FAMILY MURDER/Se questa è una famiglia

Il 4 ottobre un uomo ha ucciso la moglie, suicidandosi in seguito. Lunedì 2 un’altro ha ucciso a coltellate la madre e il fratello, preceduto da una donna di 35 anni uccisa dal marito a colpi di pistola venerdì 29. Due giorni prima un altro uomo ha ucciso il figlio, la moglie e la suocera. Anche in questo caso la faccenda si è conclusa con un suicidio. Il 25 una donna è morta dopo che il compagno le aveva dato fuoco. Come dimenticare il caso di Alessia Pifferi, attualmente in tribunale per aver fatto morire di stenti la figlia di 18 mesi. Tutte queste persone hanno sicuramente in comune una cosa: hanno fatto del male alla loro famiglia. Com’è, però, possibile che nel giro di poco tempo così tante persone muoiano a causa di genitori e familiari? Cosa spinge una persona a fare del male ai propri cari? Se alcune risposte possono sembrare banali, le ragioni dietro di loro lo sono molto meno. 

FAMILICIDIO: IL PROBLEMA IN ITALIA

Il cosiddetto family murder, o familicidio, è un fenomeno in preoccupante aumento in Italia, basti pensare che se nel 2021 sono avvenuti 303 omicidi quasi la metà erano in ambito familiare, un buon 45,9%. Un passo indietro mostra che nel 2019 erano arrivati a 150. In un riquadro più ampio, tra il 2012 e la metà del 2022 si sono verificati 1755 casi di familcidio ossia il 42,3% del totale.

La metà (43,4%) di questo tipo di assassinio finisce in quelli che si chiamano omicidi-suicidi, ossia quando il colpevole, solitamente preso dai sensi di colpa, decide di porre fine alla sua vita. Diverso è il contesto di annientamento familiare: in questo caso l’obiettivo dell’assassino è fin dall’inizio quello di uccidere tutta la sua famiglia. 

Le principali categorie di familicidio sono matricidio e patricidio da un lato e il figlicidio o infanticidio dal’altro. 

MATRICIDIO E PATRICIDIO

Sempre calcolando il periodo 2012-2022 sono avvenuti 296 matri/patricidi. Questo è anche l’unico caso, escludendo l’omicidio di coppia, dove la donna è più colpita dell’uomo: 174 madri contro 122 padri uccisi. 

Considerando i moventi, il più associato a queste situazioni è sicuramente il fattore economico, ma in realtà molto spesso i figli dimostrano già atteggiamenti violenti che indicano un odio maturato nel tempo e dovuto a carenze affettive, reali o meno. Infatti molti bugiardi patologici, o comunque affetti da disturbi della personalità, immaginano situazioni completamente false, come il sentirsi oppressi dai genitori. Scatti di rabbia o raptus improvvisi sono invece il movente di assassini con gravi disturbi mentali. A causa di questo fattore psicologico i condannati sono raramente pentiti.

FIGLICIDIO

Con il figlicidio i dati sono più specifici e al contempo allarmanti: dal 2010 al 2022 si sono verificati 268 omicidi e più della metà delle vittime è minore di 12 anni; 106 sono di età compresa tra gli 0 e i 5 anni e 43 tra i 6 e gli undici. Per quanto riguarda i genitori/assassini, i padri sono colpevoli la maggior parte delle volte, ma le madri li superano per gli infanticidi (sono colpevoli nel 57,5% dei casi). I moventi variano dall’omicidio di possesso alle liti e ai soldi, nonostante in questi ultimi la vittima è maggiorenne.

LE DISCENDENTI DI MEDEA 

Il ruolo di assassina nella madre potrebbe essere causato dalla sindrome di Medea: prendendo spunto dal mito, indica la condizione di una madre che uccide i suoi figli, fisicamente o psicologicamente, per ripicca nei confronti dell’altro genitore. Tutto questo c‘entra quindi con alienazione genitoriale, “un disturbo che insorge quasi esclusivamente nel contesto delle controversie per la custodia dei figli. In questo disturbo, un genitore (alienatore) attiva un programma di denigrazione contro l’altro genitore (genitore alienato).” Almeno così è spiegato dallo psichiatra R. Gardner. Per semplificare il concetto, chi soffre della sindrome di Medea utilizza il figlio come mezzo per vendicarsi del partner in seguito a una crisi di coppia particolarmente pesante. Queste donne solitamente hanno sviluppato uno stile di attaccamento insicuro o di tipo disorganizzato con la propria madre durante l’infanzia e, come sostengono alcuni, presentano con il figlio un rapporto malsano che comporta a pensare di aver diritto di vita o di morte su di lui. Secondo altri la madre non avrebbe nessun attaccamento o istinto materno, ma è anche vero che una donna in perfetto stato mentale può decidere di uccidere il bambino. Tutto dipende dalla persona e da come vengono interpretati i vari campanelli d’allarme.

Non è possibile avere una vera e propria risposta sul perché uccidere un figlio, una madre o un parente in generale sia più “facile”, perché ogni caso è particolare e soggettivo alle parti coinvolte. È comunque difficile credere che quello che dovrebbe essere un legame di amore profondo, può trasformarsi in odio, le cui conseguenze dureranno tutta la vita. 

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F1/Profilo di un campione