiamo”

Queste le parole di speranza che hanno iniziato a circolare su Twitter, da quando Sara Khadim ha partecipato, senza l’hijab, al campionato del mondo di scacchi in Kazakistan. La giovane donna, di soli 25 anni, ha dimostrato una strenua resistenza nei confronti delle minacce ricevute, e il suo contributo alla causa è senz’altro molto discusso.

A farsi sentire, però, non è solo qualche sportivo o alcuni personaggi di rilievo, ma da circa tre mesi continuano le proteste da parte di un popolo piegato dalla tirannia: queste di recente hanno assunto anche i primi colori della violenza (molotov lanciate in edifici religiosi), preannunciando un non così lontano botta e risposta tra polizia e manifestanti.

Fino a che punto si considerano accettabili le azioni di un popolo delegittimato? Ribaltare il potere può davvero portare al miglioramento della condizione delle donne in Iran?

 

 

 

 

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