ALES BIALIATSKI/Premio Nobel per la pace

Il vincitore del Premio Nobel per la pace 2022 è Ales Bialiatski. Dopo lunghi anni di carriera è riuscito ad ottenere questo famoso riconoscimento, che mostra la grandezza e l’importanza dei suoi ideali. Scopriamo insieme chi è.

 

Chi è Ales Bialiatski?

Ales Bialiatski è un difensore dei diritti umani che da 30 anni guida una campagna per la democrazia e la libertà. Il bielorusso vincitore del premio nobel per la pace, è infatti un attivista fondatore di “Viasna Human Rights Centre”, associazione nata nel 1996, nota appunto per la sua attività nel campo dei diritti umani con lo scopo di fornire assistenza finanziaria ai prigionieri politici. 

Nato a  Vjartsilja, in Russia nell’attuale Carelia, ai tempi facente parte dell’Unione Sovietica, il 25 settembre del 1962, ha intrapreso una vita ricca e proficua. 

Studiò letteratura bielorussa e si laureò all’università di Homel’ Francysk Skaryna. Ottenne inoltre anche un dottorato di ricerca presso l’Accademia delle Scienze bielorussa. 

Tra il 1986 e il 1989 fu capo dell’Associazione Tutėjšyja, un gruppo di giovani scrittori. Un anno prima sposò Natalja Pinčuk da cui ebbe il figlio Adam.

Nel 2006 ottenne il “premio Sacharov per la libertà”; nel 2007 divenne vicepresidente della “Federazione Internazionale per i diritti umani”; ancora nel 2012 vinse il premio per la “democratizzazione della Repubblica di Bielorussia e per gli aiuti previsti per le persone perseguitate dalle autorità bielorusse”. 

Su Bialiatski si può quindi affermare che abbia trascorso una vita all’insegna della giustizia e della moralità. Vediamo ora in particolare di cosa si tratta il premio conferitogli il 7 ottobre 2022. 

 

Il premio nobel

 Ales Bialiatski ha ricevuto nel 2022, insieme a due Ong (all’organizzazione russa per i diritti umani Memorial e all’organizzazione ucraina Center for Civil Liberties), il premio Nobel per la pace 2022. Il premio ottenuto è  una proclamazione a favore della società civile all’interno dei loro paesi nativi. Il famoso attivista si è impegnato notevolmente per documentare la violazione di tutti i tipi di diritti civili e umani, l’eccesso abuso del potere e i crimini di guerra.

Il comitato ha motivato l’assegnazione ad Ales Bialiatski del Premio Nobel dicendo che, dopo aver dedicato la maggior parte della sua vita alla promozione della democrazia e allo sviluppo pacifico della sua nazione natia, rappresentava la società civile nel suo paese d’origine. Da molti anni promuove infatti il diritto di criticare il potere e tutelare tutti i diritti fondamentali dei cittadini. Insieme alle altre due Ong dimostra l’importanza della società civile per la pace e la democrazia. 

 

La prigionia

Ales Bialiatski fu arrestato nel 2011 dopo una condanna a quattro anni per frode fiscale. Nel 2014 era riuscito a ricongiungersi con la famiglia e gli amici, dopo tre anni di carcere. Purtroppo anche oggi la situazione non è migliorata, dopo le speranze accese dalle proteste di massa del 2020, quest’uomo che combatte da una vita per la democrazia nel suo Paese, è stato di nuovo arrestato il 14 luglio per un’accusa di evasione fiscale.                                                        

Da allora viene torturato e la sua voce non si sente più. I suoi ultimi due interventi risalgono a due anni fa e “Vita” li propone in esclusiva.                                                                                  

“Abbiamo speranza, ma è difficile prevedere il futuro”. Nel 2011 aveva ricevuto il premio per la libertà da Politiken ma, anche al tempo era in prigione, e quindi, come oggi per il Nobel, non aveva potuto ricevere l’onorificenza di persona. Il suo riferimento alla “speranza” in quell’intervista era riferito ai numerosi bielorussi scesi in piazza per protestare e chiedere le dimissioni di Lukashenko, dopo le elezioni farsa dell’estate 2020. Tuttavia, le manifestazioni continuarono e, secondo Ales Bialiatski, all’epoca ancora libero, il motivo era semplice: “è cresciuta una nuova generazione di bielorussi e per loro i diritti umani e la libertà di parola non sono solo parole vuote, ma un ideale per cui vale la pena lottare. Oggi i bielorussi non vogliono un nuovo Stalin”.

Per questo la libertà significa qualcosa di speciale per Bialiatski, che affermava: “Non abbiamo tempo per definire la libertà. Combattiamo per la libertà. Per troppi anni, i bielorussi hanno vissuto in un sistema che ricorda il romanzo di George Orwell, 1984”.