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POESIA/L’amore raccontato dai poeti del tempo

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L’amore è il grande tema cantato dai poeti di tutti i tempi per la gioia, la vitalità, l’esaltazione, la frenesia e la passione che da esso derivano; ma anche per l’angoscia, il tormento e la delusione che può provocare.

Saffo, Catullo e Leopardi sono tre dei maggiori poeti che hanno narrato l’amore trattando sia gli aspetti positivi sia quelli negativi.

SAFFO

Saffo è una poetessa vissuta nel VII sec. a.C. a Lesbo, nel mezzo del Mar Egeo.

Nell’isola, lei creò il “Tiaso”, una comunità religiosa in cui le donne di Mitilene, la capitale dell’isola, venivano educate dalla stessa Saffo al culto di Afrodite, dea greca dell’amore e allo studio dell’enigma dell’amore; le donne, quando trovavano uno sposo, lasciavano il Tiaso per avere una vita propria. Questo stile di vita fece fiorire la leggenda che tra le donne vi fossero rapporti omosessuali con la stessa Saffo – è per questo che oggi chiamiamo un amore “saffico” un amore tra due donne ed è sempre per questo che chiamiamo due donne omosessuali “lesbiche”, dal nome dell’isola in cui l’autrice ha vissuto tutta la vita.

Saffo, che la leggenda descrive di bruttissimo aspetto, conobbe Faone, un uomo bello e ricco dell’isola che amò pazzamente. Purtroppo, l’uomo non amava Saffo e quando essa comprese che quell’amore non era realizzabile, si rassegnò e, come tramandato dai test, si suicidò gettandosi dalla rupe di Leucade.

Saffo scrisse molte poesie, ma ad oggi è arrivato solo uno dei suoi nove libri, oltre a più di 200 frammenti catalogati in base alla data di ritrovamento. Il più famoso di questi è il frammento 31, chiamato anche “Ode della Gelosia”, che descrive una delle allieve più amate da Saffo mentre parla e ride con un uomo, presumibilmente il suo futuro sposo, mentre la poetessa li guarda da lontano e si strugge immaginando il momento in cui dovrà abbandonare la ragazza e lasciarla andare.

CATULLO:

Gaio Valerio Catullo è un poeta nato nell’84 a.C. a Verona e morto nel 54 a.C. a Sirmione. Da giovane si trasferì a Roma dove frequentava ambienti politici, intellettuali e mondani. Le sue poesie, lontane dalla vita politica, parlano dell’amore e della sua relazione con Clodia, una bellissima e potente matrona dell’epoca, moglie di un proconsole molto influente, Quinto Cecilio Metello Celere e figlia di un console romano che ebbe molti amanti, tra cui appunto Catullo. Quest’ultimo si soffrì d’amore per lei perché la amava ma sapeva di non poterla avere solo per sé. Ciò lo condizionò, tanto da dare alla amata lo pseudonimo di “Lesbia” in riferimento alla poetessa Saffo, perché sentiva di soffrire per lo stesso amore che aveva perseguitato la poetessa greca. 

Le sue poesie, chiamate Carmi, sono raccolti nel “Catulli Veronensis Liber” – Libro di Catullo di Verona. I primi Carmi elogiano l’amore cieco e distruttivo che provava per lei, mentre i successivi si riferiscono al disinganno e al dolore dovuto alla rassegnazione; il sogno era finito, Lesbia non aveva mantenuto le promesse e Catullo si è “svegliato” dal sogno dell’amore perfetto. Lui odiava Lesbia perché aveva anche altri amanti, oltre a suo marito. Allo stesso tempo, però, la amava pazzamente e per ciò si struggeva; come scrive nel Carme 85, “Odio e amo. In che modo lo faccia, forse ti chiederai. Non lo so, ma sento che accade, e mi tormenta.”.

La sua opera più famosa è il Carme 51, in cui si ispira al frammento 31 di Saffo e lo riscrive, quasi come fosse una traduzione, aggiungendo, alla fine, i sentimenti che stava provando.

Secondo Catullo, come anche per Saffo e Leopardi, l’amore è una forza che da una parte è distruttiva, perché di potenza divina, e dall’altra parte è educativa, perché si può imparare ad utilizzare e sfruttare il suo incredibile potere.

LEOPARDI

Giacomo Leopardi, nato a Recanati nel 1789 e morto a Napoli nel 1837 è stato filosofo, scrittore, filologo italiano, ma soprattutto è ritenuto il maggior poeta dell’Ottocento italiano, una delle principali del romanticismo letterario e una delle più importanti figure della letteratura mondiale.

Leopardi, quando lasciò Recanati, dove scrisse la sua poesia più famosa, “L’Infinito”, andò a Firenze dove conobbe una donna bellissima, Fanny Targioni, sposata con Tozzetti e famosa per bellezza e per le frequentazioni letterarie. Leopardi si innamorò di lei tra il 1830 e il 1833 senza mai essere corrisposto. 

Il poeta pensa che l’amore sia l’unica giustificazione e risarcimento al destino e al dolore dell’uomo.

Leopardi dà all’amata Fanny lo pseudonimo di Aspasia, che fu una donna vissuta nel V sec. a.C, cortigiana bellissima e coltissima, tanto che anche Pericle se ne innamorò.

Leopardi passa dall’amore accecato della poesia “Pensiero dominante”, alla delusione e disillusione dell’ “inganno estremo” della poesia “A se stesso”. Inoltre, nell’ “Ultimo canto di Saffo”, scritto nel Maggio del 1822, racconta cosa poteva provare Saffo da giovane sapendo che non sarebbe mai stata amata a causa del suo corpo brutto e deforme – come lo era del resto anche quello di Leopardi.

Un’altra tematica che unisce Leopardi e Saffo è il fatto che entrambi si suicidarono per amore; sono talmente simili per tematiche e metrica che per molti Leopardi è l’alter ego di Saffo.

Gli antichi e i moderni hanno un’idea di suicidio molto diversa: gli antichi, suicidandosi, lanciavano un ultimo grido di amore e solo con il suicidio conquistavano la “gloria imperitura”, mentre Leopardi, concordante con i poeti moderni, pensava che il suicidio fosse opportuno solamente quando la morte rappresentava una situazione migliore della vita.

La differenza sostanziale esistente tra Saffo, Catullo e Leopardi consiste nel fatto che gli ultimi due poeti riuscirono a liberarsi dalla cecità dell’amore capendo che il sentimento che stavano cercando non era realizzabile, anche se non riuscirono mai a smettere di amare, mentre Saffo fu sempre alla ricerca dell’amore e forse proprio la rassegnazione la portò al suicidio.

L’aver avuto un’esperienza amorosa complicata e averne narrato i sentimenti e la passione ha reso famosi i tre poeti fino ai giorni nostri.

 

 

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The sandman

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The sandman è una serie Netflix formata da 11 episodi uscita nel 2022 con protagonista Morfeo il signore dei sogni, interpretato da Tom Sturridge, ispirata dall’omonima serie a fumetti ideata dal britannico Neil Gaiman e pubblicata dalla Dc Comics negli Stati Uniti tra l’88 e il ‘96.

Questa serie subito dopo la sua uscita è balzata in cima alla top 10 globale delle serie più viste su Netflix già dopo soli tre giorni, con 69,5 milioni di ore guardate.

La serie inizia con Morfeo che è alla ricerca di un incubo fuggito dal mondo dei sogni, ma finirà per essere catturato da Roderick Burgess, un occultista/stregone che cercava di evocare e imprigionare la morte per ottenere l’immortalità e riavere suo figlio, ma finendo per catturare il fratello minore Morfeo. Preoccupato per la sua vita lo imprigiona per anni togliendogli anche i suoi strumenti, ovvero una parte dei suoi poteri racchiusi in un elmo, un sacchetto di sabbia e un rubino, lo strumento più potente che ha creato.

Morfeo, dopo essere riuscito a fuggire, dovrà partire alla ricerca di questi suoi strumenti, per poter ripristinare il suo regno, il mondo dei sogni, poiché con la sua assenza il suo regno e caduto in rovina e tutti i suoi abitanti sono scappati o morti.

Durante la ricerca si ritroverà ad affrontare molte difficoltà e ostacoli ,tra cui : Lucifer Morningstar ,per riprendersi il suo elmo, Johanna Constantine, un esorcista privato, per riprendersi il suo sacchetto di sabbia e il figlio di Roderick Burgess, John Dee ,anche chiamato dottor destiny, che, consumato dal potere del rubino, cercherà di creare, come dice lui, “un mondo senza bugie”, venendo ,però, fermato da Morfeo ,dopo una battaglia all’ultimo sangue.

Ma questa è la trama dei primi cinque episodi ,perché dopo il quinto episodio Morfeo torna alla ricerca dell’incubo fuggito ,il corinzio che negli anni in cui è stato imprigionato ha ucciso molte persone e convinto tante altre ad uccidere, creando un culto conosciuto come “collezionisti”, che sarà il tema centrale negli ultimi cinque episodi della serie.
Serie strutturata molto bene, ma consigliata ai ragazzi dai 12 anni in su.

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CULTURA/Manet artista della perversione?

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E’ una fredda giornata di fine gennaio del 1832. A Parigi, tra le colorate vie del centro, nasce un artista destinato a stravolgere il panorama artistico di tutti i tempi. E’ Edouard Manet, cresciuto nell’agio di una famiglia facoltosa che lo indirizza alla carriera giuridica. Fin da bambino, tuttavia, viene attratto da quel linguaggio universale, le cui parole sono fatte di colori, che con le sue linee può essere più incisiva delle grida: l’arte. Il giovane s’imbarca come marinaio per evitare gli studi di legge, ma l’impiego non durerà molto, quanto basta affinchè la famiglia gli permetta di inseguire la sua grande passione. I suoi viaggi per l’Europa arricchiscono i suoi studi, egli è ispirato da grandi maestri, Giorgione e Tiziano in particolare.

Nel 1863 espone la sua tela “Colazione sull’erba”,  tanto amata quanto discussa, che viene respinta della critica del Salon. Cos’è che la pittura accademica proprio non riesce ad accettare di questo quadro? Inorridisce, senza dubbio, la tecnica pittorica, destinata invece a entusiasmare un gruppo di giovani artisti-ribelli, passati alla storia come impressionisti: da vicino, infatti, appaiono molte macchie che lo spettatore solo allontanandosi riesce a congiungere, ritrovando l’unità della tela. Inoltre viene rimproverato all’artista di non aver saputo utilizzare la prospettiva geometrica e il chiaroscuro, assolutamente necessari per poter produrre un’opera di successo, come classicismo comanda. Ma ciò che disturba maggiormente è la figura femminile nuda che conversa amabilmente con due giovanotti borghesi, rendendo volgare le chiacchere di una colazione come tante agli occhi di una, a quanto pare, pudica giuria.

Il tema della nudità femminile viene ripreso in un’altra celebre opera: “Olympia”. Manet rimprovera alla cultura del suo tempo un’estrema rigidità delle posture, prediligendo pose quotidiane per rendere maggior realismo. La pittura accademica accettava il nudo femminile solo se con qualche rimando mitologico; Olympia, seppur raffigurata con lo stilema della Venere sdraiata, non ha nulla di divino, è una prostituta. La giovane donna è invece uno degli scarti della società, raffigurata con la mano sinistra che copre l’oggetto del suo lavoro, quasi per sottolinearlo. I suoi occhi fissi e fieri sullo spettatore rivelano uno sguardo calcolatore. Emblematico poi è il gatto nero, che si credeva fosse il tramite fra le streghe e il diavolo.

Manet infrange uno dei tabù più forti del suo tempo. La prostituzione era un fenomeno estremamente diffuso, ma taciuto, ritenuto indegno, come la stessa sessualità. Il quadro dunque non riscuote particolare successo. L’artista attira l’amicizia di molti artisti, soprattutto Baudelaire. Effettivamente si può ritrovare una forte analogia tra i due: entrambi rifiutano il ruolo educatore dell’artista, preferendo immergersi e denunciare una cruda realtà, quella vera, alla società borghese, fatta di perbenismo esteriore che nasconde un attaccamento viscerale e morboso ai propri interessi. Ecco che “l’artista maledetto”, alla bohemien, non ha solo il merito di aver sperimentato nuove tecniche pittoriche, essenziali per la nascita dell’impressionismo, ma ha anche descritto, con uno sguardo disincantato, una società nascosta, soffocata, che nell’ ottocento comincerà finalmente a reclamare i suoi diritti. Forse anche oggi servirebbe qualcuno che, con maestria e senza retorica, denunci gli interessi capitalistici della società contemporanea, che come al tempo di Manet, nasconde sotto un perbenismo irritante i propri interessi.

Questo è il potere universale e senza tempo di Manet.

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CULTURA/L’immagine di Babbo Natale

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LA TRADIZIONE DI BABBO NATALE

 

Tutti noi conosciamo la figura di Babbo Natale che da sempre la notte del 24 dicembre passa nelle case di tutti e lascia i regali sotto l’albero, ma da dove nasce questa magica figura adorata da grandi e piccini? 

 

BABBO NATALE NELLA LEGGENDA

 

Molti riconducono Babbo Natale alla figura di San Nicola, ma in realtà esistono diverse  tradizioni seppur incerte che ricordano questo fantastico personaggio.

Nell’Antica Grecia si può ricondurre ad Apollo, dio del sole, con il suo carro del sole; poiché durante il periodo natalizio i Greci assistevano ad un allungarsi delle giornate. 

Per le popolazioni Nordiche invece Babbo Natale era Odino, che una notte all’anno passava a donare regali sopra una slitta trainata da un cavallo volante.

 

IL PERSONAGGIO CHE DIEDE ORIGINE A BABBO NATALE

 

Dopo aver esplorato la figura più remota che potrebbe essere riconducibile a Babbo Natale passiamo alle tradizioni più “recenti”. 

Diamo uno sguardo alla figura di San Nicola: durante il quarto secolo San Nicola era il vescovo di Myra, nell’odierna Turchia, ed era considerato il protettore delle donne e dei bambini. La leggenda narra che un giorno il santo aiutò 3 donne giovani ma povere a sposarsi poiché per 3 notti donò a ciascuna un sacco pieno di monete. La festa del santo si diffuse presto in tutta Europa e successivamente in America.

 

COM’È NATA L’IMMAGINE DI BABBO NATALE

 

Quando la storia di San Nicola raggiunse il Nord Europa si mescolò con le tradizioni dei paesi e delle popolazioni che ci vivevano. Cominciarono a rappresentare San Nicola non più come un santo ma come una figura magica: un elfo, un folletto o (per le tradizioni anglosassoni) un grande omone simile ad uno spirito. In Olanda era chiamato Sinterklaas e quando gli europei cominciarono a colonizzare l’America, gli olandesi trasportarono questa figura magica fin oltre oceano. L’America accolse a braccia aperte le tradizioni Olandesi ma cambiandole: il nome Sinterklaas si trasformò in Santa Claus e nel 1822 fu scritta una poesia in cui comparvero i simboli della slitta e dei regali che vengono calati dal caminetto. Verso la fine del 1800 Haddon Sundblom (un disegnatore Americano) si ispira alla poesia per disegnare il simpatico vecchietto barbuto che farà da protagonista alla pubblicità della Coca-Cola Company.

 

MA È DAVVERO SOLO QUESTO?

 

È davvero solo una pubblicità? È possibile che la figura di Babbo Natale sia soltanto quella della Coca-Cola? Come abbiamo visto, in tutta la storia ci sono testimonianze di una figura che durante una notte invernale, che coincide con il prolungarsi delle ore di luce, vola su una slitta o un carro trainato da cavalli o renne. Che venga chiamato Apollo, Odino o Santa Claus non fa molta differenza, una magica figura ricorrente abita le tradizioni di 5000 anni di storia umana.

 

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