Che cosa sta accadendo nelle ultime settimane in Iraq?

di Vesselin Adriano Torrero

-Molti si staranno chiedendo cosa stia accadendo in Iraq, Paese devastato dalla guerra civile

fra sciiti e sunniti prima e dalla lotta all’Isis dopo. 

SVOLGIMENTO DEI CONFLITTI

E’ noto che L’Isis, dopo un primo momento di inarrestabile espansione (generata dall’instabilità politica causata dalla destituzione di Saddam Hussein ad opera degli USA) stia arretrando, seppur lentamente, grazie al contributo degli stessi Stati Uniti oltre che di altri Paesi occidentali e dello stesso esercito governativo iracheno. Un esempio lampante è la conquista della zona orientale di Mosul, città dove il leader del gruppo Stato Islamico Abu Bakr Al Baghdadi proclamò il califfato nel 2014.

Ovviamente ciò è stato un brutto colpo per i terroristi, ma sarebbe sbagliato pensare che questo conflitto possa finire presto; in primis la conquista della parte orientale si è risolta dopo più di due mesi di combattimento, fino a quando il 24 febbraio il comando operativo congiunto che coordina la lotta contro lo Stato Islamico ha dichiarato Mosul est “completamente liberata”, assestando le forze armate lungo il Tigri in attesa di un futuro ordine. In secondo luogo Mosul ovest comprende la città vecchia con i suoi vicoli stretti, rendendo pressoché impossibile il passaggio dei mezzi corazzati, costringendo i militari ad avanzare molto più esposti al pericolo di una probabile guerriglia, con la necessità di rastrellare tutte le case per evitare si possano nascondere jihadisti, i quali sembrerebbero voler cercare di voler riconquistare qualche territorio perduto, mostrando le difficoltà dell’esercito iracheno nel mantenere le zone appena conquistate.

MOSUL CITTA’ APERTA

Le forze alleate contro il califfato stanno pianificando la tattica migliore per poter liberare Mosul ovest, anche se per il momento non si ha una visione chiara di ciò che potrà accadere; bisogna ricordare che nelle zone occupate non sono rifugiati solo jihadisti, ma ci vivono almeno 800.000 civili, per cui è necessario dover calibrare le forza. Un attacco di terra risulterebbe molto rischioso a causa delle difficoltà dovute alla struttura del centro cittadino ( ad esempio i vicoli potrebbero riservare agguati), mentre prende corpo l’ipotesi di un assedio; già si nota il risultato del taglio di rifornimenti dalla Siria ad opera delle forze anti-terrorismo, con i prezzi dei beni di prima necessità alle stelle rispetto alla parte orientale e con il 60% dei civili che non ha accesso all’acqua potabile causato dal danneggiamento degli impianti di depurazione durante il conflitto. Questo provvedimento tuttavia metterebbe in ginocchio la popolazione civile, trattenuta a forza nella città dai miliziani.

POSSIBILI CONSEGUENZE

Molte organizzazioni umanitarie si sono preoccupate per un possibile esodo di massa dalla parte occidentale, allestendo in fretta e furia campi di emergenza per i possibili sfollati, completi di posti letto, latrine e docce oltre al personale di emergenza, anche se per adesso non si sono ancora verificati flussi travolgenti .

RIFLESSIONI

Sicuramente la battaglia all’Is è una priorità in politica estera per tutti i Paesi che possono esserne in qualche modo colpiti, ma vi siete mai chiesti come mai nazioni come Iraq, Iran, ed il Medio Oriente in generale siano continuamente teatro di scontri sanguinosi fra etnie locali, puntualmente finanziati  da vari Paesi occidentali, primo fra tutti gli Stati Uniti? E’ inutile stare a raccontarci la solita favola delle “missioni di pace”, ma sarebbe meglio chiamarle “missioni di lucro”, in quanto tutti i gli stati sopra citati nascondono nel sottosuolo petrolio in grandissime quantità, senza dimenticare il commercio delle armi, che guarda caso generano enormi profitti ai titolari delle aziende che le smerciano (è da notare come produttori occidentali,  i “portatori di pace e democrazia”, vendano le loro armi agli jihadisti).

Come diceva Marx ne “Il Capitale” è l’economia che muove la storia ed influenza le idee, non sicuramente il contrario.