1917/Un secolo dopo, tecnica e storia fanno ancora emozionare

Dopo più di un secolo dalla fine della prima Guerra Mondiale a fine Gennaio è uscito 1917 di Sam Mendes che, dopo la vittoria ai Golden Globes, corre per dieci candidature ai premi Oscar di stasera. 

 

Il film narra i fatti tra il 6 e il 7 aprile 1917 e del viaggio che due caporali, Blake e Schofield, devono fare attraverso la “terra di nessuno” per avvertire un battaglione di non attaccare i tedeschi. 

 

Sam Mendes gira il film in diversi piani sequenza, montati poi in modo da sembrare un unico piano sequenza continuo, che segue passo dopo passo i protagonisti, permettendoci così di vedere, e non vedere, ciò che avviene attraverso i loro occhi. 

Dunque la camera sembra quasi sempre in movimento causando dopo un po’ qualche giramento di testa, ma, una volta superato un primo senso di nausea, in questo modo Mendes ti fa quasi toccare con mano la scena, ti stringe, ti fa mancare l’aria, ti coglie di sorpresa. 

 

1917 risulta a prima vista un film di precisione più tecnica che storica, si concentra sulla condizione dei soldati in trincea e degli infiniti dolori che la guerra addusse a coloro che la vissero sulla propria pelle: dalla difficile vita di trincea, alla perdita di un amico, dallo scontro faccia a faccia con il nemico, alla dolcezza delle relazioni umane. 

Gli aspetti tecnici sono comunque spettacolari. 

Le musiche di Newman (già American Beauty, Wall-E, Alla Ricerca di Nemo, insomma non un compositore qualunque) ti trasportano all’interno della rappresentazione ti guidano e ti ingannano attraverso le vicende con i vari crescendo e silenzi.

Nella scena notturna tra le rovine della città, l’insieme di musica, fotografia e luci ricorda quasi un ambiente surreale. 

La fotografia merita essa stessa una menzione speciale per la precisione del direttore della fotografia che ha accompagnato il regista durante tutta la durata del film. 

 

Gli attori principali, poco conosciuti, sono affiancati da grandi personalità quali Colin Firth, Andrew Scott, Mark Strong e Benedict Cumberbatch. 

MacKay (Schofield) e Chapman (Blake), si scagliano con quell’idea di Orazio del “dulce et decorum est pro patria mori” (è dolce e dignitoso morire per la patria), perché le medaglie, come dice Schofield, sono solo dei pezzi di latta. 

 

Pertanto è proprio questa dimensione umana a farci emozionare e apprezzare la storia dell’ormai lontano mito della Grande Guerra.

1917/Un secolo dopo, tecnica e storia fanno ancora emozionare

KOBE BRYANT/Legends never die