Religione/ Gli ultimi divieti in Liguria e non

di Chiara Sanfilippo

– La Corte di giustizia europea si è recentemente pronunciata sul divieto, imposto dal datore di lavoro ai dipendenti, di indossare segni visibili che esprimano qualsiasi ideologia politica, filosofica o religiosa.

Esso non è discriminazione diretta: la corte sostiene infatti che questa discriminazione indiretta possa essere giustificata dalla finalità del datore di lavoro di mantenere una “neutralità” politica, filosofica e religiosa nei rapporti con i clienti e che quindi gli strumenti impiegati siano necessari per il raggiungimento di tale fine. Questa sentenza è stata proclamata in seguito a due vicende giudiziarie: una francese e l’altra belga.

IL CASO

Una delle due vicende vede come protagonista una receptionist presso un’azienda privata di fede musulmana. Assunta nel 2003, nel 2006 comunica al datore l’intenzione di indossare il velo islamico durante l’orario di lavoro. La direzione aziendale le fa notare che questa decisione non sarebbe stata tollerata in quanto collideva la neutralità con cui l’impresa improntava le relazioni con i propri clienti. La receptionist sceglie di indossare in ogni caso il velo e viene quindi licenziata.

LA SENTENZA

La questione è quindi approdata alla corte di giustizia europea, la quale, con la sua sentenza, ha specificato che la regola è applicata a tutti i dipendenti e non solo alla protagonista musulmana.  Per chiarire ha specificato inoltre, che risulta “legittima la volontà di un datore di lavoro di mostrare ai suoi clienti, sia pubblici sia privati, un’immagine di neutralità, in particolare qualora siano coinvolti soltanto i dipendenti che entrano in contatto con i clienti. Tale intenzione, infatti, rientra nell’ambito della libertà d’impresa, riconosciuta dalla Carta”.

NEL MENTRE IN LIGURIA

Questo caso recente ci riporta al divieto espresso dal Presidente della Regione Giovanni Toti, alla vigilia dell’ 8 Marzo, di vietare l’ingresso a chi indossa un burqa in tutti gli edifici pubblici regionali, negli ospedali ed in altre strutture sanitarie, in modo da aumentare la sicurezza nei luoghi pubblici. Sono subitamente sorte polemiche alle quali la vicepresidente Viale ha risposto affermando che “Il burqa è simbolicamente l’atto di discriminazione sessuale più palese e maggiormente indice di fanatismo che si ritrova in alcuni paesi in cui la democrazia è dimenticata.”

Opinioni contrarie a questo provvedimento sostengono il fatto che riduca ulteriormente i diritti delle donne. In ogni caso si pensa che difficilmente la Liguria potrà varare una legge che vieti l’ingresso delle donne che indossano il burqa negli ospedali.

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