L’anno all’estero raccontato da Luca e Silvia

di Gabriele

– Il giorno 30/11 è stato indetto un meeting per discutere circa la possibilità di trascorrere un periodo di studi all’estero. Ma cosa si prova a stare lontano da casa per così tanto tempo?  Lo abbiamo chiesto a due persone che hanno fatto questa esperienza.

Il primo è Luca, studente al quarto anno del classico, che è tornato recentemente da un viaggio di 6 mesi dall’Australia.

Alla mia prima domanda “perché hai scelto di partire?” ha risposto “ho scelto di partire per l’Australia perché era il mio sogno da quando ho iniziato a viaggiare seriamente da solo: già in prima liceo ero partito per un college nel Regno Unito, anche se il clima (in tutti i sensi) inglese non mi è mai andato a genio. Però era tutto parte di un piano: imparare bene l’inglese e viaggiare. Che poi non c’è un vero motivo per cui sognavo tanto l’Australia, è un po’ come quando ti piace il gelato, ti piace e basta, non ci sono dei perché seri.

Racconta di essere stato in Australia da giugno e, dopo aver conosciuto il posto ed aver partecipato a 1 semestre di scuola, di essere tornato a casa il 26 novembre, per la gioia della madre, un po’ spaventata all’idea di lasciare suo figlio dall’altra parte del mondo per tutto questo tempo.

Quali sono le differenze tra Italia e Australia? Consiglieresti un viaggio come il tuo ad una persona che non ha mai provato un’esperienza del genere?

“Ci sono molte differenze tra Australia e Italia, oltre alla valuta e all’orario ai quali prima o poi ci si abitua; uno dei cambiamenti che ho percepito maggiormente è stato cavarsela da solo per qualsiasi cosa, per esempio i soldi; fin che sei a casa c’è chi tiene d’occhio le tue spese, mentre “laggiù” sei tu a dover stare attento per non trovarti al verde. Comunque sì, un’esperienza come la mia è sicuramente da fare, anche se bisogna essere capaci di adattarsi, perché lontano può essere – per certi versi – simile rispetto a casa, ma anche estremamente diverso; nel senso, può capitare che il posto non sia favoloso come avresti potuto pensare, tuttavia con la capacità di adattarsi ci si trova sicuramente meglio, si cresce e si matura”.

La seconda persona intervistata è stata Silvia, ora madre di tre figli, che nel 1996 ha passato un anno a Lyman in Maine (U.S.A.).

Silvia ha raccontato che dopo il colloquio con il preside (necessario perché un alunno potesse andare in una famiglia il più simile possibile alla sua) si è ritrovata in una casa con 5 fratelli.

All’inizio mi sono trovata in difficoltà perché non ero molto brava in inglese, ma poi con il tempo mi sono abituata e ho iniziato a parlare e a comprendere anche io” – ci ha detto – “La scuola, il posto… tutto era così diverso! Le feste per esempio: il natale là è diverso dal nostro, poi il giorno del ringraziamento; ma è tutto cosi affascinante! La scuola ci teneva molto impegnati, quindi non pensavo molto a cosa potesse succedere oltre-oceano, ai miei amici, alla famiglia o ai conoscenti. Solo alla fine, verso Aprile [ Silvia è stata in Maine dall’Agosto del 1996 a fine Giugno del 1997], ho iniziato a sentire nostalgia di casa, anche perché personalmente sentivo i miei genitori, non essendoci i mezzi di comunicazione di adesso, solo un a volta settimana e per pochi minuti, dato che le chiamate costavano tanto. Però io ho sempre consigliato e continuerò a consigliare viaggi di questo genere, perché grazie ad esso ora parlo bene l’inglese, cosa molto importante e anzi essenziale per il nostro tempo, e poi, dopo aver passato un anno in Maine, sono cresciuta e maturata”.

Quindi, tenendo fede ai racconti di Luca e Silvia, i viaggi di studio sono un’opportunità d’oro, che tramuta le persone da ragazzi spensierati ad adulti, che insegna il bello di viaggiare, senza tralsciare l’importanza dello studio.