AMERICAN DREAM/ La storia di Valeria e Oscar
“La terra è una nave sulla quale siamo imbarcati tutti, magari c’è chi viaggia in prima classe, chi in seconda e chi nella stiva, e sarà opportuno fare in modo che tutti viaggino bene, ma non possiamo permettere che affondi, perché non ci sarà un’altra Arca di Noè che ci salverà”.
– David Maria Turoldo
L’acqua è la migliore illusione e la peggior nemica di chi spera in un nuovo mondo. Valeria di quasi 2 anni insieme al suo papà Oscar è annegata nel Rio Grande. Con loro c’era anche la mamma Tania, di 21 anni, che non ha voluto attraversare il fiume per il timore delle correnti. Ha deciso di rimanere sulla riva e dopo pochi istanti la figlia e il marito venivano portati via dalla corrente. Non li ha più visti.
Dopo 3200 chilometri di viaggio da San Salvador, il loro “American Dream” si è trasformato in una tragedia. Si è fermato sulle rive del Rio che fa da confine a Messico e Stati Uniti, insieme ai corpi senza vita di papà e figlia.
Oscar Martinez aveva 25 anni, viveva a San Salvador e manteneva la sua famiglia facendo il cuoco in una pizzeria. Anche la compagna, Tania, lavorava come cassiera di un supermercato.
Stanchi della povertà e delle bande che terrorizzavano il loro quartiere, decidono di lasciare il paese nel Centro America e andare negli Stati Uniti.
“Quando mi ha detto che voleva andarsene, io gli ho detto di no”, ha raccontato Rosa Martinez, la mamma di Oscar. “Avevo una strana sensazione, come un brutto presentimento. Come madre, sentivo che qualcosa potesse accadere. Non doveva seguire il suo sogno americano”.
Il 3 aprile, nonostante le preghiere della madre, il 25enne decide di partire con la moglie e la figlia: voleva trovare lavoro negli Stati Uniti, comprarsi una casa, garantire un buon futuro alla sua famiglia.
Cominciano il loro viaggio per il Messico: da lì sarebbero arrivati alla loro meta. Insieme ad altri duecento compaesani, la giovane famiglia, sprovvista dei visti necessari, inizia il suo lungo viaggio. Riescono ad arrivare in Messico passando per il Guatemala. Per quasi due mesi rimangono nel sud del Paese, a Tapachula, il tempo necessario per ottenere un permesso di migrazione da parte delle autorità messicane. Qui Tania avrebbe ottenuto un visto umanitario.
Una volta presi i documenti Oscar, Tania e Valeria, iniziano a percorrere i 1800 chilometri che separano Tapachula da Matamoros, dal sud al nord del Messico.
La famiglia riesce a raggiungere l’ufficio migrazioni sul “Puente Nuevo”, uno dei quattro punti di accesso a Brownsville, Texas. Lì volevano fare domanda d’asilo per gli Stati Uniti, ma l’ufficio era chiuso. Avrebbero dovuto attendere ancora un giorno.
Ma per Oscar era troppo. Esasperato dalle difficoltà del lunghissimo viaggio decide di attraversare il fiume insieme a Valeria mettendola sotto alla maglietta. Ma la corrente è troppo forte. Tania li vede scomparire.
Li rivedrà solo il mattino seguente quando i soccorritori recuperano i due corpi sulla banchina. “Dov’è mio marito?”
Tania non li ha visti lì, accasciati sulla riva, come ha fatto tutto il resto del mondo per lo scatto di una fotografa. “Una foto che lascia senza parole”, ha detto la signora Ramirez, la mamma di Oscar e nonna di Valeria guardando la foto. “Non l’ha mai lasciata andare. Guardate come l’ha protetta”.
Sembrano situazioni surreali se si pensa che proprio nella dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America è dichiarato il diritto dell’Uomo alla ricerca della felicità! E allora perché non garantiamo a tutti questo diritto? Perché le persone devono rischiare la loro vita per tentare di migliorarla?
Perché abbiamo perso l’attenzione, la compassione e l’umanità?
Abbiamo dimenticato di essere tutti creature fragili. Se solo prendessimo coscienza di quanto siamo deboli, forse ricominceremmo a prenderci cura l’uno dell’altro.
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