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ATTUALITA'

I ragazzi ci parlano dell’adolescenza e si raccontano

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A cura della Redazione

– Che cosa bella l’adolescenza.
Appena incomincia sembri uscito dal buio, ti fai tante domande che ricevono delle risposte immediate, altre che arrivano dopo un po’ di tempo, altre che come sai non arriveranno mai. L’ adolescenza è la prima finestra sul panorama della vita, da cui si scorge una natura meravigliosa ma talvolta coperta da un cielo grigio. Si tratta di una stagione della vita in cui si pensa di essere tutto, di aver conosciuto tutto, ma in realtà si è solo all’inizio di un mare di scoperte.
Essere adolescenti vuole dire trovarsi sul primo scalino e decidere come si vuole arrivare in cima, decidere se salire frettolosamente o guardarsi intorno ad ogni singolo scalino.

Privati di ogni certezza, abbiamo paura, ma non perdiamo il coraggio di sognare

Fin da bambini, abbiamo sempre pensato all’adolescenza come agli “anni d’oro” della vita, ad un periodo di puro svago e divertimento. I nostri genitori ci hanno sempre messo davanti agli aspetti positivi di questa fase della nostra crescita, ma non hanno mai accennato a tutte le varie “controindicazioni”.
Una volta arrivati al liceo, ci siamo sentiti invincibili: abbiamo creduto di poter fare qualsiasi cosa, di poter battere chiunque e realizzare i nostri sogni. Ma col passare del tempo abbiamo iniziato a renderci conto di cosa volesse veramente dire essere adolescente. Abbiamo realizzato dei successi ma abbiamo avuto anche dei fallimenti;alcune amicizie che pensavamo destinate a durare per tutta la vita si sono dissolte come la polvere spazzata via dal vento.
Molti dei nostri sogni sono rimasti – e rimarranno – chiusi nel cassetto, perché impossibili da realizzare per via di impedimenti posti in essere dai nostri genitori o per problemi economici.
E poi c’é quella parola che tanto sentiamo nostra: paura. Tutti almeno una volta abbiamo avuto paura. Paura di quel che sarebbe potuto accadere se non avessimo lottato, paura di esprimersi con gli altri, paura di fare nuove amicizie. Paura. Forse è questa la parola che rappresenta al meglio questa fase della vita.
Stiamo vivendo gli anni delle insicurezze, dei tormenti, della tristezza, delle domande che ci poniamo sul nostro futuro, sui nostri desideri.
Siamo in costante ricerca di un qualcosa di indefinito che neanche noi conosciamo, di qualcosa che ci dia stabilità, e tutto sembra in precario equilibrio: le discussioni con i nostri genitori, i brutti voti a scuola, le delusioni d’amore, tutto sembra rivoltarcisi contro.
E noi veniamo travolti da questo turbinio che si trova intorno a noi, dai pensieri che sono inchiodati perennemente alla nostra testa e non troviamo una via d’uscita a tutta questa confusione che è dentro noi.

ODI ET AMO, Il rumore dei pensieri

Hai mai amato la solitudine? L’hai mai ricercata, qualche volta dico, quando eri circondato da persone che parlavano e parlavano e dicevano cose vuote, che neppure stavi a sentire? Di giorno c’é un fracasso assurdo là fuori. Le macchine strimpellano i loro clacson inchiodate in file infinite, la gente urla per strada come se fosse al mercato del pesce, il telefono non smette di cinguettare. Ma di sera fa tutto silenzio. Tutto, tranne una cosa, una piccola cosa, che fa un rumore che non si sente, un rumore insignificante che però racchiude in sé una miriade di significati. É la nostra testa. Migliaiai di pensieri hanno finalmente un attimo di riposo dallo snervante via vai della giornata e possono vagare liberi per le stanze delle nostre menti, dei nostri cuori. E allora ripensiamo alla giornata, alla settimana, ai mesi che l’hanno preceduta e addirittura alle nostre vite. E piangiamo, ridiamo, sorridiamo oppure ci viene voglia di strapparci i capelli. E abbiamo solo sedici, diciassette, venti anni, è vero, eppure ci sembra di aver vissuto così tanto. E allora ci chiediamo: “come sarà quando saremo vecchi?”. Impiegheremmo ore e ore ad addormentarci se ogni notte iniziassimo a ricordare le nostre vite. Eppure i vecchi tendono ad addormentarsi subito, più facilmente. Com’é possibile? C’é chi dice che abbiano smesso di credere nei loro sogni e che per loro giorno e notte non abbiano significato, siano solo due parti della loro vita che si alternano costantemente. Io non credo, forse c’è un qualcosa di più dietro a questo strano meccanismo… forse, ma non lo posso sapere.

E i pensieri continuano a girare come un vortice in grado di spazzare via un’intera città e noi ci addentriamo sempre più in una spirale di gioia, tristezza, amore, dolore… insomma, con una sola parola, follia. Hai mai odiato la solitudine? Qualche volta intendo… quando non ne puoi più della festa che fanno i tuoi pensieri, quando tutto il resto, quando tu taci.

Se solo qualcuno ci dicesse: “ti capisco…”

Noi giovani sentiamo il bisogno di essere ascoltati, ma principalmente di essere capiti
Il nostro problema basilare, se così lo si può chiamare, è l incapacità di comunicare i nostri sentimenti e le nostre idee. Ci sentiamo come turisti in un paese straniero: vediamo e comprendiamo tutto quello che succede intorno a noi, ma siamo incapaci di spiegarci e di essere aiutati, perché non veniamo compresi.
Spesso abbiamo solo bisogno di qualcuno che senza chiedere spiegazioni ci dica: “ti capisco, so come ci si sente, non voglio che tu stia così, tu non sei sbagliato, non potresti essere migliore di così”. Sotto quella corazza di orgoglio che noi stessi creiamo, si trova insicurezza e bisogno di amore. Noi vediamo tutto più grande di quello che è realmente. É vero, trasformiamo in tragedie cose che in futuro non avranno alcun valore. Siamo fatti così, pieni di energia. Siamo in un’età in cui i nostri sentimenti sono come catalizzati. Questa è l’età degli animi ribelli, che ci spingono a compiere atti irrazionali senza pensare, perché molto spesso troviamo piacere nel fare cose sbagliate che in fondo ci rendono felici.

Ma noi giovani siamo anche energia, vita. L’adolescenza é anche, é soprattutto divertirsi con i nostri amici. E, forse, gli adulti hanno proprio ragione nel dire che – nonostante tutto – é il periodo più bello della nostra vita, dopotutto, giovani sono stati pure loro.

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MALASANITÀ/Il dramma del neonato morto al Pertini

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L’otto gennaio di quest’anno, al ospedale Pertini di Roma un neonato è morto soffocato quando la madre che lo stava allattando si addormenta.

Successivamente la procura ha aperto un fascicolo: “omicidio colposo”.

Intanto però la notizia si diffonde, e il padre del neonato racconta al Messaggero di come la donna fosse sfinita e priva di energie dopo ben 17 ore di travaglio.

La moglie aveva più volte chiesto ai responsabili del reparto di portare il neonato al nido del ospedale per poter riposare, anche solo per qualche ora.

Ma il permesso le era sempre stato negato.

Nei giorni successivi il fatto ha scatenato un accesso dibattito riguardante le procedure post-parto degli ospedali.

Infatti, negli ospedali solitamente è previsto il cosiddetto “rooming-in”, ovvero il neonato subito dopo il parto, viene tenuto nella stessa stanza della madre anziché in una camera in comune con altri neonati.

A questa pratica però, dovrebbe essere sempre proposta un alternativa cioè la gestione dei neonati da parte del Asilo del ospedale, fino al termine della permanenza.

Questa seconda opportunità non viene sempre tenuta in considerazione, e centinaia di donne nei giorni scorsi hanno raccontato la loro esperienza denunciando che la possibilità di usufruire del nido ospedaliero sia stata loro  negata.

Le domande che ci si pongono in questi casi sono molteplici: Cosa sarebbe accaduto se questa donna avesse potuto riposare per qualche ora? O anche solo sé qualcuno avesse avuto cura si sorvegliarla e assisterla? La pratica di rooming-in vale per qualsiasi situazione? È  davvero la scelta più adeguata?

Il drammatico evento che ha portato  il decesso del neonato di Roma dovrebbe stimolare le coscienze e una azione diretta delle istituzioni per tutelare maggiormente la salute delle donne dopo il parto.

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DALL'EUROPA

MODA/Un italiano al timone di Luis Vuitton

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Pietro Beccari è il nuovo amministratore delegato e presidente di Louis Vuitton. Un italiano, dunque, guiderà la marca francese di lusso più nota al mondo fondata da Bernard Arnault. Beccari succederà a Michael Burke. Mentre alla guida di Dior andrà Delphine Arnault, figlia primogenita dell’imprenditore attualmente “uomo più ricco del mondo” secondo Forbes. Un cambio ai vertici che era nell’aria e attendeva solo la conferma ufficiale. Questo è forse il primo dei molti i cambiamenti che attendono il mondo della moda per questo 2023, nel management come nelle direzioni creative.

Pietro Beccari, parmense classe 1967, ha iniziato il suo percorso professionale nel settore marketing di Benckiser (Italia) e Parmalat (Usa), per poi passare alla direzione generale di Henkel in Germania, dove ha ricoperto il ruolo di vicepresidente della divisione Haircare.

Nel 2006 è entrato in LVMH in qualità di vicepresidente esecutivo marketing e comunicazione per Louis Vuitton, prima di diventare Presidente e ceo di Fendi nel 2012. Da febbraio 2018 è presidente e ceo di Christian Dior Couture, oltre che membro del comitato esecutivo di LVMH.

“Pietro Beccari”, ha commentato Bernard Arnault, fondatore e CEO di LVMH: “ha svolto un lavoro eccezionale in Christian Dior negli ultimi cinque anni. La sua leadership ha accelerato il fascino e il successo di questa iconica Maison. I valori di eleganza di Monsieur Dior e il suo spirito innovativo hanno ricevuto una nuova intensità, supportata da designer di grande talento. La reinvenzione della storica boutique al 30 di Montaigne è emblematica di questo slancio. Sono certo che Pietro condurrà Louis Vuitton a un nuovo livello di successo e di desiderabilità”.

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SCONTRO TRA TIFOSI SULLA A1/ quando la partita si “gioca” anche fuori dal campo

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Domenica otto gennaio, sulla A1, i tifosi del Napoli battezzano l’anno nuovo con le spranghe.

È l’area di servizio Badia al Pino, nei pressi di Arezzo, l’autogrill che ha dato luogo allo scontro tra gli ultrà del Napoli e quelli della Roma.

Secondo quanto riportato dalle fonti della polizia, sarebbero 80 tifosi partenopei che, con certezza, erano presenti in quel luogo al momento delle scontro con gli abitanti della capitale, e che stanno cercando di identificare.

Invece, quattro sarebbero i tifosi napoletani, di età compresa tra i 21 e i 27 anni, ad essere stati inseguiti e successivamente fermati dagli agenti di polizia, intenti a forzare un posto di blocco a Genova Nervi. Nel loro bagagliaio erano presenti delle mazze.

 

La ricostruzione dei fatti:

Secondo i dati riportati, i tifosi napoletani diretti a Genova, che si sono fermati nell’area di servizio che ha ospitato lo scontro, sarebbero stati circa 350. A intervenire subito sul luogo è stato il personale delle forze di polizia di Arezzo, che ha impedito che la situazione, già critica di per sé, si aggravasse in modo precipitoso. Il corpo di polizia avrebbe, infatti, fermato in tempo il transito di tifosi romanisti i quali, si era appreso, che fossero diretti nello stesso itinerario, per raggiungere lo stadio San Siro di Milano(per lo scontro con il Milan).

Ad aggiungersi a quelli provenienti da Arezzo, sarebbero stati altri agenti, diretti da Arno.

I tifosi della Roma in transito raccontano del loro viaggio verso Milano: una volta nei pressi di Genova, entrati a conoscenza della presenza dei partenopei nelle vicinanze, la marcia sarebbe rallentata, fino a fermarsi all’area di sosta. Proprio in questo luogo, una parte dei tifosi campani, posizionatosi lungo la recinzione, ha iniziato a scagliare oggetti contro le autovetture degli avversari.

Immediatamente, entrambi gli esponenti delle tifoserie si sono trasferiti verso l’uscita dell’area di sosta, dove i lanci di oggetti, quali bottiglie, coltelli, spranghe, fumogeni e non solo, sono continuati per brevi attimi; proprio in questo momento, un tifoso romanista sarebbe rimasto ferito da un’arma da taglio risultando in codice giallo.

In seguito all’accaduto, i tifosi romanisti sarebbero poi ripartiti dopo poco tempo, mentre i napoletani scortati dalle forze di polizia fino alla Stadio Luigi Ferraris di Genova, dove si é tenuto il match Sampdoria-Napoli.

In direzione nord, l’autostrada é rimasta chiusa per circa cinquanta minuti.

Quanto accaduto non risulta essere un fatto eccezionale. Gli scontri tra squadre avversarie, scaturiti dal desiderio di vendetta, o da semplice smania di violenza, avvengono, purtroppo, in modo molto frequente; esattamente come furti e atti vandalici nelle aree di servizio.

E allora diventa inevitabile domandarsi: è lecito che il tifo si trasformi in delinquenza?

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