PANDEMIA NEL TIGULLIO/Uno sguardo rivolto ai più fragili
Oggi, 17 maggio 2021, si registrano zero nuovi casi di Covid-19 all’interno della Asl 4 Chiavarese. Sembra la fine di un incubo. Finalmente si può respirare. I vaccini sono stati distribuiti alla totalità del personale e dei ricoverati, tutto pare essere tornato ad una parvenza di normalità.
Ma riavvolgiamo il nastro e torniamo a più di un anno fa.
I primi contagi
Marzo 2020. Da qualche giorno circolano voci sui primi casi di Covid-19 nel Tigullio. Il primo di cui si è a conoscenza data 1 marzo 2020. La donna di 68 anni avrebbe contratto la malattia nella sua zona di origine, Piacenza, prima di raggiungere Rapallo. Sui giornali locali non si parla d’altro e l’opinione pubblica viene così scossa. Tra le persone nasce odio e disprezzo. “Impestata”, così viene chiamata. “Perché non se ne è rimasta dov’era?”, “Per colpa sua adesso ci toccherà stare a casa ancora per delle settimane”.
Fino ad adesso si è costantemente cercato un colpevole. Ora il cerchio inizia a restringersi, si è passati da incriminare un lontano uomo di origini cinesi, ad un 40enne di Codogno, ad una signora di Rapallo, il prossimo sarà il nostro vicino di casa. Dopo il primo sintomatico accertato sembra non ci sia ancora nulla di cui preoccuparsi, ma da lì a poco si svilupperanno nuovi focolai.
La curva sale
E’ domenica 8 marzo 2020, Giuseppe Conte con un discorso in diretta nazionale annuncia che dal giorno seguente l’Italia entrerà in stato di allarme, è lockdown generale. Il lunedì tutto è fermo, nessuna serranda si alza, le strade sono deserte. Le testate regionali scrivono di nuovi contagi, il primo a Chiavari il 7 marzo, poi Santa Margherita Ligure il 14 marzo, Sori il 18 marzo, Pieve Ligure il 20 e così via. I decreti ministeriali appena promulgati impongono misure di sicurezza che stravolgono il quotidiano. Il distanziamento entra a far parte delle nostre giornate. Al supermercato ci si va con la mascherina, se si ha avuto la fortuna di trovarla in farmacia, e non ci si saluta più con la solita stretta di mano.
La nota più dolente però la si vive negli ospedali, perché lì il Coronavirus è entrato e sta dilagando. Ancora non si sa come agire. Le risorse sono scarse e non si è al corrente dei metodi di diffusione del virus. All’interno di essi infermieri, medici e sanitari lavorano con camici, guanti e mascherine che al principio sono indossati anche per diversi giorni consecutivi. L’ondata di ricoveri sale esponenzialmente, il 21 marzo l’Ospedale di Rapallo si trova obbligato a chiudere temporaneamente il Punto di Primo Intervento. L’Asl 4 motiva tale decisione in considerazione della grave situazione di emergenza in atto e quindi dell’impellente necessità di usufruire del personale già formato per l’emergenza Covid-19 da poter da destinare all’ospedale di Lavagna, dove è presente il Triage specifico per il coronavirus. Insomma un provvedimento urgente e indispensabile vista la grave situazione, immagine della rapidità e freddezza con il quale si stanno prendendo provvedimenti in queste settimane.
Un disastro economico e sociale
Nel frattempo commercianti e professionisti soffrono a livello economico delle mancate entrate nell’ultimo mese. La Regione si mette in moto per garantire i primi sollievi finanziari. Nasce un fondo di garanzia regionale da 35 milioni, consentirà l’attivazione di finanziamenti bancari garantiti per oltre 35 milioni di euro per le micro e piccole imprese operanti nei settori del turismo, del commercio e dell’artigianato. Attivato il 10 aprile, il fondo, pensato per le piccole realtà produttive che stanno soffrendo carenza di cassa, potrà fornire finanziamenti per investimenti tra i 10 mila e i 30 mila euro a tassi particolarmente vantaggiosi.
Dopo un mese dall’inizio del lockdown non vi è settore che non sia pesantemente colpito. Una grande fetta di popolazione sta vivendo momenti di grave difficoltà economica. Iniziano perciò a vedersi le prime risposte da parte degli enti comunali. Ad inizio aprile il comune di Cogorno decide di intervenire mettendo a disposizione buoni-acquisto per generi alimentari e prodotti di prima necessità. Ad averne diritto, i residenti della cittadina, che per effetto della emergenza Covid-19 si trovano nella impossibilità di far fronte al fabbisogno alimentare di sé stessi e del proprio nucleo familiare. A seguire tutte le altre città del Tigullio formeranno una rete di sussidi che si estenderà in maniera capillare all’interno del territorio.
La risposta degli ospedali nel pieno della prima ondata
A fine marzo 2020 ci troviamo all’apice della prima ondata. Come si può osservare dal grafico, in questi giorni vi è un crescita nei contagi, che nella totalità della curva può sembrare insignificante, ma che in realtà scombina dalla base il sistema ospedaliero. Non si è ancora preparati ed ora più che mai servono decisioni nette che permettano alla confusione sanitaria di trovare un equilibrio. L’ospedale di Sestri Levante viene convertito nel Polo Covid per la Asl 4. Vengono adottati investimenti per potenziare l’offerta sanitaria, dunque la maggioranza dei piani viene adibita a reparto Covid. Si crea di conseguenza un ospedale specializzato a rispondere all’emergenza, con la capacità di accogliere pazienti da tutto il territorio del Golfo ed entroterra.
Aprile è il mese peggiore per la Liguria. I contagi salgono incessantemente fino a riempire per intero i posti letto di terapia intensiva. E’ una guerra dove sembra non si possa combattere il nemico. Parallelamente però anche gli Ospedali hanno avuto tempo di attrezzarsi e garantire soluzioni adeguate. Per la regione Liguria, il mese di aprile si chiude con 1167 morti e 7993 contagiati.
Tempo di ripartire
Il tempo passa e con l’arrivo della tarda primavera il numero di positivi sembra stabilizzarsi. C’è quindi voglia di ripartire. Alla fine di una trattativa serrata tra le regioni e il governo, viene definito un protocollo unico nazionale per riaprire in sicurezza. Dal 4 maggio sono allentate le restrizioni. Dal 18 maggio, finalmente, possono riaprire anche bar e ristoranti. I decreti prevedono distanze di almeno un metro tra i clienti, uso di mascherina quando ci si alza dal tavolo e lista delle prenotazioni conservata per ben 14 giorni. Piccoli accorgimenti che permettono alle attività di tornare a respirare almeno per un po’. L’estate fila liscia. Viene abbandonato l’obbligo di mascherina all’aperto e la curva dei positivi ferma la sua salita.
Il virus torna a circolare
Finita l’estate l’incubo sembra allontanato. Le scuole riaprono agli studenti e le attività commerciali continuano il loro corso. Purtroppo però, la “festa” finisce presto. Ad ottobre la curva comincia a risalire, toccando il suo picco più alto a metà novembre, quando sull’andamento si leggono ben 17.000 contagi attivi. Il governo risponderà con una ripartizione dell’Italia in regioni a seconda del grado di Rt, tasso di contagiosità del virus.
La storia è destinata a ripetersi nel nuovo anno, questa volta però non si possono chiudere nuovamente tutte le attività, bisogna quindi convivere col virus per evitare un’insanabile strage economica. Il governo emana la chiusura delle attività non produttive, mentre concede l’asporto a bar e ristoranti, cercando così di impedirne il fallimento. Tuttavia, il 2021 non ha nulla di meglio rispetto all’anno precedente. I numeri di morti sono elevatissimi. A maggio 2021 la Liguria raggiunge i 100.000 contagiati dall’inizio della pandemia, molte imprese falliscono e le strutture ospedaliere raggiungono le capienze massime. Il Covid ha messo in ginocchio la Liguria e l’intero paese.
L’impotenza di molti
Oggi, lunedì 17 maggio, si registrano zero nuovi casi di Covid-19 all’interno della Asl 4. Forse, dopo tutto questo, siamo giunti alla fine di un incubo. La pandemia si è portata via molto ed i segni del suo passaggio rimarranno indelebili nel futuro prossimo. Ma c’è qualcuno che in questi 15 mesi è rimasto in silenzio, vivendo una solitudine angosciante, senza poter muovere un dito. Sono i pazienti delle case di riposo e delle aziende sanitarie locali. Grazie alla testimonianza di un infermiere della Asl 4 Chiavarese vorrei raccontare i lunghi mesi che hanno vissuto i ricoverati nella struttura.
Marzo 2020. Da adesso fino a data a destinarsi è impedito l’accesso alle strutture sanitarie a parenti ed amici dei pazienti. Lei è Lucia, 80 anni. E’ ricoverata presso il reparto Rsa di Chiavari. Lui è Mario, 85enne con ancora tanta voglia di fare, sposato con Lucia da 53 anni. Mario tutti i giorni era solito andare a trovare la sua cara. Per farla distrarre le portava qualche dolce da sgranocchiare durante le loro partite di Scopa. Per lei, lui era un presenza fondamentale. Per lui, lei era la donna di cui parla Montale nella poesia “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale”. Perché sì, sebbene lei fosse malata e non più attiva come prima, la sua voce, le sue mani e le sue pupille erano capaci di mantenere giovane la speranza nel cuore di Mario. Adesso i due non si possono più vedere. C’è uno strano virus che circola ed è meglio non avere contatti, tanto sarà questione di giorni e poi tutto tornerà come prima. Come sappiamo però, non fu così. Marito e moglie devono separarsi per la prima volta in 53 anni.
A Lucia manca Mario, ma non vuole fargli pesare la sua assenza, per cui al telefono parlano solo della minestrina che ha mangiato lei la sera prima e del nipote che ha trovato la fidanzatina. Nonostante lei faccia finta di nulla, Mario la conosce. Dice che il giorno seguente verrà da lei a portarle il gelato. Lei accenna un sorriso e lo saluta. Come promesso, la mattina del giorno seguente si fa trovare di fronte all’ingresso. “Lei è parente di qualcuno?”, chiede la receptionist, “Sì, sono il marito di Lucia”. “Mi spiace, non possiamo farla entrare”. Tuttavia Mario è un tipo testardo. La testardaggine grazie alla quale Lucia, seppur spesso lo criticasse per essa, trovava riparo in lui. Perciò il giorno dopo Mario tornò davanti all’ingresso, ma anche sta volta niente da fare. E fu così per i giorni seguenti. Adesso Mario sembra aver perso le speranze. I nipoti lo hanno convinto a comprare un tablet per poter vedere la nonna attraverso le videochiamate Skype. A lui non piace l’idea, dice che con quegli apparecchi sono diventati tutti scemi, ma non può che accontentarsi. Finalmente ora i due possono guardarsi, certo non come una volta, ma possono ancora prendersi in giro. Gli dice: “Come sei ingrassato, si vede che ti fai da mangiare da solo”. Per qualche minuto vivono momenti di spensieratezza. Adesso però l’infermiera, Claudia, deve staccare la chiamata ed aiutare la sua compagna di stanza. Claudia, che conosceva bene Lucia e suo marito, da tempo legge desolazione negli occhi dell’anziana donna. Purtroppo però si trova con le mani legate, non può fare più di questo. Passa i turni di lavoro pensando a come poterle sollevare il morale.
Passano le settimane. Lucia vive dentro le stesse mura da due mesi. La solitudine non aiuta la sua riabilitazione. Non ricorda più il tatto delle mani callose di suo marito, il profumo del suo shampoo alla mela verde ed il suo respiro profondo. Nel contempo Mario è preoccupato per lei, sa che a quest’età è facile perdere le speranze, lasciarsi andare. Senza di lei, adesso, “è il vuoto ad ogni gradino”. Chi non ha mai vissuto un periodo così lungo all’interno di un ospedale non sa quanto siano lunghe le giornate lì dentro. La luce in fondo al tunnel sembra ormai irraggiungibile.
A maggio 2020 arriva la buona notizia. Si potrà far visita ma solo due parenti al giorno sulla totalità dei ricoverati. Ciò vuol dire che l’accesso sarà consentito una volta ogni 10 giorni circa. Appena viene a conoscenza di questo, Mario chiama l’ospedale e si prenota. Due giorni dopo vedrà Lucia, dal vivo, per la prima volta dopo quasi 3 mesi, per la prima volta dopo una lontananza così lunga. E’ concesso di entrare nella stanza del ricoverato indossando il camice, la mascherina ed i guanti. Purtroppo però nessun contatto. Il giorno arriva e Mario può finalmente salutare la sua Lucia. E’ teso come fosse la prima volta. Arrivato al suo letto la guarda, sorride con gli occhi e si lascia scappare una lacrima. Lucia non può comunque stringere le sue mani, odorare il suo profumo o sentire il suo respiro. Mario però è lì, dove è sempre stato per gli ultimi 53 anni, al suo fianco. Di nuovo. Finalmente.
Di storie come questa tra Mario e Lucia ce ne sono a migliaia. I malati o gli anziani che sono costretti in un letto a causa di problemi di salute hanno bisogno di affetto. Il calore umano è capace di rasserenare gli animi delle persone, perché in fondo, un abbraccio vale più di mille parole.