“L’ossessione” del voto

Spesso noi studenti ci sentiamo oppressi dalle valutazioni e nei giorni della Maturità questi sentimenti sono ancora più intensi. Ma perché tutti questi voti? Sono davvero utili o provocano solo ansia e stress? Alison ci presenta le sue riflessioni a riguardo.

Appena finito il pezzo, Marco appoggia il flauto sul banco, si gira verso il professore e, con sguardo avido, chiede: – Quanto? -. Il prof si toglie gli occhiali e lo fissa; con tono ironico risponde: – Dieci euro! -. La classe scoppia a ridere ma Marco non capisce, ha lo sguardo perplesso: – Quanto ho preso? Che voto? – chiede più insistentemente. Il prof si alza e guarda la classe seduta di fronte a sé: – Ragazzi, capirete mai che “quanto?” non è la domanda giusta da fare dopo un’esibizione, chiedetevi piuttosto come avete suonato, se erano giuste le note, il tempo, se il brano era musicale, che cosa siete riusciti a trasmettere al pubblico. Non vi rendete conto che il voto non vi dice niente riguardo a cosa avete sbagliato, a come potete fare meglio? Come pensate di imparare se continuate a pensare così?-.

Nei giorni dell’esame di Maturità, questo mio ricordo della scuola media è un ottimo punto di partenza per una riflessione sull’atteggiamento degli studenti (e degli insegnanti) verso le continue valutazioni che vengono attribuite a scuola; per esempio, i ragazzi si trovano spesso a pensare, da un lato “Quanto spero di aver preso 6” o dall’altro “Se la prof non mi dà almeno 8 mi arrabbio alla grande”. Al momento della consegna di una verifica corretta, per esempio, gli studenti sembrano concentrarsi quasi esclusivamente sul voto e tirare fuori le calcolatrici per fare e rifare le medie aritmetiche, tanto da trascurare anche completamente la correzione. Ma perché alcuni sentono di venire a scuola non per imparare ma per essere valutati? C’è evidentemente un grosso problema.

In primo luogo, ci si può chiedere se le valutazioni siano davvero necessarie. Gli insegnati sostengono che senza verifiche e interrogazioni i ragazzi non si impegnerebbero, ma che tristezza pensare che si studi solo per prendere un voto!

Anche gli effetti psicologici non sono affatto trascurabili. Tristezza, delusione e frustrazione sono le reazioni più comuni alle insufficienze. Si pensa: “Sono stupido”, “Non so fare niente” oppure “Questa volta ho studiato ed è andata male lo stesso, perché continuare a impegnarsi?”. A volte si prova anche rassegnazione o, nei casi più positivi, determinazione a impegnarsi di più la volta successiva. E per i voti medio-alti, a gioia e appagamento si possono contrapporre insoddisfazione e invidia, anche forte, verso i “secchioni”; senza contare per tutti lo stress che precede ogni prova.

A mio parere saremmo tutti più sereni se arrivassimo a capire che solo studiando con curiosità, interesse e passione potremo interiorizzare ciò che impariamo, rendendolo veramente nostro e diventare così persone migliori, ognuno con le proprie idee e convinzioni, uomini e donne pronti ad aiutare gli altri, a lottare per cambiare tutto ciò che non va nel mondo e, forse, scopriremo che i voti non sono la causa ma un semplice effetto del nostro duro lavoro e che i dieci non tarderanno ad arrivare.

Alison

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