IMMIGRAZIONE/Una moderna Odissea omerica

È proprio di ogni essere umano, per natura, l’istinto di scappare da qualsiasi situazione si riveli pericolosa, insoddisfacente e, in qualche modo, non sufficiente per il proprio vivere. Non si tratta semplicemente di insoddisfazione o di un capriccio, ma di un istinto connaturato agli uomini da sempre, dai tempi dell’antica Grecia fino al ventunesimo secolo.

I flussi migratori sono sempre esistiti, i popoli da prima della nascita di Cristo hanno iniziato a spostarsi di regione in regione alla ricerca di un luogo ottimale per vivere. Così anche oggi, nel ventunesimo secolo, assistiamo a questo genere di fenomeno, che ha acquistato diverse sfumature. Studenti che decidono di trasferirsi all’estero per completare gli studi, famiglie che decidono di ricongiungersi in un unico paese e, infine, persone che, per garantirsi una vita degna, scappano da guerra e povertà: questi sono solo alcuni dei tanti esempi che possono essere citati in materia.

ESISTE UN’ “IMMIGRAZIONE ELITARIA”?

Non tutte le migrazioni sono uguali, alcune persone hanno la fortuna di avere un passaporto e un biglietto aereo, mentre molte altre partono semplicemente con molta speranza e una sola certezza: voler arrivare in un paese dove possano vivere e non solo sopravvivere. A quest’ultima categoria appartengono le centinaia di  immigrati che quotidianamente decidono di intraprendere un lungo viaggio, dall’Africa all’Europa, senza documenti e scegliendo vie non sicure, con l’unico obiettivo di arrivare salvi in un paese che possa garantire loro un futuro.

I numeri di morti in questi viaggi, sia per mare che per terra, sfiorano annualmente cifre davvero alte; la maggior parte delle volte non hanno neanche diritto ad una sepoltura adeguata e i loro cari raramente vengono a conoscenza della morte.

Si parla, a grandi linee, di due tipologie diverse di migrazione: una sicura, tutelata sotto ogni punto di vista, e un’altra rischiosa, considerata illegale da molti stati e dove viene sfiorata la morte.

“THE GAME”: PENSI ANCORA SIA FACILE ENTRARE IN ITALIA?

“The game”, questo è il nome con cui viene chiamato il tentativo di ingresso in Italia da parte di immigrati provenienti da: Bosnia, Croazia e Slovenia. Molte di queste persone sono originarie di paesi come: Afghanistan, Iran, Iraq che, a piedi, decidono di tentare la fortuna per arrivare nel nostro paese, che la maggior parte delle volte non è neanche la tappa finale del loro viaggio.

Si è scelto proprio il termine the game (in italiano “Il gioco”) perché intraprendere questo viaggio è un po’ come giocare ad un videogioco: ogni volta che la polizia in un paese ferma un clandestino, quest’ultimo è portato di forza nello stato precedente da cui arriva. Questi respingimenti si rivelano, per la maggior parte delle volte, illegali in quanto vi0lenti, effettuati senza la giusta documentazione e applicati spesso a famiglie con minori o direttamente a minori non accompagnati che, per legge europea, non possono essere respinti.

Anche l’Italia è protagonista di queste illegalità, insieme a Croazia, Bosnia Erzegovina, Francia e Slovenia. Questi respingimenti si verificano ai confini con la Francia vicino alla Liguria, Piemonte e Val D’Aosta. In queste zone è anche dove operano le maggiori ONG che si occupano di tutela dell’immigrato, tra cui “Medici senza Frontiere (médecins sans frontières)” e “DRC-Danish Refugee Council“.

EUROPA IN LUTTO: 3 OTTOBRE 2013

Sono le prime ore della mattina quando a Lampedusa succede una vera e propria strage: un’imbarcazione di circa 20 metri, colma di persone provenienti principalmente dall’Eritrea, inizia a sprofondare, per poi prendere fuoco. Più precisamente, per attirare l’attenzione delle navi, un ragazzo a bordo ha deciso di prendere una maglia, darle fuoco e iniziare a rotearla in aria. Le fiamme, a contatto con delle tracce di carburante, hanno iniziato a dilagarsi per tutta l’imbarcazione, finché questa non è colata a picco. In pochi, se non nessuno, erano in grado di nuotare: molti di loro non avevano proprio mai visto il mare.

Non abbiamo un numero preciso di morti e dispersi, ma si stima che più di 300 persone abbiano perso la vita in questo incidente, avvenuto a pochi metri dalle coste.

Stragi di questa portata sono un rischio quotidiano sulle coste di Lampedusa, anche se negli anni l’efficienza dei soccorsi ha fatto progressi, soprattutto grazie alla Guardia Costiera, supportata dal comitato di Croce Rossa di Lampedusa e Linosa e diverse altre ONG.

COMITATO 3 OTTOBRE: L’ATTIVISMO ALLA PORTATA DI TUTTI

Ogni anno, a Lampedusa, si tengono una serie di workshop e attività legate alla consapevolezza dei fenomeni migratori e dei rischi che queste persone affrontano quotidianamente: tutto è organizzato dall’associazione “Comitato 3 Ottobre”. Dal 2014 tutti i loro progetti hanno coinvolto studenti provenienti da più di 20 paesi europei diversi, diffondendo un’idea diversa di immigrazione, con l’obiettivo di fermare una volta per tutte le morti in mare. “Protect people, not borders”, è questo il loro motto.

L’apertura dei corridoi umanitari è una questione per cui questa associazione si batte fin dalle proprie origini, così da evitare il più possibile ogni violazione dei diritti umani, tutelando il migrante stesso. Un altro scopo perseguito è il tentativo di realizzare una banca dati del DNA per il riconoscimento delle vittime, così di permettere il riconoscimento da parte dei propri cari e, di conseguenza, una degna sepoltura.

UN ENNESIMO GRIDO ALLA PACE E ALLA SOLIDARIETA’

Le ONG e le singole persone che quotidianamente si mobilitano in Europa, e nel mondo intero, in protezione dei diritti umani e dei rifugiati sono sempre di più, ma le loro voci restano ancora poco ascoltate. I telegiornali spesso parlano di numeri di morti e altrettanti numeri di sbarchi, facendo dimenticare all’ascoltatore che dietro a quelle cifre ci sono delle persone, degli esseri umani.

Uomini, donne e bambini in fuga da carestie e guerre, in cerca di una vita migliore. Come ci insegna Aristotele l’uomo e le città esistono inizialmente “in relazione al vivere”, ma sussistono “in relazione al vivere bene”, questo significa che ogni essere umano, se in situazione difficile, è portato a spostarsi per migliorare la propria condizione.

Conclusione perfetta, che spinge alla riflessione di ognuno, ricordando le condizioni disumane di queste persone vittime di trafficanti, è la famosa poesia di Primo Levi che, in “Se questo è un uomo” recita:

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.