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ATTUALITA'

Viaggio all’interno dei carceri Italiani/Un giorno da galeotto

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di Giovanni
– 54.000.
Questo il numero degli attuali detenuti in Italia. Chi per omicidio, chi per furto, chi per spaccio; alcuni sono genitori, mentre altri hanno appena compiuto i 18 anni di età; molti magari sono stati incarcerati, ma sicuramente hanno tutti una cosa in comune: il trattamento del tutto inumano che li spetta.

Il nostro Paese per questo grave atto contro l’umanità è stato condannato ben due volte dalla Corte Europea:
– la prima nel 2009 (anno in cui i carcerati erano più di 63.600) dopo che i giudici di Strasburgo analizzarono il caso di Izet Sulejmanovic, cittadino bosniaco e al tempo 36enne. Quest’ultimo doveva scontare una pena di un anno, 9 mesi e 5 giorni all’interno del carcere di Rebibbia (in Roma), dove rimase però dal luglio del 2003 fino al 20 ottobre dello stesso mese ( giorno del suo scarceramento) in una cella di 16mq con altri 4/5 detenuti;
– la seconda volta nel gennaio del 2013 quando il numero dei reclusi italiani arrivava alle quasi 66.000 unità.
I penitenziari italiani ufficialmente potrebbero arrivare a contenere un massimo di 49.943 persone, ma il numero si abbasserebbe notevolmente se tenessimo conto di tutti quelli inutilizzabili a causa dei lavori di ristrutturazione. Un altro dato importante riguarda la percentuale di popolazione detenuta a causa del loro rapporto con le sostanze stupefacenti: il 38,5%, numero incredibile se messo a confronto con quello di altri Paesi membri dell’Unione Europea come Inghilterra, Francia e Germania (giusto per citarne alcuni) dove la percentuale non supera il 15%. E pensare che fino al 2014, anno dell’abrogazione della legge Fini-Giovanardi del 2006 (la quale poneva le droghe leggere sullo stesso livello delle droghe pesanti e un consumatore diventava immediatamente un pusher), la percentuale andava oltre il 40%. Fortunatamente la situazione è migliorata rispetto gli ultimi 3/4 anni (anche se rimane ancora molto lontana dagli standard europei) e questo è dovuto soprattutto alle riforme apportate dalla commissione ministeriale con a capo Mauro Palma, attiva dal luglio al novembre 2013, tra le quali la possibilità di uscire dalla cella per almeno otto ore al giorno rimanendo sempre all’interno del luogo di reclusione (ad oggi ne beneficiano 39.000 persone) e l’agevolazione nel mantenersi a contatto con i familiari.

 

·Fonti: InsideCarceri, WordPress, Il Fatto Quotidiano e Ministero della Giustizia

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POLITICA E ALIMENTAZIONE/La guerra agli hamburger di soia

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I prodotti a base vegetale stanno riempiendo sempre di più gli scaffali dei supermercati italiani.

Oggi è possibile sostituire i tradizionali prodotti a base di carne con hamburger di soia, salsicce di seitan o polpette vegetali. Il nome “hamburger di soia”, per esempio, può risultare paradossale, ma non in un mondo dove il futuro della carne è vegetale.

9 italiani su 10 sono favorevoli all’utilizzo di termini come questo, che rimandano inevitabilmente al mondo della carne con lo scopo di rendere il consumatore più consapevole del prodotto e promuovono scelte alimentari più salutari e sostenibili. È indubbio che si tratti di marketing, ma è davvero un tema su cui dover discutere?

Per alcuni deputati della Camera, sì.

Una proposta di legge che vuole vietare l’uso di nomi riconducibili alla carne per i prodotti vegetali è stata infatti presentata nella Commissione Agricoltura della Camera. L’obiettivo di questa legge è quello di difendere gli allevamenti e la produzione di carne italiana, che sarebbero svantaggiati dalla concorrenza di scelte alternative. Prodotti come la “bresaola di seitan” o la “bistecca di tofu” potrebbero, secondo i promotori della legge, indurre chi compra a pensare erroneamente che questi alimenti siano esattamente identici alla carne a livello nutrizionale.

Secondo l’organizzazione per i diritti animali “Essere Animali”, l’argomento della legge è fuorviante, perché ci sono differenze nutrizionali anche tra prodotti a base di carni diverse con lo stesso nome. I prodotti che usano questo tipo di termini, inoltre, avvicinano le persone a un’alimentazione più veg, una scelta migliore non solo per la salute ma anche per l’ambiente.

La proposta di legge, infatti, non considera i vantaggi a livello di sostenibilità ambientale che offre l’alimentazione vegetale: un report della Commissione Europea ha dimostrato che il settore zootecnico (una parte del settore primario che consiste nell’allevamento, nell’addomesticamento e nello sfruttamento di animali a fini produttivi) è responsabile per l’81- 86% delle emissioni totali di gas serra nell’agricoltura.

Per questi motivi Essere Animali ha lanciato una petizione per chiedere al Governo di impegnarsi a bloccare la proposta.

 

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MALASANITÀ/Il dramma del neonato morto al Pertini

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L’otto gennaio di quest’anno, al ospedale Pertini di Roma un neonato è morto soffocato quando la madre che lo stava allattando si addormenta.

Successivamente la procura ha aperto un fascicolo: “omicidio colposo”.

Intanto però la notizia si diffonde, e il padre del neonato racconta al Messaggero di come la donna fosse sfinita e priva di energie dopo ben 17 ore di travaglio.

La moglie aveva più volte chiesto ai responsabili del reparto di portare il neonato al nido del ospedale per poter riposare, anche solo per qualche ora.

Ma il permesso le era sempre stato negato.

Nei giorni successivi il fatto ha scatenato un accesso dibattito riguardante le procedure post-parto degli ospedali.

Infatti, negli ospedali solitamente è previsto il cosiddetto “rooming-in”, ovvero il neonato subito dopo il parto, viene tenuto nella stessa stanza della madre anziché in una camera in comune con altri neonati.

A questa pratica però, dovrebbe essere sempre proposta un alternativa cioè la gestione dei neonati da parte del Asilo del ospedale, fino al termine della permanenza.

Questa seconda opportunità non viene sempre tenuta in considerazione, e centinaia di donne nei giorni scorsi hanno raccontato la loro esperienza denunciando che la possibilità di usufruire del nido ospedaliero sia stata loro  negata.

Le domande che ci si pongono in questi casi sono molteplici: Cosa sarebbe accaduto se questa donna avesse potuto riposare per qualche ora? O anche solo sé qualcuno avesse avuto cura si sorvegliarla e assisterla? La pratica di rooming-in vale per qualsiasi situazione? È  davvero la scelta più adeguata?

Il drammatico evento che ha portato  il decesso del neonato di Roma dovrebbe stimolare le coscienze e una azione diretta delle istituzioni per tutelare maggiormente la salute delle donne dopo il parto.

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DALL'EUROPA

MODA/Un italiano al timone di Luis Vuitton

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Pietro Beccari è il nuovo amministratore delegato e presidente di Louis Vuitton. Un italiano, dunque, guiderà la marca francese di lusso più nota al mondo fondata da Bernard Arnault. Beccari succederà a Michael Burke. Mentre alla guida di Dior andrà Delphine Arnault, figlia primogenita dell’imprenditore attualmente “uomo più ricco del mondo” secondo Forbes. Un cambio ai vertici che era nell’aria e attendeva solo la conferma ufficiale. Questo è forse il primo dei molti i cambiamenti che attendono il mondo della moda per questo 2023, nel management come nelle direzioni creative.

Pietro Beccari, parmense classe 1967, ha iniziato il suo percorso professionale nel settore marketing di Benckiser (Italia) e Parmalat (Usa), per poi passare alla direzione generale di Henkel in Germania, dove ha ricoperto il ruolo di vicepresidente della divisione Haircare.

Nel 2006 è entrato in LVMH in qualità di vicepresidente esecutivo marketing e comunicazione per Louis Vuitton, prima di diventare Presidente e ceo di Fendi nel 2012. Da febbraio 2018 è presidente e ceo di Christian Dior Couture, oltre che membro del comitato esecutivo di LVMH.

“Pietro Beccari”, ha commentato Bernard Arnault, fondatore e CEO di LVMH: “ha svolto un lavoro eccezionale in Christian Dior negli ultimi cinque anni. La sua leadership ha accelerato il fascino e il successo di questa iconica Maison. I valori di eleganza di Monsieur Dior e il suo spirito innovativo hanno ricevuto una nuova intensità, supportata da designer di grande talento. La reinvenzione della storica boutique al 30 di Montaigne è emblematica di questo slancio. Sono certo che Pietro condurrà Louis Vuitton a un nuovo livello di successo e di desiderabilità”.

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