ANNI DIECI/Politica, tra Fini e Salvini nel decennio del PD

Pochissimi giovani oggi sanno chi è Gianfranco Fini, ma è sufficiente riavvolgere le lancette di dieci anni per trovarlo al centro della scena politica nazionale.

 

Nel 2008 il centrodestra vince le elezioni

Andiamo con ordine. È il 2008, Silvio Berlusconi ha trionfato alle elezioni politiche, portando il nuovo listone unico del centrodestra – il Popolo delle Libertá – al 38% e a 17 milioni di voti (una roba che l’astensionismo odierno lo farebbe schizzare a quasi il 48% dei consensi). Berlusconi va al governo e l’alleato di sempre, il leader del partito della destra nazionale post-fascista – Gianfranco Fini per l’appunto – diventa presidente della Camera dopo aver fatto confluire il proprio movimento nel PdL. Il primo anno di legislatura è tutto un crescendo della forza politica di Berlusconi, il cui culmine lo si può vedere il 25 aprile del 2009 quando ad Onna, dopo il terremoto che il 6 aprile di quell’anno ha devastato l’Abruzzo, i partigiani mettono attorno al collo di Silvio il loro adorato fazzoletto. È il collasso della sinistra, con il PdL valutato nei sondaggi oltre il 46%.

 

Il tramonto del berlusconismo

Poi esplodono gli scandali sessuali del Cavaliere, l’incapacità politica a gestire la crisi economica esplosa nell’autunno del 2008 e i conflitti sull’Europa attorno alla madre di tutte le riforme, quella sulle pensioni. Fini abbandona il PdL, ma i parlamentari che lo seguono non sono sufficienti a far cadere il governo: il 14 dicembre del 2010 per un solo voto Berlusconi resta in sella e punta tutto sul suo nuovo delfino, Angelino Alfano. Il Pd passa dalla gestione di Veltroni a quella di Franceschini per arrivare nelle mani di Bersani. Al centro Casini si allea con Fini in una sorta di opposizione repubblicana al Cavaliere di Arcore, la Lega è al 4%, il Movimento 5 Stelle miete successi di piazze e di pubblico, ma non ha ancora rappresentanti politici. Il 2011 è l’anno della svolta: i 5 stelle trionfano al Referendum per l’Acqua Pubblica, il centrodestra perde Milano, Roma e Napoli, la crisi investe il debito pubblico. È l’estate dello spread che porta Berlusconi alle dimissioni a metà novembre, sostituito in corsa da Mario Monti in un governo appoggiato da Pd, Pdl e Centristi. Lo chiamano governo ABC, Alfano, Bersani, Casini, dal nome dei tre leader che lo supportano.

 

Il biennio delle incertezze (2012-2014)

Nel 2012 i 5 stelle spopolano alle amministrative conquistando Parma e numerosi altri piccoli comuni. In casa Pd il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, sfida Bersani per la guida del partito: Renzi perde, ma si candida a rappresentare un pezzo degli interessi dell’elettorato berlusconiano. Monti, presentato come l’uomo della provvidenza, è malsopportato da Berlusconi ed è apertamente osteggiato da Lega e 5 stelle. La Lega, travolta dagli scandali giudiziari, passa dalla guida di Umberto Bossi a quella di Matteo Salvini. Berlusconi, temendo i movimenti in corso, tenta la mossa del cavallo, offrendo proprio a Monti la guida del PdL. È il gran rifiuto del Senatore a segnare lo spartiacque del decennio, un periodo che si risolve con la caduta di Monti sfiduciato da Berlusconi e nuove elezioni a febbraio del 2013. L’Italia va al voto sotto la neve e tutti i sondaggi pronosticano un trionfo per Bersani e il Pd. Ma l’Italia berlusconiana regge e il centrodestra conquista la maggioranza al Senato, mentre la Camera va al centrosinistra. Ago della bilancia sono i 5 stelle, che con il 25% dei loro consensi rappresentano il partito del futuro. Ma i “grillini” umiliano Bersani in un epico incontro via streaming, trasformando il Pd in una maionese impazzita che prima candida Prodi alla Presidenza della Repubblica e poi lo defenestra con 101 voti del Pd mancanti al professore per l’elezione. Su proposta di Berlusconi tutti i partiti chiedono a Napolitano di prolungare il suo mandato in attesa di schiarite e, per la prima volta nella storia, un Presidente della Repubblica è rieletto.

 

Il renzismo

Dopo la riconferma di Napolitano, Bersani si dimette, Letta forma un governo con il PdL, Lega e 5 stelle stanno all’opposizione. Renzi conquista la segreteria del Pd dopo la gestione ponte di Epifani e il 14 febbraio 2014 congeda Letta e lo sostituisce a palazzo Chigi. Frattanto il PdL si era frantumato dopo la condanna di Berlusconi in un processo per frode fiscale, portando Alfano al timone di una forza moderata a sostegno del governo e il Cavaliere, decaduto da senatore, all’opposizione con la Lega.

 

Il patto del Nazareno

Berlusconi cerca e trova il rilancio nel cosiddetto “patto del Nazareno“ con Renzi all’insegna del nobile intento di riformare Costituzione e Legge Elettorale. Il patto regge fino al 30 gennaio 2015 quando, a sorpresa – dopo aver chiuso l’accordo per il dopo Napolitano sul nome di Giuliano Amato – Renzi fa votare ed eleggere in solitaria Mattarella quale nuovo Presidente della Repubblica. Berlusconi urla al tradimento, lo scontro si fa più aspro e le riforme costituzionali sono sottoposte ad un referendum in cui Renzi, alla luce di uno sfolgorante 40% raccolto alle europee, decide di giocarsi tutto. È il 4 dicembre 2016 quando Renzi perde miseramente il referendum e si dimette dalla guida del governo, dando il via libera al governo Gentiloni, un governo moderato che porta l’Italia alle elezioni del 2018 con una legge elettorale proporzionale, corretta da una buona dose di maggioritario.

 

Arrivano i populisti

I due blocchi tradizionali si presentano uniti nel maggioritario e divisi nel proporzionale, ma a brindare sono i 5 stelle che toccano il 32% dei consensi. Nasce il governo populista tra 5 stelle e Lega, con Salvini in forte ascesa nei sondaggi, il centrodestra asso piglia tutto alle elezioni regionali e amministrative, e il Pd sempre più in sofferenza che si affida a Zingaretti. Arrivano le europee del 2019: è un trionfo per la Lega al 34% e un tonfo per i 5 stelle, mentre a sorpresa regge il Pd e tramonta per sempre l’astro berlusconiano. Il resto è cronaca di questi mesi: Salvini che cerca di incassare il consenso delle europee, portando il paese alle elezioni e non ce la fa, e i 5 stelle terrorizzati dall’estinzione che si accordano con il Pd per un nuovo governo Conte, questa volta giallorosso.

Anni venti

Un decennio sulle montagne russe per la politica italiana con un dato paradossale: se al centro della scena pubblica ci sono stati personaggi di destra come Fini, Berlusconi o Salvini, al governo in tutti i dieci anni non è mai stato assente – esclusa l’esperienza gialloverde – il Pd. Il nuovo decennio si apre all’insegna dell’incertezza, con molte incognite sotto il cielo della politica italiana: la Lega cerca una conferma al suo primato e punta a trasformarsi da forza populista in forza popolare, il Pd cerca di ricostruire il campo del centrosinistra annettendo un Movimento 5 stelle riottoso e incerto sul suo futuro, al centro stanno le grandi manovre per la costruzione di un soggetto che sia ago della bilancia fra i poli. Alle estreme, infine, i fenomeni più interessanti: l’ascesa di una nuova destra sociale incarnata da Giorgia Meloni e il successo di una sinistra ambientalista non ancora rappresentata dalla politica italiana.

Molte cose sono da vedere e da raccontare in questi lunghi anni venti. Mettetevi comodi, lo spettacolo ha inizio.