NAVALNY/Addio all’ attivista che ha fatto tremare la Russia

“Buon compleanno, padre!!! Ti amo e mi manchi tantissimo ogni giorno. Sei il mio eroe” questo potrebbe essere un post come un altro di una figlia che ha perso il padre, ma non è così. È stato scritto infatti da Dasha Navalnaya, figlia di Alexei Navalny, uno degli oppositori politici del regime russo. La storia di Dasha è un esempio di coraggio e impegno per la giustizia.

Dasha con suo padre

Dasha non solo porta avanti il nome della famiglia, ma si è anche impegnata attivamente nella lotta per i diritti umani e la democrazia in Russia, nonostante le sfide e le minacce che questo comporta. Il suo profilo su Instagram mostra non solo la sua giovinezza, ma anche la sua determinazione e impegno per la causa di suo padre. Attraverso i suoi post e le sue parole, traspare un profondo amore verso il padre e un forte senso di responsabilità verso la lotta per la libertà e la giustizia. La sua presenza nei social media, le sue interviste e il suo sostegno alla causa del padre dimostrano il suo coraggio e la sua resilienza di fronte alle avversità. 

In un’intervista ha detto: «Il sogno di mio padre è che la Russia diventi un Paese libero, abbia elezioni aperte, libertà di stampa, che diventi parte della comunità democratica».

Libertà e coraggio sono parole che ricorrono in questa storia.

Ma chi era veramente Alexei Navalny?

Classe 1976, Aleksej Anatol’evič Naval’nyj, si laurea alla Rudn di Mosca, mostrando fin da subito una spiccata passione per la politica. Dopo un periodo nel partito liberale Yobloko, si avvicina all’ estrema destra, arrivando a partecipare alla Russkij Marsh nel 2006 e a fondare il movimento patriottico Narod. Non è quindi un mistero che si sia trovato fin da subito in disaccordo con Vladimir Putin, avendo punti di vista diversi sulla multietnicità russa, per fare un esempio. 

È all’ inizio degli anni dieci che Navalny mette “da parte” la politica per dedicarsi alla lotta contro la corruzione, ormai frequente, in Russia. Apre così RosPil, il sito che gli permette di comunicare al mondo le prove dell’ immoralità di quegli anni, con tanto di prove. 

Il blogger, diventato ormai famoso, entra così nel mirino del Cremlino come uno dei bersagli più urgenti da eliminare. Alexej comincia quindi a entrare e ad uscire dal carcere, sempre più spesso, ma questo non lo scoraggia, anzi; decide infatti di candidarsi come presidente nel 2018. Naturalmente questo gli viene impedito. 

Dentro e fuori 

Nel 2014 lui e suo fratello Oleg vennero condannati in tribunale a 3 anni e sei mesi di carcere per appropriazione indebita ai danni dell’azienda francese di cosmetici Yves Rocher, alla quale la loro compagnia di trasporti avrebbe sottratto 30 milioni di rubli. Mentre Oleg scontava la pena in carcere, Alexei venne rilasciato, con l’obbligo di presentarsi alle autorità per due “firme” mensili fino al 30 dicembre 2020.  Nel 2017  è stato condannato più volte al carcere, insieme ad altre centinaia di persone, a causa di manifestazioni contro la corruzione non autorizzata dal governo. Il 17 gennaio 2021, Alexei Navalny è tornato in Russia dalla Germania, dove si stava riprendendo dall’avvelenamento, ed è stato arrestato nella zona grigia dell’aeroporto Sheremetyevo di Mosca per aver violato la condizionale nel caso Yves Rocher. Dopo l’arresto, è stato trattenuto nella zona di transito dell’aeroporto e successivamente trasferito in un dipartimento di polizia.                                                                                                                                      Il 13 marzo iniziò per lui uno sciopero della fame dal momento che i medici si erano rifiutati di visitarlo, poi gli fu diagnosticata una tubercolosi e solo il 18 aprile alcuni deputati russi chiesero a Putin di dargli le cure mediche. In seguito, tornò in carcere. Nell’agosto 2023, l’oppositore è stato condannato, mentre partecipava attraverso collegamento video dal carcere, ad altri 19 anni per aver “presumibilmente finanziato attività estremiste” e “riabilitato l’ideologia nazista”.

Una morte improvvisa

Non trascorre molto tempo da quando il governo decide che forse Alexej ha fatto l’inchiesta di troppo. Navalny comincia a sentirsi male sul volo di ritorno da Tomsk, in Siberia, il 20 agosto 2020, costringendo l’aereo a un atterraggio di emergenza a Omsk. Trasportato subito in ospedale, viene ricoverato e, secondo i medici, l’avvelenamento è solo una delle molte cause che potrebbero essere ricondotte al malore. Due giorni dopo gli viene concesso il trasferimento in Germania, all’ospedale Charité di Berlino. E´ rimasto lì 32 giorni in coma farmacologico. 

Il governo tedesco, in seguito a esami tossicologici, aveva dichiarate che fosse stato usato il novichok, un pericoloso agente nervino, già utilizzato in passato per altri attentati. Anche dopo diverse inchieste che avevano coinvolto pure l’FSB -i servizi segreti russi-, il governo russo ha continuato a negare una potenziale partecipazione nella faccenda

Fin da quando era stato dimesso, il 23 settembre, Navalny aveva espresso il desiderio di tornare in Russia, riuscendoci solo il 17 gennaio 2021. Il suo volo venne però dirottato, atterrando all’aeroporto di Sheremetyevo, invece che a Vnukovo, com’era previsto. Lì è stato arrestato e da allora non è più stato in libertà.

Gli ultimi giorni

Il carcere in cui era rinchiuso Navalny era l’IK3, il più a nord del mondo, vicino alla città di Kharp, oltre il circolo polare artico; questo è uno dei penitenziari più duri del sistema, soprattutto per le temperature molto basse. Alexei Navalny era uscito da due settimane di isolamento il 14 febbraio, per comparire il giorno dopo in un’udienza di tribunale. In video appare in salute, scherza persino con il giudice. Si parla delle sue condizioni di salute nel carcere precedente, dove aveva accusato diversi dolori, ma in quel momento non c’è nulla che non vada. 

Ventiquattrore dopo Navalny muore, alle 14:17. Secondo il comunicato del carcere “il detenuto A.A. Navalny si è sentito male dopo una passeggiata, perdendo quasi subito conoscenza”.  Già da subito c’erano molti elementi che non quadravano, primo fra tutti l’orario della passeggiata, non corrispondente a quello riferito da molti attivisti per l’ora d’aria. 

La famiglia del defunto è sconvolta, soprattutto perchè per adesso la salma non è accessibile. In particolare la madre, Lyudmila Ivanovna Navalnaya, e la moglie, Yulia Navalnaya, stanno accusando il Cremlino per la morte di Alexej, e dalle loro dichiarazioni non sembrano volersi fermare tanto presto. Le due donne sono unite per portare avanti il progetto di Navalny e scoprire la verità sulla sua morte. Mosca, d’altro canto, nega tutto, smentendo tutte le accuse. “L’inchiesta sulla morte è ancora in corso e per il momento non ci sono risultati”, ha detto Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, aggiungendo che finchè l’inchiesta non sarà giunta al termine, tutte le accuse sono infondate e “rozze”.

Ultime notizie

In questi ultimi giorni stanno spuntando diverse ipotesi sulla “morte improvvisa”, così è stata chiamata da Mosca. Come riporta Vladimir Osechkin, fondatore di Gulagu.net, gruppo per i diritti umani, Navalny potrebbe essere stato vittima del “pugno unico”.

Questa tecnica è stata usata dal KGB e consiste in un pugno al cuore. Navalny sarebbe stato portato all’ aperto per circa due ore e mezzo, per poi morire.

Per adesso quello che tutti sperano, è che venga alla luce la verità sulla morte dell’ uomo, che una volta ha fatto tremare la Russia.