RECOVERY FUND/Ora investiamo nei giovani

Con l’inizio del 2021 in Italia si comincia a percepire un’atmosfera più serena rispetto all’anno passato, anche se la strada da fare perché tutto torni alla normalità è ancora lunga. Si è dato il via alla campagna vaccinale e proprio in questi giorni si sta discutendo la bozza del Recovery Plan italiano, uno strumento fondamentale per rimettere in piedi la penisola.

I 196 miliardi di cui l’Italia disporrà saranno ovviamente impiegati per ridurre al minimo l’impatto economico della pandemia, ma saranno anche investiti in settori nei quali l’Italia ha ancora bisogno di migliorare. Focus del Recovery Plan è sicuramente lo sviluppo sostenibile, insieme all’allocazione di risorse per la Sanità italiana e per la digitalizzazione. Tutti progetti che guardano al futuro e che sembrano poter lasciare in mano ai giovani d’oggi un’Italia nuova e migliore. Non bisogna dimenticare, infatti, che saranno proprio loro, tra qualche anno, a dover restituire il prestito concesso dall’Unione Europea.

E se saranno loro ad assumersi il peso di questi investimenti, non sarebbe giusto che una buona parte di questi soldi fosse investita nell’ambito dell’istruzione e nella formazione al lavoro? E’ questo che propongono i ragazzi di Uno Non Basta, gli ideatori di una petizione diventata virale sui social. Effettivamente, secondo la bozza più recente, solo l’1% dei fondi europei sarà dedicato esplicitamente ai giovani e alle politiche del lavoro. Una percentuale del tutto insufficiente, soprattutto se messa a confronto con i piani di Paesi come il Portogallo, dove si prevede di spendere fino al 10% degli aiuti europei in questo ambito.

Si tratta sicuramente di una scelta discutibile, anche alla luce dei dati allarmanti degli ultimi anni. E’ infatti proprio l’Italia a vincere il primato europeo per quanto riguarda i NEET, i giovani tra i 20 e i 34 anni che né studiano né lavorano. Se in media questa percentuale si aggira intorno al 16%, l’Italia si aggiudica il primo posto contandone più del 27%.

Per chi riesce a trovare un impiego, invece, non è raro che si tratti di uno stage non retribuito. Pratica molto comune in Italia, ma espressamente condannata dall’Unione Europea. A questi dati si aggiunge ovviamente il netto peggioramento della situazione lavorativa ed economica dovuto al Covid, che ha visto i giovani lavoratori tra i più colpiti. Considerata la situazione, ci si chiede perché i giovani vengano lasciati ancora una volta in secondo piano.

La petizione Uno Non Basta propone di dedicare il 10% dei fondi disponibili a politiche che possano concretamente aiutare i giovani. In che modo? Investendo in tirocini retribuiti, servizio civile e apprendistato, proponendo anche corsi in materia di green economy e digitalizzazione che possano arricchire il curriculum dei neolaureati. Per chi invece non ha frequentato l’università e non ha ancora un impiego, verranno proposti corsi per ottenere un diploma ITS, che permettano di entrare subito nel mondo del lavoro. Tutte iniziative che si propongono di aiutare i giovani a orientarsi, cercando di dare loro competenze che si allineino maggiormente con le richieste dei datori di lavoro.

Eppure, leggendo la bozza del Recovery plan ci si rende anche conto che quasi tutte le aree in cui si prevede di investire sono “dedicate” ai giovani. La ripresa economica e la transizione a una società più verde sono tutte iniziative delle quali beneficeranno le fasce meno anziane della popolazione. Questo 1% di cui la campagna parla, forse, è più uno slogan che l’effettiva rappresentazione della situazione. Ma questo non elimina la difficile situazione dell’occupazione giovanile in Italia, alla quale è imperativo porre rimedio.

Un’occasione come quella del Recovery Fund non si ripresenterà tanto presto. E’ quindi ora il momento di agire con iniziative mirate, che convincano i giovani che anche in Italia potranno realizzare i loro sogni.