MATURITÀ 2021/Cosa ci si aspetta dal futuro?

Il 16 giugno gli studenti di tutta Italia saranno chiamati all’esame conclusivo del ciclo quinquennale. La maturità porta con sé preoccupazioni ma anche il desiderio di aprirsi a nuove esperienze. In occasione dell’avvicinarsi del maxi-orale, ho deciso di intervistare Nicolò, un ragazzo frequentante la quinta liceo presso il Liceo Linguistico Da Vigo – Nicoloso di Rapallo. Lo scopo della conversazione è quello di presentare il quadro del percorso scolastico di un liceale, ponendo lo sguardo verso i sogni e le ambizioni del futuro.

Come hai vissuto l’esperienza della didattica a distanza?

I mesi trascorsi a casa sono stati sicuramente causa di molti cambiamenti sia rispetto a ciò che mi circonda che al mio lato interiore. Passare da vedere di persona i miei compagni tutti i giorni a tenersi in contatto solo tramite uno schermo ha tolto molta della socialità a cui ero abituato, per la quale la scuola era un mezzo molto efficace. Nonostante ciò, la necessità di compiere questi sforzi è stata fin da subito riconosciuta come essenziale per tornare alla normalità.

Come valuti la maturità che stai per affrontare? Ti senti pronto o pensi avresti potuto fare di più?

Ci sono punti a favore e a sfavore per questa maturità. Da un lato l’annullamento delle due prove scritte la rende senza dubbio più semplice, dall’altro però la si raggiunge con un livello di preparazione inevitabilmente più basso. Purtroppo una delle pecche della DAD è la scarsa disciplina con cui io personalmente ho studiato. La storia del fucile puntato per costringere a studiare, per quanto sia sintomo di disorganizzazione, è vera. Parallelamente però, avendo più tempo libero da spendere in casa, sono riuscito ad approfondire due delle mie passioni più grandi: l’arte ed il cinema. 

Ritieni che i cali di attenzione siano colpa tua o causati da altri fattori?

Credo che sia stato un atteggiamento abbastanza comune tra noi studenti durante i mesi di lezioni online, complice la facilità con cui ci si potesse distrarre trovandosi a casa propria. Tuttavia sarebbe troppo facile attribuire la negligenza alla situazione in cui ci si trovava, perciò è doveroso riconoscere le proprie colpe. Tra i miei coetanei c’è stato anche chi è riuscito ad incrementare il proprio rendimento ed a migliorare il metodo di studio. A mio avviso la preparazione dipende solamente dall’impegno e dalla perseveranza con cui si è studiato durante l’anno, mentre trovare scuse altrove rimane un comportamento sterile. 

Sei soddisfatto dell’indirizzo scolastico scelto ed in generale del percorso che hai seguito in questi anni?

I 5 anni trascorsi all’interno del Liceo Linguistico Da Vigo Nicoloso ritengo siano stati più che soddisfacenti. Ho potuto fare esperienza di professori preparati egregiamente, che sono stati capaci di farmi appassionare a materie per le quali in precedenza non provavo alcun interesse. Sicuramente, essendo un indirizzo linguistico, la preparazione è basata principalmente sull’apprendimento delle 3 lingue, nel mio caso francese, spagnolo ed inglese. Nonostante ciò, non è mai mancata la volontà da parte degli insegnanti di spingere la nostra curiosità al di fuori queste. Per questo motivo reputo azzeccata la scelta fatta in terza media e mi ritengo appagato dal bagaglio di conoscenze ottenuto negli anni. 

Quale pensi sia l’obbiettivo a cui un liceo dovrebbe auspicare per i propri studenti?

Senza dubbio il compito di un liceo è quello formare ragazzi con uno spirito critico, capaci di analizzare la realtà attraverso le conoscenze raggiunte negli anni scolastici. Un altro aspetto fondamentale è senz’altro la socialità, l’edificio scolastico è per eccellenza il luogo in cui gli studenti hanno la possibilità di relazionarsi. Ultimamente tutto ciò è venuto a mancare. L’esperienza della DAD ha reso più difficile l’instaurarsi di amicizie e relazioni, necessarie ad ogni individuo per sentirsi parte di una comunità. Personalmente sono riuscito a rimanere in contatto con i miei compagni e a trascorrere un lockdown relativamente sereno, ma so per certo che non per tutti è stato così. Per chi ha vissuto problemi interni al contesto familiare, non avere un supporto da parte di amici non ha sicuramente aiutato. 

Parlando del futuro, sai già che strada prendere per i prossimi anni?

Riguardo al futuro ho già scelto cosa intendo fare. Lo scorso mese mi sono iscritto all’Università IULM di Milano, indirizzo “Comunicazione e valorizzazione dei beni artistici e culturali”. Sono abbastanza sicuro della mia decisione perché credo rispecchi a pieno le mie passioni. Inoltre, penso di potermi presentare con un’ottima preparazione essendo il percorso di studi inclusivo delle materie linguistiche.

Cosa ti aspetti dal mondo universitario?

Mi immagino sia molto più competitivo rispetto alle scuole superiori. A mio modo di vedere, la competizione è necessaria a stimolare lo voglia di migliorarsi. Attenzione però, quest’ultima è efficace solo se basata su un principio di meritocrazia. Con questo non voglio intendere che solo i migliori debbano avere la possibilità di “fare carriera”, bensì che il desiderio di perfezionarsi sia il criterio principale sul quale basare la valutazione. Se non si premia chi ha “fame” non si creano modelli corretti da emulare e la stessa ascesa sociale nel campo lavorativo diventa impossibile. Un’immagine chiara di ciò l’abbiamo sotto gli occhi da anni: la cosiddetta “fuga di cervelli” è determinata da un sistema che non favorisce i meritevoli e costringe questi a scappare dal paese natale per cercare fortuna laddove la lode è premiata. 

Ti sei focalizzato molto sul concetto di “meritocrazia”, considerando ciò, ritieni che il mondo del lavoro odierno valorizzi la cultura come mezzo capace di rendere indipendenti?

La cultura è inevitabilmente il mezzo. Credo fortemente che essa sia stata storicamente veicolo per emancipazione ed evoluzione in moltissimi settori. Quello che mi chiedo è se questa tendenza sia rispettata ancora adesso. Probabilmente i dati statistici direbbero di sì. Il numero di laureati è aumentato esponenzialmente negli ultimi decenni. Tuttavia sempre più spesso si sente di laureati costretti a lavori ridicolizzanti rispetto alle competenze certificate. Attualmente una via di uscita pare non esserci, se non, come già detto precedentemente, quella di cercare fortuna all’estero. A malincuore ritengo che la Bella Italia abbia ancora tanto da imparare dagli altri paesi. 

A tuo giudizio esiste una gerarchia tra le facoltà universitarie? Se sì, a cosa pensi sia dovuta?

Lavorativamente parlando ci sono sicuramente lauree che valgono più di altre. Conosco miei coetanei che per andare incontro ad una maggiore certezza di impiego hanno rinunciato a seguire le loro passioni, optando per università di tipo scientifico che sembrano al momento garantire maggiori certezze. Da un lato, se il mercato chiede questo, è anche giusto adeguarsi, dall’altro questa rinuncia passiva ai propri sogni mi fa riflettere. Per quanto possa sembrare astratto, una passione è qualcosa per la quale si dedica la propria esistenza. Sopprimerla per seguire il “dio denaro” non rende di sicuro più felici, anche se, ahimè, questo sembra il trend a cui la società del consumo ci ha portati. 

Hai scelto un’università umanistica ma convieni riguardo alla difficoltà di trovare un’occupazione grazie ad essa, cosa ti ha convinto a non cambiare idea?

Indubbiamente l’amore che ho per l’arte. Penso che essa non sia un semplice svago per passare le domeniche tra musei e basiliche, bensì un scienza imperfetta tutta da scoprire. Come la matematica e la biologia, anche l’arte ha bisogno di essere studiata per essere compresa nel profondo. E’ segno del nostro passaggio sulla terra, specchio della società e testimonianza del cambiamento. Ciò che propongo a me stesso è di provare a far conoscere questa materia a chi non ne comprende la bellezza. Non ritengo di essere in grado di contribuire in maniera concreta all’arte stessa, ma so di avere la possibilità di cambiare gli occhi di chi la guarda e renderli coscienti, anche solo per poco, della complessità dietro a ciò che molti definiscono banale. 

 

Tirando le somme, pare che la pandemia non abbia intralciato i sogni di tutti. C’è ancora voglia di conoscere, approfondire e diffondere. Oggi il mondo sembra apparire senza soluzioni, domani chissà che gli ora maturandi non possano contribuire in maniera positiva al cambiamento. Io, senza sbilanciarmi troppo, un po’ ci credo.