Quando l’incapacità di prendere una posizione genera un’ingiustizia

Sabato 7 ottobre 2023, allo stadio Luigi Ferraris lo scontro tra Genoa e Millan. Il clima è caldo, lo stadio conta 33.157 spettatori e non si aspetta altro che il fischio d’inizio. L’atmosfera rimane infuocata per tutta la partita con un tifo acceso e incessante da parte di entrambe le tifoserie, e sul terreno di gioco, a scontrarsi, sono due squadre che lottano per obiettivi diversi: da un lato quella di Pioli, che combatte per mantenere il primo posto in classifica, dall’altra il Genoa, che dopo il pareggio con il l’ Udinese, cerca di riposizionarsi in centro classifica, allontanandosi dalla temuta zona retrocessione. 

Minuto 87, il primo gol per mano di Pulisic, e, come risulta ormai evidente, per mano in tutti i sensi. 

La zona Var non sembra sicura dell’affidabilità del gol, il gioco si ferma. Pulisic sembrerebbe accusato di un fallo di braccio a centro area, grazie al quale avrebbe accompagnato la palla per direzionarla in rete. 

Il Var giudica le immagini poco chiare per poter chiamare l’arbitro a visionare nuovamente l’azione. Come decisione, viene mantenuta quella presa precedentemente dal direttore di gioco in campo. 

Ma il fallo di braccio è certo. Ne sono consapevoli i giocatori, ne è consapevole lo staff, e, ancora di più, non possono non esserne consapevoli in zona Var, dove le immagini bidimensionali mostrano in modo oggettivo l’irregolarità dell’azione. 

La sera seguente Gianluca Rocchi dice : “non c’ é la certezza del tocco di braccio di Pulisic, mi rendo contro che l’azione lasci molti dubbi, non sono nato ieri e ho arbitrato anche io, ma non essendoci una telecamera che dia la sicurezza vale la decisione del campo. Cerchiamo sempre la verità e laddove non la trovi non devi andare a sensazione. “ 

Le immagini, però, parlano chiaro, e il rifugiarsi in una non chiarezza chiarezza di esse, non può far altro che dimostrare la consapevolezza del fatto che le decisone presa fosse oggettivamente sbagliata. 

La pressione dei direttori di gioco quando si trovano a dover confrontarsi con squadre di alta classifica influisce in modo diretto sulle decisioni prese sul campo e dietro le quinte di esso. Questo è stato reso evidente da tale partita, ma è un processo ininterrotto che viene portato avanti da anni e anni. La corruzione nel mondo del calcio e la pressione imposta da società di una certa portata continuano a gravare sull’andamento di squadre considerate di minore importanza. Infatti, il peso che tollera un arbitro quando si trova innanzi alla necessità di esprimere un giudizio, apparentemente incerto, nei confronti di una società stimata come quella Milanista, è impressionante. 

Stracolmo di ammarezza è il pensiero che un gioco così eccezionale come quello del calcio, dove milioni di persone si ritrovano unite per perseguire un unico obiettivo, venga macchiato da situazioni come quella di “Davide quando è con Golia”, come ha definito lo stesso presidente del club rossoblu, Zangrillo. 

Una decisione arbitraria che merita di essere presa nella piena consapevolezza e, soprattutto, nel pieno rispetto di un pubblico di 33.000 mila persone e di una squadra che chiede giustizia, che si riversa, invece, in una decisione oggettivamente scorretta, testimonia quanto sia facile e ormai scontato manipolare le proprie decisioni per perseguire il volere altrui. 

La paura di prendere decisioni, e la volontà di scegliere ciò che pare più confortevole al fine del proprio interesse e, parallelamente, la facilità di selezionare l’opzione che gravi sui più deboli e non su coloro di cui si ha timore, persiste non sono nel mondo del calcio, ma in qualunque istituzione. 

Ed è di fronte a queste ingiustizie che è necessario chiedersi se esista realmente qualcuno che sia in grado di agire al fine di perseguire la giustizia oggettiva, pensando in modo critico e agendo, soprattuto, in modo critico, senza temere il giudizio degli altri e senza ricercare la via più semplice di affrontare le difficoltà. 

L’indipendenza decisionale è essenziale nel mondo del calcio e non solo, ma sta a ciascun individuo decidere se raggiungerla.

Quando l’incapacità di prendere una posizione genera un’ingiustizia

CAPIRE/La storia non si ferma