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ATTUALITA'

Viaggio per la vita: chi lo fa per perdersi e chi per ritrovarsi

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  • Di Chiara

Cosa significa viaggiare e perché per alcuni è indispensabile farlo?

Oggi il mondo è condizionato da migliaia di uomini che intraprendono un viaggio per cambiare vita; esempio lo sono i numerosissimi gommoni logori e carichi di persone che dall’Africa arrivano in Europa rischiando di morire, nel tentativo di andare incontro alla fortuna. Queste persone cercano un luogo dove poter essere se stessi, senza costrizioni e guerre. Ma giunti qui, dopo un viaggio molto pericoloso, vengono etichettati come ladri, falsi o addirittura assassini. Noi italiani ci sentiamo invasi, attacchiamo queste persone con qualsiasi scusa; non siamo migliori, anche noi lasciamo casa nostra scappando dal nostro paese per diventare indipendenti, cominciare una vita nuova all’estero o per continuare gli studi. Negli ultimi anni sono centinaia di migliaia le persone  che scappano per salvarsi la vita, per studiare e chi, invece, vagabonda per il mondo nel tentativo di ritrovare se stesso in luoghi sconosciuti lontano da ciò e chi non gli permette di sentirsi libero.

 

  • Di Leonardo

Qual’é la differenza tra emigranti ed immigranti? Esiste?

⁠⁠⁠Occorre distinguere colui che migra da colui che emigra: l’emigrante è un cittadino qualsiasi che, al fine di cambiare lavoro o di studiare, di trovare un luogo sicuro per se stesso o per la sa famiglia, “espatria” temporaneamente o definitivamente, dal paese di origine a un paese qualsiasi, che gli promette un benessere maggiore. Immigrante è chi giunge ad una determinata destinazione la cui nazionalità è diversa dalla propria. Ora, ecco sorgere il problema: molti considerano in maniera decisamente dispregiativa chi, oggi, si trasferisce con “mezzi di trasporto” pericolosi e inadeguati sostenendo un viaggio lunghissimo in condizioni disumane per poi instaurarsi in stati lontani da quello originario a causa di guerre, dittature e carestie.
 Ai giorni nostri,l’Italia è una delle tante mete desiderate da questi intrepidi viaggiatoritanto che, sulle nostre coste arrivano migliaia di migranti alla ricerca di ulocus amoenus“, –un luogo certamente non paradisiaco ma in cui la loro vita non sia messa a rischio ogni singolo giorno-. Non è forse vero che nella storia ci sono stati altri notevoli episodi di’immigrazione di massa? Non eravamo noi, italiani, a far parte di una grandissima parte d’immigranti circa cent’ anni fa? Non siamo noi studenti a lasciare il nostro paese per andare a studiare all’estero, e dunque immigrare in un altro? Come possiamo definire parassiti chi è esattamente come noi, dimenticando che chi è immigrante sia anche emigrante a sua volta? Ovviamente, siccome anche noi siamo stati, e siamo ancora immigranti, è bene accogliere chi si trova in situazioni difficili, poiché un giorno potremmo essere noi ad abbandonare la nostra terra per la nostra salvezza.
 
  • Di Chiara Sanfilippo
Che cos’è la Sindrome di Wanderlust? Chi sono i ” malati di viaggio”?
Molte persone viaggiano, c’è chi lo fa per scappare, come ad esempio i migranti, chi per lavoro, chi per studiare e
chi per l’amore di farlo.
“Wanderlust”, letteralmente “malattia del viaggio”, è il termine inglese che sta ad indicare il desiderio irrefrenabile di viaggiare, di visitare nuovi posti, conoscere nuove culture e creare nuove amicizie.
Perlustrando nuovi luoghi si fanno esperienze innovative, si arricchisce il proprio bagaglio culturale e si ampliano i propri orizzonti: è questa una delle ragioni per cui molte persone scelgono di viaggiare intorno al mondo.
Vi sono poi coloro che intraprendono un cammino senza meta: i così detti vagabondi. Essi, spesso, partono per staccarsi dalla società materialista in cui vivono, abbandonano le famiglie e la propria terra per ritrovare sé stessi e la loro forza interiore. Nella pellicola di “Into the wild” – film del 2007 scritto e diretto da Sean Penn- troviamo l’esatta personificazione dello stereotipo del vagabondo: Christopher McCandess, il protagonista,- ragazzo prodigio neo diplomato che decide di abbandonare la possibilità di intraprendere gli studi presso l’Università di Harvard- sceglie di lasciare la famiglia e gli amici per sfuggire da una società consumista, capitalista e frivola che lo soffoca. Intraprende così un viaggio attraverso gli Stati Uniti, alla ricerca della pace interiore, che lo condurrà alla realizzazione di una vita caratterizzata da una semplicità disarmante e ricca di valori inediti.
In conclusione, il “vagabondo” non è sempre un poveraccio, una persona caduta in disgrazia, bensì chi, attraverso un gesto di estrema rinuncia della quasi totalità dei beni materiali, sceglie di intraprendere un cammino, spesso solitario, che gli permetta di raggiungere quella che noi definiamo “Felicità”.
  • Di Claudia Demontis
Noi che viaggiamo per il nostro futuro.
 Oggi, siamo in migliaia che decidiamo di lasciare la nostra patria con la speranza nel cuore di trovare un luogo, anche se lontano da casa, che permetta di alimentare la nostra sete di conoscenza, di aumentare il nostro desiderio di imparare senza farci sentire succubi o obbligati da qualcun’altro. Ormai, siamo in pochi a riuscire a mantenere vivo il bisogno di sapere. Potrebbe essere questa una delle ragioni per cui i dati di emigrazione aumentano sempre più anche nel nostro paese? Già in circa 60 000 di noi abbiamo deciso di lasciare la nostra casa e la nostra famiglia alla ricerca di una prospettiva migliore: di un futuro per noi. I dati risultano preoccupanti e, il fenomeno della “fuga di cervelli” ha raggiunto il culmine della sua manifestazione con la Brexit. Il 23 giugno 2016, infatti, la Gran Bretagna ha esposto la sua esasperazione attraverso il voto: ogni anno, siamo sempre più a decidere di scommettere sulla nostra vita andando a lavorare o studiare, o entrambi, all’estero, alcuni dicono che siamo troppi.
I genitori spesso non comprendono le ragioni per cui noi, i figli, proviamo il bisogno così forte di partire, lasciare casa, famiglia, amici per buttarci nell’ignoto, in qualcosa che potrebbe rappresentare solamente una grande spesa. Eppure, non è forse più importante tentare di comprendere cosa o chi susciti questo “capriccio”? Evidentemente, avendo vissuto in una realtà ben diversa da quella dei parenti, in cui le guerre le studiamo e basta ed il climax della fame rappresenta la merenda durante l’intervallo, le nostre priorità sono cambiate e ciò che il nostro paese tenta di proporci, con punte di affanno e molta insicurezza, non è sufficiente per noi che, i sogni abbiamo imparato a realizzarli.

 

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POLITICA E ALIMENTAZIONE/La guerra agli hamburger di soia

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I prodotti a base vegetale stanno riempiendo sempre di più gli scaffali dei supermercati italiani.

Oggi è possibile sostituire i tradizionali prodotti a base di carne con hamburger di soia, salsicce di seitan o polpette vegetali. Il nome “hamburger di soia”, per esempio, può risultare paradossale, ma non in un mondo dove il futuro della carne è vegetale.

9 italiani su 10 sono favorevoli all’utilizzo di termini come questo, che rimandano inevitabilmente al mondo della carne con lo scopo di rendere il consumatore più consapevole del prodotto e promuovono scelte alimentari più salutari e sostenibili. È indubbio che si tratti di marketing, ma è davvero un tema su cui dover discutere?

Per alcuni deputati della Camera, sì.

Una proposta di legge che vuole vietare l’uso di nomi riconducibili alla carne per i prodotti vegetali è stata infatti presentata nella Commissione Agricoltura della Camera. L’obiettivo di questa legge è quello di difendere gli allevamenti e la produzione di carne italiana, che sarebbero svantaggiati dalla concorrenza di scelte alternative. Prodotti come la “bresaola di seitan” o la “bistecca di tofu” potrebbero, secondo i promotori della legge, indurre chi compra a pensare erroneamente che questi alimenti siano esattamente identici alla carne a livello nutrizionale.

Secondo l’organizzazione per i diritti animali “Essere Animali”, l’argomento della legge è fuorviante, perché ci sono differenze nutrizionali anche tra prodotti a base di carni diverse con lo stesso nome. I prodotti che usano questo tipo di termini, inoltre, avvicinano le persone a un’alimentazione più veg, una scelta migliore non solo per la salute ma anche per l’ambiente.

La proposta di legge, infatti, non considera i vantaggi a livello di sostenibilità ambientale che offre l’alimentazione vegetale: un report della Commissione Europea ha dimostrato che il settore zootecnico (una parte del settore primario che consiste nell’allevamento, nell’addomesticamento e nello sfruttamento di animali a fini produttivi) è responsabile per l’81- 86% delle emissioni totali di gas serra nell’agricoltura.

Per questi motivi Essere Animali ha lanciato una petizione per chiedere al Governo di impegnarsi a bloccare la proposta.

 

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MALASANITÀ/Il dramma del neonato morto al Pertini

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L’otto gennaio di quest’anno, al ospedale Pertini di Roma un neonato è morto soffocato quando la madre che lo stava allattando si addormenta.

Successivamente la procura ha aperto un fascicolo: “omicidio colposo”.

Intanto però la notizia si diffonde, e il padre del neonato racconta al Messaggero di come la donna fosse sfinita e priva di energie dopo ben 17 ore di travaglio.

La moglie aveva più volte chiesto ai responsabili del reparto di portare il neonato al nido del ospedale per poter riposare, anche solo per qualche ora.

Ma il permesso le era sempre stato negato.

Nei giorni successivi il fatto ha scatenato un accesso dibattito riguardante le procedure post-parto degli ospedali.

Infatti, negli ospedali solitamente è previsto il cosiddetto “rooming-in”, ovvero il neonato subito dopo il parto, viene tenuto nella stessa stanza della madre anziché in una camera in comune con altri neonati.

A questa pratica però, dovrebbe essere sempre proposta un alternativa cioè la gestione dei neonati da parte del Asilo del ospedale, fino al termine della permanenza.

Questa seconda opportunità non viene sempre tenuta in considerazione, e centinaia di donne nei giorni scorsi hanno raccontato la loro esperienza denunciando che la possibilità di usufruire del nido ospedaliero sia stata loro  negata.

Le domande che ci si pongono in questi casi sono molteplici: Cosa sarebbe accaduto se questa donna avesse potuto riposare per qualche ora? O anche solo sé qualcuno avesse avuto cura si sorvegliarla e assisterla? La pratica di rooming-in vale per qualsiasi situazione? È  davvero la scelta più adeguata?

Il drammatico evento che ha portato  il decesso del neonato di Roma dovrebbe stimolare le coscienze e una azione diretta delle istituzioni per tutelare maggiormente la salute delle donne dopo il parto.

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DALL'EUROPA

MODA/Un italiano al timone di Luis Vuitton

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Pietro Beccari è il nuovo amministratore delegato e presidente di Louis Vuitton. Un italiano, dunque, guiderà la marca francese di lusso più nota al mondo fondata da Bernard Arnault. Beccari succederà a Michael Burke. Mentre alla guida di Dior andrà Delphine Arnault, figlia primogenita dell’imprenditore attualmente “uomo più ricco del mondo” secondo Forbes. Un cambio ai vertici che era nell’aria e attendeva solo la conferma ufficiale. Questo è forse il primo dei molti i cambiamenti che attendono il mondo della moda per questo 2023, nel management come nelle direzioni creative.

Pietro Beccari, parmense classe 1967, ha iniziato il suo percorso professionale nel settore marketing di Benckiser (Italia) e Parmalat (Usa), per poi passare alla direzione generale di Henkel in Germania, dove ha ricoperto il ruolo di vicepresidente della divisione Haircare.

Nel 2006 è entrato in LVMH in qualità di vicepresidente esecutivo marketing e comunicazione per Louis Vuitton, prima di diventare Presidente e ceo di Fendi nel 2012. Da febbraio 2018 è presidente e ceo di Christian Dior Couture, oltre che membro del comitato esecutivo di LVMH.

“Pietro Beccari”, ha commentato Bernard Arnault, fondatore e CEO di LVMH: “ha svolto un lavoro eccezionale in Christian Dior negli ultimi cinque anni. La sua leadership ha accelerato il fascino e il successo di questa iconica Maison. I valori di eleganza di Monsieur Dior e il suo spirito innovativo hanno ricevuto una nuova intensità, supportata da designer di grande talento. La reinvenzione della storica boutique al 30 di Montaigne è emblematica di questo slancio. Sono certo che Pietro condurrà Louis Vuitton a un nuovo livello di successo e di desiderabilità”.

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