ROMANIA/Così, nel silenzio di tanti, ritorna l’antisemitismo

Una serie di attacchi antisemiti, cioè di azioni contro la comunità ebraica, ha colpito molti paesi europei; a risentirne di più è la Romania.
All’inizio di aprile, nella cittadina di Husi, alcuni vandali hanno danneggiato gravemente 73 lapidi in un cimitero ebraico. Ciò ha sollevato una condanna unanime a livello internazionale.
Come afferma Maximilian Marco Katz, direttore del centro per il monitoraggio e la lotta all’antisemitismo, questo evento non sorprende più di tanto e prova che l’antisemitismo non è un fenomeno passato, bensì vivo e presente nella società moderna.
Il capo della comunità ebraica Vasile Dub, all’inizio dello Shabbat, nella sinagoga di Targu Mures, afferma di sentirsi al sicuro in Romania, anche se non sempre dichiara in pubblico di essere ebreo.
Durante l’Olocausto, quando in Romania c’era il dittatore Marshall Ion Antonescu, nel paese furono uccisi circa 380.000 ebrei, altri deportati ad Aushwitz. Prima di questa tragedia gli ebrei residenti in Romania erano più di 800.000, in seguito sono scesi a circa 10.000.
Il susseguirsi di atti del genere è anche dovuto allo scetticismo di una parte degli abitanti verso la comunità ebraica. Infatti solamente il 39% dei rumeni accetterebbe una persona ebrea come membro della famiglia. Inoltre Bucarest, la capitale, è la terza città al mondo per numero di post anti-semitici pubblicati sui social.
Un anno prima di questo attacco è avvenuto un altro episodio che ha scioccato la comunità ebraica rumena; la casa di Elie Wiesel, ebreo residente in Romania e vincitore di un premio Nobel per avere lottato contro l’odio razziale, è stata ricoperta da graffiti che incitavano all’odio verso gli ebrei. “Toilette pubblica, pedofilo antisemita” o “Ebreo Nazista che giace all’inferno con Hitler”, insomma frasi che ormai le persone non dovrebbero neanche più pensare, se è vero che dagli errori della storia si impara per non ripeterli più.
Questo non è il solo paese in cui avvengono episodi del genere: infatti la Francia ha registrato un aumento del 74% delle violenze contro gli ebrei, la Germania del 60%. Ciò rende ancora più evidente come l’antisemitismo non abbia nazionalità.
La Romania però non è rimasta con le mani in mano: infatti dal 2002 a oggi ha approvato diverse leggi che dovrebbero tutelare un minimo la comunità ebraica; l’efficacia di quest’ultime è relativa, ma è comunque un enorme passo avanti. Ad esempio, dal 2002, una legge punisce chi neghi l’esistenza dell’Olocausto, oltre alla diffusione di idee e simboli fascisti, razzisti o xenofobi.
Questi avvenimenti ci fanno capire che la diversità può provocare odio che, a sua volta, si manifesta in maniere differenti che hanno però un solo obbiettivo: ferire in qualche modo la comunità presa di mira. Basti pensare all’attacco a Husi, a quello avvenuto in Nuova Zelanda nelle due moschee, ai cristiani ogni giorno uccisi da parte di gruppi estremisti islamici, agli immigrati discriminati un po’ ovunque in Europa e alle comunità del più vario orientamento sessuale che subiscono attacchi verbali e fisici.