Servire lo Stato nell’Arma dei Carabinieri per aiutare gli altri
di Chiara Sanfilippo
– Il Capitano Simone Clemente, Comandante della Compagnia di Santa Margherita, ci spiega cosa lo ha spinto ad intraprendere questa carriera.
Quando ha capito che voleva diventare carabiniere?
Avevo circa 12 anni quando decisi di intraprendere la carriera militare nell’Arma dei carabinieri. Presa questa decisione, ho pianificato il mio iter di studi per il raggiungimento di questo obiettivo: a 16 anni ho vinto il concorso alla Scuola Militare Nunziatella di Napoli e poi quello per Ufficiali dell’Arma.
Che cosa l’ha spinta ad intraprendere questa carriera?
Io sono originario di Napoli. Quando ero adolescente, la mia famiglia ha vissuto in prima persona le difficoltà di una città spesso turbolenta e fuori dagli schemi. Ad un certo punto ho deciso che ciò che avevo vissuto, non avrebbe dovuto viverlo nessun altro. L’unica Istituzione che mi permetteva di fare realmente qualcosa per il mio Paese e per il cittadino era l’Arma dei Carabinieri. Fu proprio questa voglia di servire lo Stato che mi ha spinto ad entrare nella Benemerita.
Che percorso di studi ha conseguito per questo lavoro?
Il percorso di studi è lungo e impegnativo, ma i sacrifici che ci vengono richiesti durante la formazione, servono a forgiare non solo il carabiniere, ma nel mio caso, anche il Comandante, viste le responsabilità di un Ufficiale dell’Arma. Dopo la maturità scientifica, una volta entrato in Accademia Militare ho conseguito la Laurea in Scienze Giuridiche; al contempo però ho sostenuto tutto il vasto addestramento militare, compreso il brevetto di paracadutismo e altri. Successivamente presso la Scuola Ufficiali Carabinieri di Roma, dopo un triennio di specializzazione, ho conseguito la Laurea in Giurisprudenza più altre qualifiche militari tra le quali quelle di istruttore di Ordine Pubblico e Educazione Fisica. L’iter formativo è variegato e duro, perché oltre alle materie universitarie vi sono molte altre che sono inerenti alla nostra Amministrazione: dalla logistica allo studio delle tecniche investigative, psicologia applicata, criminologia. È costante l’opera di aggiornamento grazie a dei seminari tecnico professionali che sono indispensabili per la nostra professione.
Che cosa le piace di più di questo lavoro?
La cosa che più mi piace del mia professione è di certo il contatto con il cittadino. L’Arma dei carabinieri da oltre 200 anni è al fianco ed in mezzo agli italiani. Grazie alle nostre 4800 Stazioni Carabinieri, l’Arma è l’amministrazione dello Stato più vicina ai nostri connazionali. A volte le persone si rivolgono a noi per denunciare reati, ma spesso vengono solo per essere ascoltate e supportate. Quando un cittadino ti ringrazia, anche se comunque hai fatto solo il tuo dovere, è quello il momento più bello della mia giornata. Aiutare gli altri, questo è quello che più mi piace.
Qual è la parte più difficile del suo lavoro?
Come in tutte le professioni, non tutto è facile e bello. Come Ufficiale dei Carabinieri e Comandante della Compagnia, l’aspetto più oneroso è di certo quello che sei il punto di riferimento non solo di tutti i collaboratori, ma di tutte le amministrazioni comunali (ben undici in questo caso), dei cittadini, delle associazioni e organizzazioni nel territorio, etc.
In un modo o in un altro, qualsiasi cosa accade sul territorio ci vede coinvolti in diversa misura: dalla festa patronale alle situazioni di disagio sociale ed urbano, dai reati di ogni genere alle piccole liti condominiali, dal rilascio di porto d’armi a quello delle patenti, insomma dietro alla normale vita di ognuno di noi c’è quasi sempre il lavoro di un carabiniere. Come dicevo prima, noi Carabinieri non siamo solo operatori di polizia ma abbiamo anche una forte connotazione sociale: tutti si rivolgono a noi per ottenere una risposta, e quella risposta gli deve essere data.
La difficoltà è proprio questa: dare sempre una risposta. Per fare ciò bisogna una avere preparazione professionale in costante aggiornamento, conoscere la storia del territorio e le persone, ma soprattutto molto buon senso ed un pizzico di empatia.
Cosa direbbe ad un ragazzo che sogna di diventare carabiniere da grande?
Gli direi solo due cose: primo, è la professione più bella del mondo perché ti permette di dare il tuo contributo alla società; secondo, o sei “carabiniere” o non lo sei. Non puoi diventarlo. Bisogna essere fermamente convinti della strada che si vuole intraprendere perché essere Carabiniere significa anche fare molti sacrifici.
Come recita un famoso film “maggiori poteri = maggiori responsabilità”, ed è vero. Chi rappresenta lo Stato, come noi, ha enormi responsabilità che spesso comportano rinunce anche per la famiglia.
Se sei pronto a tutto ciò, allora sei il benvenuto nella grande famiglia dell’Arma dei Carabinieri.
Se potesse tornare indietro sceglierebbe ancora questo lavoro?
Assolutamente sì! Non cambierei neanche un giorno da carabiniere con un altro mestiere, compresi quelli più difficili e quelli meno felici, perché sono questi che spesso ti aiutano a crescere.
Sono grato all’arma dei carabinieri per avermi dato la possibilità di realizzare il mio sogno, ma soprattutto per aver fatto sì che sia l’uomo che sono oggi.
Grazie per questa bella opportunità e buon anno scolastico!